Una formalità, più che una questione di qualità. L’incontro tra il ministro Carlo Nordio e l’Anm sulla riforma della giustizia prossima ventura non ha spostato di un millimetro l’asse del discorso, e ogni questione di merito verrà comunque affrontata quando il testo uscirà dal consiglio dei ministri («A brevissimo», promette il ministro). Le toghe dunque mantengono tutte le loro perplessità verso un provvedimento che, almeno nelle intenzioni, separerà le carriere, porterà a un doppio Csm, istituirà un’alta corte e, forse, eliminerà pure l’obbligatorietà dell’azione penale. Così il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia all’uscita dal ministero ieri pomeriggio: «Nordio ha tenuto a precisare a noi che la riforma costituzionale terrà ferma l’indipendenza della magistratura nella sua interezza». E poi: «Noi abbiamo detto che tutta la magistratura associata in tutte le sue componenti è contraria alla riforma. Non si tratta di fare una trattativa di tipo sindacale. Le nostre sono contrarietà culturali e costituzionali».

LA RIFORMA e le sue implicazioni saranno spiegate da Nordio in persona al congresso dell’Anm che comincerà venerdì pomeriggio a Palermo. Il ministro, che in un primo momento era intenzionato a non andare vista la contemporaneità del G7 sulla giustizia a Venezia, ha fatto sapere che arriverà in Sicilia nella serata di venerdì, dunque il suo intervento andrà in scena sabato. La struttura del congresso prevede diversi momenti di tribuna libera in cui qualsiasi magistrato potrà iscriversi per intervenire. È in questa sede che emergerà il dibattito vero e proprio sulla riforma. E l’unica cosa certa è che tutte le correnti sono a dir poco molto critiche: non solo la sinistra giudiziaria (Area, Magistratura democratica), ma anche i centristi di Unicost (che auspicano addirittura «una mobilitazione di tutta la base della magistratura per scongiurare riforme che potrebbero farci scivolare verso regimi non democratici») e la destra di Magistratura Indipendente. Intervistato da Domani il segretario generale Claudio Galoppi, tendenzialmente un governista (è stato consigliere della ex presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati), ha esternato le sue preoccupazioni parlando di misure che «mirano a scardinare l’equilibrio tra poteri». Solo alla fine si è lasciato andare a una considerazione di politica interna all’Anm: «L’unità della magistratura associata è fuori discussione, ma non è frutto di un calcolo politico. È nelle cose». Già perché quello di Palermo sarà un congresso dal sapore elettorale, perché è l’ultimo della presidenza Santalucia e perché a gennaio si rinnoverà il Comitato direttivo centrale dell’associazione (e tutti i magistrati saranno chiamati a votare). Visto il divorzio «consensuale» tra Area e Md (che l’ultima volta insieme erano risultati la lista più votata) è assai probabile che a prevalere sarà Magistratura indipendente. Che però non sembra avere alcuna intenzione di assumere poi la presidenza dell’associazione. Un gioco a carte scoperte: Mi, storicamente, preferisce rimanere ai margini nelle questioni più politiche – e il presidente dell’Anm per sua natura è la figura che si trova a dover trattare con i governi – e concentra i suoi sforzi sulle faccende sindacali: ferie, stipendi, organici e così via. L’appello all’unità dell’associazione serve a mantenere in piedi la struttura evitando beghe troppo grandi e conflitti interni che farebbero perdere a tutti (anche a Mi) potere contrattuale. Un rebus che si risolve sempre allo stesso modo, cioè con una coalizione larghissima e il continuo appello all’unità. E un conseguente rischio di annacquare i contenuti dell’Anm: la paura, diffusa soprattutto a sinistra, è che succeda quello che è già accaduto alla Rai, con la nascita di un «sindacato giallo» utile per guastare ogni interlocuzione seria.

IN TUTTO QUESTO si registrano le lamentele, espresse al manifesto, da parte di Md, con la presidente Silvia Albano che ha parlato in maniera esplicita della funzione di tappo fatta da Mi per evitare che magistrati «di un certo orientamento culturale» – leggi: quelli progressisti – arrivino ad occupare posizioni dirigenziali importanti. Sembra un dettaglio, ma bisogna annotare che al momento Mi esprime i capi delle procure di Roma e di Milano. E al governo può contare su un pezzo da novanta come il suo ex associato Alfredo Mantovano. O forse è soprattutto lui che sa di poter contare sulla sua vecchia corrente.