Le elezioni regionali in Liguria si avvicinano inesorabilmente. La resistenza di Toti si affida al responso del tribunale del Riesame: se le misure cautelari (gli arresti domiciliari) dovessero essere confermate la strada del voto in autunno si aprirebbe senza ulteriori tentennamenti. Un voto che arriverebbe insieme a quelli di Umbria e Emilia-Romagna.

A destra il caos regna sovrano. I nomi di cui si parlava prima del terremoto giudiziario, dall’ex assessora regionale e ora deputata di Noi Moderati Ilaria Cavo al rettore di Genova Federico Delfino sono in discesa: la prima per la grande vicinanza al governatore Toti. Edoardo Rixi, ligure braccio destro di Salvini al ministero dei Trasporti, si è chiamato fuori: «Serve una persona completamente nuova». Così il sindaco di Genova Marco Bucci, che ieri a Telenord ha affermato: «Resto al mio posto fino al 2027, ho preso un impegno coi genovesi».

Tra i partiti di maggioranza non c’è una corsa ad una candidatura molto a rischio, dopo il terremoto giudiziario. Fratelli d’Italia non ha molti nomi da mettere sul tavolo, desidera fortemente avere un governatore del Nord ma punta dritto sul Veneto, dove si vota nel 2025 (c’è già il candidato, il senatore Luca Da Carlo). Difficile che Meloni possa accettare la Liguria, per poi essere quasi costretta a lasciare il Veneto a Salvini. L’unico papabile tra i meloniani sarebbe il capogruppo in regione Stefano Balleari, ma è assai probabile che venga eletto alle europee.

Forza Italia è quella che ha più carte da giocare: essere stata fuori dalla giunta Toti a questo punto diventa un vantaggio anche d’immagine. Il nome più forte è quello del sindaco uscente di Rapallo Carlo Bagnasco, che a giugno terminerà il suo secondo mandato nella cittadina del Levante. Ma si parla anche di Marco Scajola, nipote di Claudio, attuale assessore regionale all’Urbanistica: ufficialmente fa parte della lista civica di Toti, ma da tempo è in rotta di riavvicinamento a Forza Italia e dalla sua ha la totale estraneità alle indagini in corso.

Nel centrosinistra la situazione è meno ingarbugliata. L’ex ministro Pd Andrea Orlando da tempo è in campo, anche prima delle inchieste. E ieri ha ribadito di essere «a disposizione» del fronte di centrosinistra, pur senza sgomitare. «Occorre costruire un comitato di liberazione per la Liguria», ha spiegato in un’intervista. Il suo obiettivo è costruire una coalizione molto ampia, dalla sinistra fino ai centristi di Azione e Iv con il M5S. Calenda potrebbe essere della partita, sui renziani nessuno scommette.

Conte, che ieri a Genova ha partecipato a una manifestazione di vari comitati contro le infrastrutture «calate dall’alto» (è stato contestato da un gruppo di portuali, ma ha fatto buon viso: «Un dibattito vivace è meglio della rassegnazione») ha ribadito che il M5S «non parte mai per rivendicare un orgoglioso isolamento, è chiaro che bisogna dialogare con le forze civiche e politiche progressiste che si predispongono a voltare pagina rispetto alla malapolitica». Sull’ipotesi Orlando non ha chiuso: «Non partiamo dai nomi ma dai progetti».

L’uomo forte dei 5s in Liguria, il senatore Luca Pirondini, vorrebbe ripetere lo schema Todde, lanciando l’eurodeputata uscente Tiziana Beghin, che però ha già fatto due mandati a Bruxelles. Se i tempi delle urne dovessero precipitare non è escluso che si possa costruire un ticket con Orlando.

A sinistra tra i papabili c’è anche Luca Pastorino, candidato nel 2015 alle regionali contro la dem Raffaella Paita, sindaco di Bogliasco, deputato eletto nel 2022 come indipendente di centrosinistra nel collegio uninominale di Genova Levante e rientrato nel Pd dopo l’elezione di Schlein (entrambi hanno fatto parte della corrente di Giuseppe Civati). La rosa è molto ristretta e non c’è dubbio che Orlando sia per ora nettamente in pole position.