«Non è realpolitik, è follia. C’è nelle teste un divorzio dalla realtà che ha il carattere di una psicosi». Lo afferma Dominique Eddé, scrittrice franco-libanese, già autrice di un’accorata lettera a Macron da «un luogo di macerie, un luogo abusato e manipolato da ogni parte» (ripresa da il manifesto il 1° novembre 2023). Anche questa volta, nell’intervista concessa a Mediapart il 13 aprile, si riferisce a un Medio Oriente che è metafora del mondo, perché con identiche parole potrebbe stigmatizzare il linguaggio impazzito dei responsabili del destino di tutti, e la compiaciuta impassibilità con cui viene riverberato dalla stragrande maggioranza dei media, a Occidente, a Oriente, nel grande Sud e nel nostro piccolo Nord-Europa. Un’impassibilità compiaciuta di cui è maestro il più celebre dei nostri geopolitici, Lucio Caracciolo, che non risparmia il suo annoso sarcasmo nei confronti dell’Europa felix, perché «ci aveva insegnato come la guerra fosse orrore del passato» (la Repubblica, 24 marzo).

Più che un insegnamento, questa era una promessa che l’umanità – We, the peoples of the United Nations – aveva fatto a se stessa, subordinando la sovranità dei suoi Stati al rispetto dei diritti umani (vale a dire quelli di tutti, concittadini o no) e iscrivendo nelle sue carte la proibizione di ricorrere ai conflitti per la soluzione dei conflitti internazionali. «Decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grande e piccole» (Carta dell’Onu, Preambolo).

È straniante vedere ogni sera in televisione giornalisti di area più o meno progressista dichiarare, come se si stesse constatando un’eclissi di luna, che questi sono i tempi della non-pace. “Il carattere di una psicosi” lo ha la faccia paciosa e soddisfatta con cui solitamente pronunciano queste parole, come se non avessero sotto gli occhi ogni giorno di cosa siamo capaci quando all’ arcaica violenza che ci abita sono tolti i ceppi e i vincoli della legge: e che altro sono le guerre contemporanee, che della civiltà usano l’immane potenza tecnologica, intelligenza artificiale compresa, per distruggerla.

L’Europa, dunque, corre al riarmo. Eppure l’Unione europea «si prefigge di promuovere la pace» (Art. 3/1 del suo Trattato Istitutivo), e non solo al proprio interno. «Nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite» (Art. 3/5). Ecco: la follia divorzia dalla realtà, ma quella che divorzia dai vincoli che questa umanità europea si è data perché la forza non uccida più il diritto – cioè non ne strappi via l’anima ideale, morale – cos’è? Non si dovrebbe chiamarla criminalità?

Sussurrano alcuni che il quid pro quo fra il governo statunitense e quello israeliano sia de-escalation verso l’Iran in cambio del via libera all’ecatombe finale, a Gaza, con relativa espulsione definitiva di ciò che resta del suo popolo, verso l’Egitto. Tecnicamente, una de-escalation in cambio di una licenza di genocidio. E l’Ue, che assolutamente nulla ha fatto per ottemperare alle ordinanze precauzionali della Corte dell’Aja (non contribuire con invio di armi e sostegno politico all’attuazione del genocidio) anzi ha fatto esattamente il contrario, non sembra avere alcun ripensamento neppure sull’altro fronte.

Il mondo si è riarmato fino ai denti, 2300 miliardi la spesa globale odierna, 400 miliardi quella degli Usa, e l’Europa? Va alla guerra con gli Eurobond, finanzia l’industria privata delle armi con i fondi del futuro e della gioventù, e lascia che ogni Stato si armi quanto gli pare. Il contrario esatto di quello che auspicava Altiero Spinelli, che intendeva la Difesa comune come mezzo principale per la cessione di sovranità e la costruzione di un vero stato federale, capace di gestire una politica estera indipendente, per promuovere «i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini». E cosa fa invece un europeista alla Delors come Enrico Letta? Non una sola domanda sui fini di questo riarmo, non una resipiscenza sui principi. Basta un mercato comune delle armi. Come neppure si pone a Mario Draghi il problema se competere in potenza, per restare in equilibrio con le altre potenze mondiali sia ciò per cui è stata fondata l’Ue. E sono questi i nostri massimi “europeisti”. Non è questo, il mondo alla rovescia?