Lee Anne Schmitt: «Ce lo aspettavamo, il problema è l’individualismo»
Nessuno ci può giudicare Una conversazione con la regista californiana in merito allo smantellamento del diritto all'aborto negli Usa, tra storia e strategie di resistenza
Nessuno ci può giudicare Una conversazione con la regista californiana in merito allo smantellamento del diritto all'aborto negli Usa, tra storia e strategie di resistenza
«Certo che ce lo aspettavamo, è stato progettato e portato avanti da oltre cinquant’anni. Il diritto ha lavorato per rendere più conservatrici le Corti proprio per annullare gran parte della legislazione sui diritti civili e riproduttivi. Quindi sì, era previsto ma è stato comunque devastante». Con queste parole Lee Anne Schmitt, regista cinematografica di base a Los Angeles, racconta le prime reazioni dopo la storica decisione della Corte Suprema che ha smantellato il diritto all’aborto negli Usa.
LA CINEASTA, anche professoressa all’università CalArts, è molto legata alla sua terra che riprende per lo più su pellicola per abbracciarne la storia e i paesaggi. «Nei miei film mi interessa creare uno spazio per meditare sul pensiero politico americano, penso che in gran parte sia basato su una mitologia dell’individualismo che è stata usata come arma per prevenire il supporto collettivo o anche solo l’idea che viviamo in comunità. Mira a ridurre la maggior parte dell’esperienza umana al ruolo che l’individuo gioca nel sistema economico, per cui le leggi e il governo non sono organizzati attorno ai bisogni delle persone o alle idee della società, ma per supportare il funzionamento del mercato. E questo pensiero ci sta uccidendo tutti».
Alla domanda di quale sia stato il ruolo della religione in questo processo e dell’impatto che la decisione avrà sulle donne statunitensi, risponde così: «Va sicuramente notato che gran parte della situazione attuale si basa sul fondamentalismo religioso dei membri della Corte Suprema e di altri in posizioni di potere. Ma tutto questo è stato anche grossolanamente armato per servire la vera religione degli Usa, il capitalismo e il denaro. L’impatto sarà profondo perché non si tratta solamente di diritti all’aborto, ma di assistenza sanitaria e diritti riproduttivi in generale. È davvero un banco di prova per riportare indietro tutti i tipi di legislazione, dal controllo delle nascite al matrimonio tra persone dello stesso sesso».
UN TIMORE questo che in Usa hanno in molti. In prima linea ci sono quegli Stati dove il diritto all’aborto decadrà subito, chiediamo a Schmitt se questa vicenda approfondirà la frattura tra le «due» Americhe. «Ci sono molte Americhe! Penso che una cosa che viene spesso trascurata sia la complessità delle prospettive presenti negli Stati Uniti. C’è una profonda divisione tra rosso e blu, ma anche un’enorme divisione di ricchezza e di esperienze città per città basate su razza, classe e così via». In quello che sembra essere un balzo indietro del passato, la regista ravvisa invece problemi annosi, dove un progresso non c’è mai realmente stato: «Penso che discutere del progresso sia complicato, resisto alla linearità nel mio lavoro perché penso che la storia sia piuttosto ciclica e spesso esista in contraddizione e frammentazione». Infine, Schmitt racconta le sue strategie di resistenza: «Bisogna trovare modi per affrontare la situazione e allo stesso tempo aiutare la comunità a sopravvivere. Cercare di immaginare altre strutture resistendo nella struttura esistente. Si resiste con la sopravvivenza e il rifiuto».
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