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L’ideologia gender lotta insieme a noi

L’ideologia gender lotta insieme a noi

Femminismi Un conflitto politico culturale in atto da agire in posizione meno difensiva

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

È dalla metà degli anni Novanta che Vaticano e destre nazional-familiste mettono con una certa veemenza in guardia la popolazione dall’ideologia gender, dai danni fisici e morali che essa sta provocando e arrecherà, soprattutto alle giovani generazioni.
Addirittura il nuovo anno scolastico in Italia prende avvio accompagnato dall’approvazione in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera di una mozione che ha come primo firmatario il deputato della Lega Rosario Sasso, ma alla quale ha aderito tutta la maggioranza, per impegnare il Governo affinché l’ideologia gender non sia propagandata nelle scuole, a partire da quelle primarie, impedendo attività formative e incontri ad essa riconducibili.

Per quarant’anni studiose/i, femministe, realtà LGBTQIA+ si sono prodigate a spiegare che la teoria, l’ideologia, il complotto, la dittatura del gender non esistono, che sono un fantasma creato ad arte per spaventare, in particolare la classe dei genitori e le famiglie e, così, aggredire i diritti e le libertà delle donne e della popolazione LGBTQIA+.

Oggi credo si possa dire che è stato un appuntamento mancato. Un’occasione persa (ma che si può sicuramente recuperare) per nominare e agire da una posizione meno difensiva il conflitto politico e culturale in atto, e non da poco tempo.

A partire da due considerazioni. La prima è che l’ideologia gender esiste eccome, anzi ne esistono più d’una e sono vistosamente in competizione tra loro. La seconda è che tra le ideologie gender in circolazione quella che fin’ora ha prodotto violenze, sopraffazioni, dolore e danni non è né quella di matrice femminista, né quella LGBTQIA+, ma quella che un tempo avremmo chiamato patriarcale e che è variamente stata aggettivata come sessista, eteronormativa, maschilista.

Dal canto suo gender – preferito all’italiano «genere» forse perché il vizietto di rappresentare il pericolo come uno straniero, qualcosa che viene da fuori, in Italia è sempre molto vivo – è categoria servita a rendere visibili, come un colorante, i significati socio-culturali attribuiti ai sessi e i rapporti di potere costruiti su di essi. Vale a dire: la biologia dei corpi e le diverse funzioni di uomini e donne «in faccia alla riproduzione» fondano – come chiedeva la femminista Anna Maria Mozzoni già un secolo e mezzo fa – la loro diversa posizione, i differenti compiti e l’accesso differenziato alla sfera pubblica e a quella domestica/della cura dell’uno e dell’altro sesso? Il sesso, cioè, deve determinare o no il posto occupato in famiglia e nella società, anche in termini di potere?

E per questa via, a cascata rispetto alla considerazione politica della riproduzione: che valore si assegna alle espressioni di affettività ed erotismo che fuoriescono dalla coppia eterosessuale uomo-donna? Ai corpi e modi di sentirsi e percepirsi che non ricadono entro il confine che separa maschi e femmine (intersex, trans…)? Alle famiglie e aggregati domestici che non si fondano sulla complementarietà uomo-donna e/o necessariamente sulla filiazione biologica?

A chi si riconosce il potere di decidere e governare le potenzialità riproduttive? Di nuovo, senza eludere le questioni: sta in capo alle donne la decisione rispetto a quando, se e all’interno di quale relazione portare avanti una gravidanza o a quando, come e con chi vivere la sessualità e il desiderio? O questi sono affari che devono governare altre autorità a tutela di interessi a lei superiori (familiari, nazionali, razziali, di «civiltà»)?
Ecco: dentro il contenitore apparentemente vuoto o troppo astratto dell’ideologia gender c’è il mondo, c’è il progetto della società, delle sue strutture fondamentali e della sua organizzazione, ci sono i valori, i principi e gli ideali posti a guida dei rapporti sociali.
Che le diverse ideologie gender siano aspramente in conflitto, allora, non stupisce, né dovrebbe allarmare.

Che il patriarcato sia un’ideologia pericolosa, per la violenza con cui si è espressa e continua a esprimersi, è cosa che come femministe e mondo LGBTQIA+ sappiamo molto bene, avendolo studiato a dovere e preso di petto da molto tempo. Che anche la «nostra» ideologia gender faccia paura, allora, mi sembra tutto sommato un buon segno e un progetto da coltivare.

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