Le ultime parole: «Passo indietro per l’umanità»
L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk
Internazionale

Le ultime parole: «Passo indietro per l’umanità»

Lo sdegno diffuso «Mi rammarico profondamente per l'esecuzione di Kenneth Eugene Smith in Alabama - ha affermato l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk
Pubblicato 8 mesi faEdizione del 27 gennaio 2024

«Stasera l’Alabama ha fatto fare un passo indietro all’umanità». A pronunciare queste parole é stato Kenneth Smith, il primo condannato a morte negli Stati Uniti nel 2024, e il primo in assoluto ad essere ucciso con l’azoto.

A riportarle è stato il giornalista della Cbs che ha assistito all’esecuzione avvenuta nella prigione Holman di Atmore, e questa frase é rimbalzata su tutti i media statunitensi, raccontando la morte atroce di un uomo condannato nel 1988 in una storia che sembra uscita da un romanzo di Truman Capote.

L’allora 22enne Kenneth Eugene Smith era stato assoldato, insieme a due complici, per uccidere Elizabeth Dorlene Sennett, 45 anni. Il marito, il reverendo Charles Sennett, aveva architettato un piano per far sembrare la morte della moglie un furto con scasso finito male – Sennett aveva dei debiti e pensava di ripagarli attraverso l’assicurazione per la morte della donna. Quando la polizia ha iniziato a indagare su di lui il reverendo si è tolto la vita. Uno dei due complici di Smith, John Forrest Parker, è stato condannato a morte ed ucciso nel 2010, mentre l’altro, Billy Gray Williams, che era stato condannato all’ergastolo, è morto in prigione nel 2020.

SMITH AVEVA avuto delle speranze: la sua prima condanna a morte era stata annullata in appello nel 1996, quando 11 dei 12 giurati avevano proposto l’ergastolo, ma il giudice assegnato al caso aveva ignorato il parere della giuria e l’aveva nuovamente condannato a morte.

In seguito, nel 2017, l’Alabama ha smesso di consentire ai giudici di prevalere sulle giurie che devono deliberare sulle condanne a morte, e questo tipo di sentenze non sono più consentite. In una dichiarazione, il governatore Kay Ivey ha affermato che anche se l’Alabama aveva apportato una modifica «necessaria» per vietare ai giudici di ignorare le raccomandazioni dei giurati, i deputati avevano scelto di non rendere la legge retroattiva, e di onorare le sentenze già pronunciate.

Un’esecuzione così brutale, portata a termine per la volontà caparbia di farlo, ha sollevato la comunità internazionale. «Mi rammarico profondamente per l’esecuzione di Kenneth Eugene Smith in Alabama – ha affermato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk in una nota – nonostante le serie preoccupazioni che questo nuovo e non testato metodo di soffocamento mediante gas di azoto possa equivalere a tortura o a un trattamento crudele, inumano o degradante. La pena di morte è incompatibile con il diritto fondamentale alla vita. Esorto tutti gli Stati a mettere in atto una moratoria sul suo utilizzo, come passo verso l’abolizione universale».

QUELLA DI TURK non è stata l’unica voce ad alzarsi per manifestare l’orrore verso questo metodo inumano di applicare una pena inumana di per sé, «Secondo i maggiori esperti, questo metodo è una punizione particolarmente crudele e insolita – ha scritto il Servizio d’azione esterno dell’Unione Europea – L’Ue si oppone fermamente alla pena di morte in ogni caso».

L’indignazione é montata anche negli Stati uniti, dove chi si esprime contro la pena di morte lo fa sottolineando l’incertezza che c’è sempre sulla colpevolezza del condannato, e il fatto che gli studi mostrino anche che chi deve giudicare un’eventuale condanna a morte è fortemente influenzato dalla razza della vittima e da quanto sia povero l’imputato. L’uso di qualsiasi essere umano come «cavia» per un metodo di esecuzione, come si legge nelle parole del giudice della Corte Suprema Sonia Sotomayor, «fa ribollire il sangue», ha detto Jarvis DeBerry della rete televisiva progressista Msnbc.

«MA C’É QUALCOSA di peggio: il fatto che il nostro Paese stia ancora tirando fuori gli esseri umani dalle galere uccidendoli. E non perché stiano minacciando qualcun altro. Non nell’interesse della sicurezza pubblica. Ma sulla base della fragile idea che le esecuzioni favoriscano la pace delle famiglie delle vittime e scoraggino nuovi crimini. Ucciderli per evitare di essere percepiti come deboli nei confronti del crimine. Ucciderli al servizio di una vendetta che non potrà mai essere soddisfatta. Soprattutto quando la punizione per l’assassino di Elizabeth Sennett arriva più di 35 anni dopo il crimine».

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