Letta e Speranza fanno pace: «Superata la frattura del 2018»
Sinistre Dal congresso di Art.1 via libera alla ricomposizione. Ma su armi e guerra restano distanze
Sinistre Dal congresso di Art.1 via libera alla ricomposizione. Ma su armi e guerra restano distanze
«Se si fa la sinistra noi ci siamo», dice dal palco del suo congresso Roberto Speranza rivolto a Enrico Letta che lo ascolta in platea. «Io rispondo subito di sì, il paese ha bisogno di più sinistra, la mia intenzione è fare una sinistra vincente», replica il leader Pd pochi minuti dopo. E aggiunge: «Facciamo insieme un percorso che ci porti in autunno a mettere da parte completamente la storia del 2018. Quel passaggio ha distrutto qualsiasi possibilità per la sinistra di giocare un ruolo vincente».
Poi certo, «ognuno di noi si deve assumere la responsabilità di quelle scelte, anche il vostro percorso è stato pieno di criticità e senza grandi successi elettorali», chiude Letta con un pizzico di veleno.
Già, il 2018. Anzi, il 2017, quando Bersani, D’Alema e Speranza uscirono dal Pd di Renzi per fondare Articolo 1. Che l’anno dopo alle elezioni si presentò come Leu (insieme a Si e Possibile) e prese solo il 3%. Da allora il partitino ha chiuso i ponti con Sinistra italiana, ed è rimasto nel limbo aspettando gli eventi. In realtà già nel 2019, dopo l’avvento di Zingaretti, i bersaniani si presentarono alle europee nelle liste dem. Dopo l’addio di Renzi e il ritorno di Letta al Nazareno, il rientro sembrava cosa fatta. E invece non c’è ancora, anche se mesi fa D’Alema aveva definito il Pd «guarito dalla malattia del renzismo».
IL MANDATO CHE IL CONGRESSO affida ora a Speranza (rieletto con solo un contrario) è di «intensificare il confronto con il Pd e altre realtà progressiste interessate a costruire una proposta e una soggettività comune in vista delle prossime elezioni, che funga da architrave del nuovo centrosinistra». Una «proposta nuova sul piano politico e programmatico, cosa ben diversa da una mera confluenza», si legge nella mozione.
Tradotto significa che Articolo 1 si presenterà alle elezioni con qualche candidato nelle liste dem, o nei collegi uninominali sotto il simbolo comune del fronte giallorosso, se resterà il Rosatellum. Il reset evocato da mesi da Bersani non c’è e non ci sarà, i dem resteranno quelli che sono, al limite potrebbe spuntare dentro il loro simbolo il simbolino di Art.1 come alle comunali di Genova.
NEL MERITO PERÒ LE DISTANZE restano. A partire dalla guerra, con Speranza che dice: «Non basta solo il sostegno agli aggrediti, bisogna rimettere le parti a un tavolo, non si vede ancora una azione diplomatica per fermare l’escalation». E ancora, sulle spese militari: «La corsa nazionalista al riarmo è una risposta sbagliata, debole e pericolosa».
TONI DIVERSI ANCHE SULL’ANPI: «Il 25 aprile saremo in piazza a fianco del’Anpi», dice Speranza (oggi sarà al congresso il presidente Pagliarulo). E Letta: «Lunedì saremo in piazza per manifestare la memoria dell’antifascismo». Quale sia l’umore della truppa lo dicono gli applausi a Nicola Fratoianni che grida il suo no «all’escalation militare e all’invio di armi» e definisce l’Anpi «un bene comune».
Più vicine le posizioni tra i dem e i rientranti compagni di Art.1 sulla questione sociale, sulla necessità di provvedimenti più forti per le fasce più deboli. «Quella delle diseguaglianze è una bomba a orologeria, tocca a noi provare a disinnescarla», dice Speranza. «Bisogna chiudere la stagione del precariato, disboscare la giungla dei contratti».
Il tema è «interpretare la domanda di protezione di chi è più fragile, andare oltre i garantiti. La sinistra o è questo o non esiste». Il ministro della Salute si mostra ottimista: «La destra si può battere, il voto di chi si è allontanato per sconforto si può riconquistare». La proposta al Pd è costruire insieme «una forza di ispirazione socialista e democratica in grado di restituire rappresentanza al mondo del lavoro».
OTTIMI I RAPPORTI COL M5S. Il neo segretario difende con forza il reddito di cittadinanza e rivendica di essere stati loro a picconare per primi «il muro tra M5S e centrosinistra». Non a caso ieri Di Maio è stato ospite, oggi arriva Conte. Presenti anche altri potenziali alleati, dai Verdi ai socialisti a Calenda (che bastona l’alleanza con i grillini). Nessuno di Italia Viva, e non è casuale.
Se l’obiettivo dell’avvicinamento è spostare il Pd a sinistra, l’intervento di Andrea Orlando è incoraggiante. Il ministro del Lavoro rispolvera il saluto «compagne e compagni», propone di «impiantare una nuova cultura socialista in Europa», di «mettere in discussione lo stato delle cose» e di «ripensare l’organizzazione economica del sistema» in nome della giustizia sociale.
«Oggi è interesse generale aumentare i salari altrimenti si va verso la crisi sociale», suggerisce. «I contributi alle imprese vanno subordinati all’adeguamento dei contratti». «Sono queste le battaglie da fare ora se si vuole essere credibili. Nelle nostre liste dovranno esserci persone che vivono le situazioni difficoltà di cui parliamo, la critica all’establishment è debole se viene da chi ne fa parte». Oggi tocca a Bersani e D’Alema, sotto botta per le armi alla Colombia: «Mi è stato caldamente chiesto di intervenire..»
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento