Cultura

Leggere la Turchia nel prisma di Istambul

Leggere la Turchia nel prisma di IstambulUn'immagine di Istanbul inizio Novecento

Scaffale Marco Ansaldo, "La marcia turca. Istanbul crocevia del mondo|, per Marsilio. Al centro del libro, il legame intrinseco tra una città e una forma di potere totalizzante, quella del suo ex sindaco e oggi tre volte presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan

Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 luglio 2023

A cent’anni dalla fondazione della Repubblica di Turchia e alla vigilia di un’elezione presidenziale dal peso specifico potenzialmente trasformante (potenziale imploso a inizio giugno con la conferma dell’attuale presidente), Marco Ansaldo – inviato di Repubblica, oggi consigliere scientifico di Limes – ha pubblicato La marcia turca. Istanbul crocevia del mondo (Marsilio, pp. 176, euro 18). Un omaggio al paese che lo ha accolto per anni, di cui ha attraversato eventi centrali per la narrazione nazionale (e nazionalistica) ma anche esplosioni di dissenso che su quella narrazione hanno tentato di aprire salvifiche brecce.

AL CUORE DEL RACCONTO di Ansaldo sta il legame intrinseco tra una città, Istanbul, e una forma di potere totalizzante, quella del suo ex sindaco e oggi tre volte presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan. La città da secoli protesa tra due continenti, affascinante miscela di anime e identità, luogo da conquistare e da cui essere travolti – che si tratti di cittadini, viaggiatori, leader politici – è da tre decenni teatro della trasformazione dell’intera Turchia a immagine e somiglianza della sua guida indiscussa. Erdogan ha operato tanto nella fisicità di Istanbul con mega progetti infrastrutturali (ampiamente contestati, dal nuovo aeroporto sorto nonostante la battaglia silenziata degli operai al secondo canale sul Bosforo, con abitanti e ambientalisti sul piede di guerra) quanto sui suoi molteplici volti, nel chiaro obiettivo di ri-costruire un concetto di nazione monoidentitario.

AL CENTRO DELL’INDAGINE del libro sta la Turchia del centenario, al pari di Istanbul crocevia di dinamiche internazionali che Erdogan ha saputo con intelligenza e malizia – non disdegnando colpi di teatro, minacce, ricatti – raccogliere tra le mani. È quell’ambizione neo-ottomana di cui la Turchia erdoganiana è da tempo additata che ha permesso al paese, nato un secolo fa dalle ceneri del «malato d’Europa» e transitato per colpi di Stato vari ed eventuali, di diventare un pivot fondamentale nella regione e nel mondo.

SCHIACCIATA da una crisi economica sempre più destabilizzante, gigante dai piedi d’argilla, la Turchia dell’era Erdogan si è resa imprescindibile muovendosi con maestria e insolenza nelle contraddizioni delle potenze, Stati uniti, Russia, Unione europea. Con visione machiavellica, Ankara ha imposto le proprie esigenze a suon di occupazioni militari, business delle armi (i droni Bayraktar il più alto esempio), «gestione» pelosa di milioni di profughi siriani, scoperta del mare come nuovo territorio di conquista ed equilibrismo sapiente tra rivali che si traduce – nella guerra ucraina – nell’assunzione del ruolo di unico possibile mediatore.

È QUESTA LA TURCHIA che Ansaldo rende indietro, un’esplosione di potenza che in casa si traduce in negazione del dissenso e svuotamento della società civile, sopravvissuta alle macerie della repressione e dell’epurazione ma disarmata. Un paese che, se la Ue non avesse avuto paura di abbracciare, forse oggi non sarebbe un soffocante regime illiberale.

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