Più che un muro delle opposizioni, un muro del pianto. Frastornate, divise, gelide l’una con l’altra, in particolare Pd e M5S che non si applaudono mai a vicenda anche quando dicono cose simili. Con il terzo polo (i renziani in testa) pronti a cogliere l’assist di Meloni che evoca una commissione d’inchiesta sul Covid, chiodo fisso di Renzi per colpire Conte: la premier propone, loro esultano e già si parla dell’ex rottamatore come presidente.

I dem sono i più inquieti, divisi tra loro tra chi, come Letta, vuole incalzare il governo sui tanti vuoti del discorso della premier e chi, come Matteo Orfini, ritiene che davanti a un manifesto ideologico di destra serve una risposta altrettanto forte da sinistra, e chiede di accelerare sul congresso. «Altrimenti a marzo arriviamo morti», sibila l’ex presidente dem. Concetto condiviso da Bonaccini e anche da Cuperlo.

Letta, segretario dalle dimissioni congelate, difende il governo Draghi, annuncia collaborazione sull’Ucraina «se dal governo non ci saranno ambiguità», spiega che «saremo guardiani inflessibili della Costituzione e diremo no alla riforma presidenzialista». Cita Trump e Bolsonaro per dire che «i conservatori non sono affatto ambientalisti», prevede battaglie sui diritti civili «su cui l’Italia deve andare avanti e non indietro».

E ancora: «La parola diseguaglianze manca completamente dal suo discorso come sanità e scuole pubbliche». «Non abbiamo capito cosa succederà sulle pensioni, sul gas, sul sud, sulla prossima legge di bilancio. È chiaro solo che ci saranno nuovi condoni fiscali», insiste Letta, che chiude citando un episodio del 1921, quando a Sarzana il sindaco e il capitano dei carabinieri fermarono una insurrezione fascista: «Bloccarono delle squadracce guidate da Amerigo Dumini, l’assassino di Matteotti. Fecero il loro dovere. In loro memoria fate il vostro dovere come governo, noi faremo il nostro all’opposizione».

Sul tema interviene anche Peppe Provenzano: «La premier non ha simpatie per il fascismo, ma mostra una smaccata antipatia per l’antifascismo che non è stato i colpi di chiave inglese, come ha detto lei, ma è la matrice della nostra democrazia. La nostra patria è risorta con la resistenza». E sulle famiglie: «Proponete ideologia e fanatismo, non una soluzione per le famiglie povere e per i precari». Provenzano attacca anche sulla scuola: «La parola “merito” è una legittimazione etica delle diseguaglianze. Il merito senza uguaglianza è solo censo, siete la vecchia destra di sempre».

Conte parte subito in quarta: «Da Meloni oltre un’ora di vuota retorica, condita da tanti slogan demagogici e i soliti richiami culturali della destra. I cittadini però non hanno ascoltato una sola parola su soluzioni per caro bollette e crisi energetica. Meno male che erano “pronti”», esordisce su twitter. Poi in aula consiglia «prudenza» alla premier, «la maggioranza dei cittadini non vi ha dato mandato per una restaurazione identitaria». «Lei ci ha rassicurato sull’aborto, ora lo dica a Gasparri e alla ministra della Famiglia Roccella che hanno idee diverse».

Conte accusa il nuovo governo di «continuità con Draghi» in campo economico nel segno di un «neoliberismo di stampo tecnocratico». «Il segnale più evidente è il ministero dell’Economia a Giorgetti. Non è che alla fine l’agenda Draghi la vuole scrivere lei?». Sull’Ucraina: «Non ha mai accennato alla parola pace». Critiche anche sul reddito di cittadinanza («Trattate la povertà come una colpa»), sulle trivellazioni, sul Covid: «Mentre la nave Italia era in tempesta lei disseminava scogli ovunque, e con voi al governo non avremmo mai avuto il Pnrr». La sintesi: «La nostra opposizione sarà implacabile e intransigente».

Anche Andrea Orlando difende il Rdc: «Meloni dice che chi può farlo deve lavorare. Mi chiedo cosa voglia fare in quelle regioni del sud dove la disoccupazione è al 40% e il lavoro non c’è. La questione sociale è stata rimossa, il succo del discorso sono blocco navale, condono e presidenzialismo, il tutto in una confezione atlantista».

In aula interviene anche il neoeletto per Sinistra e Verdi Aboubakar Soumahoro che denuncia le condizioni dei migranti sfruttati in agricoltura, «di chi conosce la fame, la fatica e il sudore, di chi è precario, sfruttato, marginalizzato». Meloni nella replica gli dà del “tu”, poi si scusa. E lui: «La premier dovrebbe ricordare che durante lo schiavismo e la colonizzazione i neri non avevano diritto al “lei” che era riservato alla cosiddetta “civiltà superiore”».

«Molta ideologia di destra e poca concretezza sulle cose da fare», la sintesi di Elly Schlein. Calenda è sarcastico: «Quello di Meloni pareva un discorso di Conte, una lista della spesa con quintali di retorica, una noia mortale».