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Libia, il premier in strada a Tripoli: «Ce la farò»

Libia, il premier in strada a Tripoli: «Ce la farò»

Altre 15 città lo appoggiano e anche la potente milizia petrolifera Altre comunità sono ostili e così parte di Alba libica, ma il suo governo controlla banca e petrolio

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 3 aprile 2016

La strada per Fayez al-Serraj sembra spianata. Incassato il sostegno di 13 municipalità e dieci città costiere della Tripolitania, l’uomo d’affari della borghesia urbana di Tripoli si è concesso una passeggiata per il centro città.

In particolare ha visitato la moschea Maziran, dopo aver incassato il sostegno del gran muftì, al-Sadiq al-Gharyani. Al-Serraj si è mostrato particolarmente spavaldo: «Non sarei tornato, se avessi creduto il contrario. È un impegno che ho preso con me stesso e con il mio paese», ha detto.

In realtà il suo esecutivo è ancora in bilico, dopo essere sbarcato a Tripoli perché ha trovato la strada sbarrata per opera di una parte del cartello Fajr (Alba) che controlla la Tripolitania. Al-Serraj ha anche auspicato che tutti gli esponenti del Cng, il parlamento a maggioranza islamista, si trasferiscano a Misurata. Questo aprirebbe la strada alla spaccatura in due della Tripolitania tra Tripoli e Misurata, mentre molte delle milizie locali hanno assicurato che si impegneranno nel garantire la sicurezza di al-Serraj.

Eppure questa passeggiata nel centro urbano di Tripoli è senza dubbio una prova di forza di al-Serraj che ha dimostrato così in maniera chiara che la polizia e l’esercito tripolino hanno accettato l’insediamento del nuovo esecutivo di accordo nazionale (Gna).

Anche il premier islamista, Khalifa Gweil, che in un primo momento si era detto contrario a qualsiasi riconoscimento della legittimità di al-Serraj, definendolo un infiltrato, avrebbe abbassato i toni. In cambio della sua permanenza a Tripoli avrebbe barattato una «resistenza pacifica» nei confronti del Gna, nato dalla mediazione delle Nazioni unite e appoggiato da Usa e Ue.

Al-Serraj ha assicurato che d’ora in avanti avvierà una «transizione pacifica». In verità non si tratta in alcun modo di una transizione: il governo al-Serraj non ha ottenuto la fiducia dei due parlamenti libici che a loro volta hanno finito il loro mandato da tempo (Tripoli) oppure sono stati eletti in fretta e furia e non hanno mai avuto un vero controllo del territorio (Tobruk).

Non solo, si sarebbero aggiunti ieri altri 15 comuni a sostenere il Gna. In particolare è arrivata la richiesta di mettere in sicurezza il confine con la Tunisia. La città di Sabratha è stata particolarmente rilevante sia nell’accreditarsi agli occhi degli Stati uniti come baluardo anti-Isis sia nel favorire l’insediamento di al-Serraj.

Proprio al confine con la Tunisia si erano concentrati i raid dei droni Usa lo scorso mese mentre i jihadisti, sedicenti Isis, avevano sferrato un grave attacco alla frontiera. La richiesta che viene dalle città-stato libiche è di «porre fine agli scontri armati, garantendo il sostegno al governo di riconciliazione».

Anche la tribù dei Warshafana di Zintan ha chiesto alle «forze politiche libiche di favorire il governo di riconciliazione e riportare stabilità in Libia». Ma ieri sono arrivati due via libera importanti al tentativo delle Nazioni unite che potrebbe aprire la strada all’invio di una forza internazionale Onu di peace-enforcement. Prima di tutto, le milizie che proteggono i terminal di Brega hanno annunciato il loro sostegno al nuovo governo.

In secondo luogo, la Compagnia petrolifera nazionale libica (Noc) ha assicurato che lavorerà in coordinamento con al-Serraj per garantire la ripresa della produzione petrolifera, calata di quattro volte dopo il disastroso attacco della Nato del marzo 2011. In un comunicato, il numero uno della Noc, Mustafa Sanalla, ha anche dato il suo benvenuto all’impegno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a favore dell’integrità della compagnia, minacciata dai tentativi del governo tuttora insediato nell’est della Libia di vendere petrolio in modo indipendente. Una simile manifestazione di sostegno era arrivata ieri anche dalla Banca centrale libica, responsabile fin qui della distribuzione degli introiti dell’esportazione di petrolio ai due parlamenti libici.

Infine, il governo Serraj ha ricevuto l’appoggio della Guardia degli impianti petroliferi (Pfg), fazione armata semi-ufficiale che controlla le installazioni petrolifere nell’est del paese. Potrebbero così riaprire i terminal di Zuetina, Es-Sider e Ras Lanuf. Questi due porti sono stati attaccati in varie fasi dai miliziani dell’Isis.

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