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L’Europa sospesa nel limbo in attesa di sapere i risultati

L’Europa sospesa nel limbo in attesa di sapere i risultati

Tra i dossier sospesi difesa, migranti e transizione ecologica L’attività riprenderà solo dopo la nomina del presidente della Commissione

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 9 giugno 2024

La prima a votare delle tre più alte cariche istituzionali Ue è Roberta Metsola. «Spero che vinca la democrazia», commenta a favore di telecamera la presidente dell’Europarlamento, esponente del Ppe che ha votato ieri nella sua Malta, l’isola mediterranea tra i paesi più piccoli dell’Ue, che esprime la presidenza di Strasburgo pur portando in Parlamento solo sei eurodeputati. Andranno oggi invece alle urne la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che è anche candidata capolista per il Ppe, e il presidente del Consiglio europeo uscente, il liberale belga Charles Michel.

Photo oppurtunity a parte, in questo momento tutta la macchina decisionale è ferma in attesa dei risultati. Il Parlamento europeo ha chiuso i battenti a fine aprile e riprenderà la propria attività nella prossime settimane con un primo compito preciso: quello di trovare una maggioranza politica che garantisca una buona navigazione alla prossima Commissione Ue, motore legislativo di cui la stessa Eurocamera è uno dei terminali (l’altro è il Consiglio dei ministri Ue). Certo ci vorrà un nome per la guida dell’esecutivo europeo, una figura su cui i leader dei Ventisette possano concordare, quantomeno a maggioranza. Poi però, raggiunto l’accordo sulla persona, la maggioranza e la squadra, bisognerà comunque avere un’agenda di priorità politiche. Magari non per i prossimi cinque anni, che sono lunghi, come lo è stato il ciclo politico iniziato nel 2019 che ha dovuto affrontare due grandi imprevisti: pandemia con crisi sanitaria ed economica, e poi guerra in Ucraina. Ma certamente servirà un’agenda per cominciare a muovere le leve del prossimo ciclo politico.

Prima di capire cosa bolle in pentola per il prossimo futuro, è importante restare ancora all’Eurocamera. Al netto di un centinaio di provvedimenti, piuttosto tecnici, che il vecchio Parlamento lascia in eredità al nuovo, i dossier legislativi di peso sono stati più o meno chiusi, anche se non tutti passati alla bollinatura finale del Consiglio Ue. Clamoroso – e molto indicativo della tendenza – il caso della legge sugli ecosistemi (formalmente Nature Restoration Law o Legge sul ripristino della Natura), provvedimento chiave del Green Deal. Le nuove regole hanno passato tutta la lunghissima trafila pluriennale, ma non possono diventare legge Ue finché non ricevono il via libera formale dai ministri dei governi Ue. A fine marzo numerosi paesi, tra cui l’Italia e l’Ungheria, avevano fatto mancare la maggioranza e ora la presidenza di turno belga, forzando un po’, lo rimette sul piatto calendarizzandolo alla riunione dei ministri il prossimo 17 giugno. Perché poi, dal primo luglio, alla guida della presidenza di turno subentra Budapest e il premier ungherese Orban, bastian contrario di Bruxelles.

Che sia già stata messa in sordina la transizione ecologica, è un fatto. Ciò detto possiamo finalmente considerare i molti temi di medio e lungo periodo – ora sospesi a livello legislativo, nel limbo tra una ciclo politico e l’altro – che rimangono sul piatto. Intanto quelli dettagliati nel rapporto Draghi sulla competitività, a partire dalla mancanza di un mercato europeo dei capitali.

Poi certamente difesa, esercito comune e industria bellica che fornisca armi a Kiev o comunque sia in grado di difendersi da un eventuale attacco russo contro l’Europa. Alla base, il tema del finanziamento di Bruxelles attraverso una fiscalità che porti risorse proprie all’Unione, magari anche grazie all’emissione di debito comune, sempre avversato dai paesi cosiddetti frugali, così come anche il nodo dell’autonomia strategica delle risorse energetiche, dove Bruxelles prova a sfidare da un lato Mosca, dall’altro Pechino. In quest’ultimo caso, su estrazione e lavorazione delle materie prime critiche per l’elettronica (litio, cobalto, terre rare).

Altro tema caldissimo a Bruxelles, sarà quello dei confini e dei migranti. Il Patto migrazione e asilo, per quanto bocciato senza appello da ong e sinistra come deleterio per i diritti delle persone, è già nel mirino di sovranisti ed estrema destra, da Wilders in giù, che lo giudicano troppo morbido. E non è il solo punto di quelli concordati dall’attuale maggioranza Ursula che potrebbe tornare in discussione.

Insomma, tutto dipende dai nuovi equilibri politici che si creeranno a partire da queste elezioni. Quello che succederà, verrebbe da dire, lo scopriremo solo votando.

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