«Le streghe votano». E possono salvare gli Usa dal trumpismo
Elettorale americana Alla Women’s March di New York donne e ragazze sfilano per rivendicare il diritto all'aborto, già scomparso in molti stati americani con l'abrogazione di Roe v Wade. «Trump può abolirlo senza passare dal Congresso», denuncia Mary Ziegler al manifesto
Elettorale americana Alla Women’s March di New York donne e ragazze sfilano per rivendicare il diritto all'aborto, già scomparso in molti stati americani con l'abrogazione di Roe v Wade. «Trump può abolirlo senza passare dal Congresso», denuncia Mary Ziegler al manifesto
«Women can do it», le donne ce la possono fare – inteso a salvare gli Usa da una seconda presidenza Trump. Evie ne è convinta, o meglio è mossa dall’ardente speranza che accada. «Sono nata e cresciuta a New York e non ho mai partecipato a una parata di Halloween, ma quest’anno avevo bisogno di stare con altre donne, manifestare», confessa mentre tiene alto lo striscione Witches vote – le streghe votano – lo slogan dello spezzone di parata in cui è confluita la Women’s March di New York.
Ieri c’è stata quella di Washington, nello stesso luogo dove la marcia del 2017, all’indomani dell’insediamento di Trump, aveva visto sfilare 500mila persone, e quasi cinque milioni in tutto il Paese.
Dopo aver manifestato a New York, a DC c’erano sia Evie che Justine, docente di Women Studies. «L’alternativa è manifestare o stare a casa – dice – in preda all’ansia, cercando di non guardare le notizie». Stare insieme, rispondere a «chi ci ha tolto Roe v Wade», con le parole di Evie, è una festa, ma la percezione del pericolo e dell’ingiustizia per le donne soffoca le parole in gola.
SOLO POCHI GIORNI FA la campagna di Harris ha distribuito uno spot elettorale che si apre sulla lapide di Amber Nicole Thurman, morta di sepsi poco dopo la sentenza della Corte suprema che aboliva il diritto all’aborto perché i dottori in Georgia non sono intervenuti in tempo per rimuovere il feto che aveva abortito. Rischiano la prigione a intervenire prima che il rischio di vita per la donna sia conclamato. Non rischiano nulla per non aver salvato la vita a Thurman, 28enne madre di un bambino di sei anni.
Di 50 stati americani, secondo il Guttmacher Institute, 41 hanno in vigore forme di divieto all’aborto, di cui 13 un ban totale. Che è già stata oggetto di ulteriori attacchi durante l’amministrazione Biden: un consorzio di associazioni antiabortiste si è rivolta l’anno scorso a un giudice iper conservatore del Texas (Matthew Kacsmaryk , nominato da Trump) per revocare l’approvazione data dall’agenzia federale preposta, la Food and Drugs Administration, all’uso della pillola abortiva, il mifepristone.
E fervono i tentativi di trovare un modo per riattivare il Comstock Act, una legge del 1783 mai abrogata dal Congresso che impedisce la spedizione di materiali «osceni» o in qualche modo collegati all’aborto, che limiterebbe l’accesso alla pillola abortiva.
Jessica Valenti, scrittrice femminista e autrice della newsletter Abortion. Every Day, in un recente intervento ha ricordato le vittime note sinora della sentenza della Corte suprema plasmata da Trump (con la nomina di tre giudici) proprio per abrogare Roe v Wade: oltre a Thurman, Yeniifer Alvarez-Estrada e Candi Miller. «Voglio che tutti gli americani sappiano – scrive – che queste organizzazioni e questi legislatori sapevano che le donne avrebbero sofferto e sarebbero morte come conseguenza delle loro leggi». «Hanno deciso che le nostre morti erano un prezzo da pagare accettabile per una vittoria politica».
AD AGOSTO la docente di legge alla Davis School of Law Mary Ziegler, autrice di libri sull’aborto in America, sosteneva sul New York Times che la campagna di Harris non dettagliasse a sufficienza i possibili attacchi all’aborto di una futura amministrazione Trump, molti contenuti nell’ormai famigerato Project 2025. Alla vigilia del voto dice al manifesto che la campagna dem è riuscita nel tempo a «fare un lavoro migliore per spiegare che Trump potrebbe istituire un divieto all’aborto senza il Congresso», attraverso ordini esecutivi.
E non è convinta che i tentativi repubblicani di sminuire l’attacco ai diritti riproduttivi abbiano dato frutti: «Difficile da stabilire. Ma l’apparente gender gap nell’affluenza al voto suggerirebbe di no».
Evie racconta che un giorno ha trovato la madre 95enne, “veterana” delle manifestazioni per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam, in piedi alle 4 e mezzo del mattino: «Mi sono messa a spolverare – le ha detto – Non riuscivo a dormire dopo aver letto il Project 2025». Nei bagni pubblici femminili, in tutto il Paese, proliferano i post-it: «Nessuno saprà per chi voti». Evie è convinta: le sue sorelle raccoglieranno l’invito.
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