Da anni famiglie e organizzazioni yemenite provano a scalfire gli sponsor diretti e indiretti della guerra che dal marzo 2015 devasta il loro paese. Nove anni fa hanno denunciato in un tribunale statunitense l’allora presidente Obama e il capo della Cia Petraeus per l’uccisione di due civili in uno degli innumerevoli attacchi via drone che avrebbe dovuto colpire al Qaeda.

Nel 2018 hanno tentato di trascinare di fronte a una corte il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, burattinaio della quasi decennale operazione contro il movimento sciita Houthi. E poi gli Emirati arabi uniti, seconda forza della coalizione sunnita intervenuta in Yemen otto anni fa.

ADESSO TOCCA alle più grandi compagnie militari statunitensi, giganti che riempiono il globo di qualsiasi tipo di arma: Raytheon, Lockheed Martin e General Dynamics sono accusate, dalle famiglie yemenite che hanno mosso la denuncia, di «aiutare e agevolare crimini di guerra e omicidi extragiudiziali», attraverso il rifornimento di equipaggiamento bellico alla coalizione a guida saudita.

Denuncia presentata a una corte distrettuale di Washington Dc e che tira in ballo i due leader della guerra, il saudita Mohammed bin Salman e l’emiratino Mohammed bin Zayed, ma anche il segretario di Stato Usa Blinken e il capo del Pentagono Austin, responsabili dell’approvazione dei contratti di acquisto di armi a favore delle tre compagnie.

Due i casi citati (una strage a un matrimonio nel 2015 e una a un funerale l’anno dopo, rispettivamente 43 e 100 morti) «coperti» dal Torture Victim Protection Act statunitense del 1991 che permette alle vittime di crimini di ricevere risarcimenti se i responsabili si trovano negli Stati uniti.

«ANNO DOPO ANNO – si legge nella denuncia – le bombe cadono su tende per matrimoni, funerali, barche di pescatori, scuolabus, uccidendo migliaia di civili e aiutando a fare dello Yemen la più grande crisi umanitaria del mondo».

Gli ultimi dati della guerra li ha dati pochi giorni fa l’Onu: 375mila morti (di cui il 60% per cause indirette, ovvero fame e malattie), 21 milioni di persone bisognose di aiuti alimentari, 17 milioni sotto la soglia di povertà, 4,5 milioni sfollate interne.

Dopo il tetro bilancio, l’Onu ha denunciato la mancata generosità internazionale: dei 4,3 miliardi di dollari chiesti per tamponare la crisi nel 2023, ne sono arrivati appena 1,2. Nel 2022, solo 2,3.