Visioni

«L’expérience Zola», nella vertigine tra palco e vita

«L’expérience Zola», nella vertigine tra palco e vita«L’expérience Zola» di Gianluca Matarrese

Venezia 80 Presentato alle Giornate degli autori e dal 13 settembre nelle sale, il nuovo film di Gianluca Matarrese. Protagonista la regista teatrale Anne Barbot

Pubblicato circa un anno faEdizione del 9 settembre 2023

Quanto nelle nostre storie d’amore ci appoggiamo a canovacci già scritti, a ruoli immaginati da qualcun altro? Possiamo sfuggire al «copione»? Sono alcune delle domande che potrebbero sorgere guardando il nuovo film di Gianluca Matarrese, L’expérience Zola, presentato come evento speciale alle Giornate degli autori e dal 13 settembre in sala, distribuito da Luce Cinecittà.

IL REGISTA è tornato dietro alla macchina da presa dopo Il posto, co-diretto insieme a Mattia Colombo, e dopo Les beaux parleurs dello scorso anno. Come quest’ultimo, L’expérience Zola è ambientato in Francia, Paese adottivo di Matarrese. Al centro, la regista teatrale e attrice Anne Barbot, con cui il regista ha condiviso parte della sua formazione.
Cogliamo Barbot nel momento del suo trasloco in una piccola cittadina, sta affrontando un divorzio con la difficoltà di spiegare a se stessa e al figlio le ragioni della separazione. Poco dopo il regista stesso, Gianluca Matarrese, entra nell’inquadratura, si fa riferimento al legame di lungo corso tra lui e la regista. E già a questo stadio iniziale del film ci troviamo in uno stadio di indecidibilità tra documentario e fiction, naturalezza e costruzione.

Tutto cambia poi quando bussa alla porta Ben (Benoît Dallongeville). Lui l’ha riconosciuta, ama i suoi spettacoli, lei non si ricorda chi sia quell’attore apparentemente un po’ in difficoltà. Inizialmente Anne sembra infastidita dalla sua insistenza, ma pian piano Ben entra nella sua vita e nel suo nuovo progetto: mettere in scena L’ammazzatoio di Émile Zola. Tutto avviene senza strappi, la regia di Anne si basa su un’interesse per il processo creativo e per le relazioni che vi si creano, per questo vuole che si entri subito nel ruolo, senza metabolizzarlo così da prenderne poi le distanze. E allora è inevitabile che la distanza tra palco e vita si accorci vertiginosamente, e che lei e Ben si ritrovino presto ad essere artefici e vittime dello spettacolo che interpretano tutti i giorni.

È UNA CORRISPONDENZA che Matarrese rende inizialmente tramite accenni, sottili ambiguità, seguendo la coppia a casa e a teatro, nei loro dialoghi teneri e appassionati, lasciando spesso allo spettatore il dubbio e la curiosità di sapere se il copione sia lì presente a tirare le fila oppure no (e poi, quale copione, quello di Zola o di Matarrese?). Man mano il regista rende poi sempre più marcato il meccanismo di rimandi, tagliando fuori ogni possibile via di fuga.

L’expérience Zola è un film che trasporta al cinema l’affascinante processo creativo del teatro – rimandando a Siamo qui per provare di Jacopo Quadri e Greta De Lazzaris, presentato l’anno scorso alle Giornate – ma Matarrese è interessato ai suoi personaggi anche in un senso cinematografico, e in questo continuo scivolare dall’arte alla vita e viceversa la macchina da presa è forse lo strumento perfetto per sovrapporre e far coesistere i piani in una terza dimensione ulteriore.

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