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Le ragioni di Podemos e la crisi di egemonia della politica mainstream

Le ragioni di Podemos e la crisi di egemonia della politica mainstreamManifestazione di Podemos

Scaffale L'indagine di Francesco Campolongo e Loris Caruso, «Podemos e il populismo di sinistra. Dalla protesta al governo», pubblicata da Meltemi. C’è da augurarsi che il libro circoli fra una militanza diffusa e dispersa a cui serve capire che in politica non è mai tutto perduto per sempre. Gli spazi possono crearsi, persino in Italia, se alla fortuna si accompagna la virtù

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 1 giugno 2021

Dalla guerra di movimento alla guerra di posizione: la formula gramsciana si attaglia perfettamente alla vicenda di Podemos, il partito che insieme alla greca Syriza rappresenta il più importante fenomeno nel panorama della sinistra europea dell’ultimo decennio. Dopo aver colto tutti di sorpresa con la sua irruzione nel teatro politico spagnolo, alle europee del 2014, il gruppo dirigente attorno a Pablo Iglesias e Íñigo Errejón tenta subito l’inaudito: costruire «una macchina elettorale» finalizzata alla conquista della maggioranza parlamentare e del governo. Fallita la prova, dopo una fase di assestamento arriva la ridefinizione strategica e la scelta del lavoro di lunga lena. Una traiettoria che coincide con il passaggio dall’identità «populista» originaria a quella più classicamente di sinistra radicale del presente, come mostrano chiaramente Francesco Campolongo e Loris Caruso in Podemos e il populismo di sinistra. Dalla protesta al governo (Meltemi, pp. 263, euro 20), pregevole e assai documentata analisi politologica, imprescindibile per chiunque voglia conoscere davvero natura e vicende di questo movimento.

IL VOLUME ha le caratteristiche della ricerca accademica, ma senza che ciò ne appesantisca la leggibilità, risultando comunque fruibile anche ai non specialisti. Qualità pregevole, perché c’è da augurarsi che il libro circoli fra una militanza diffusa e dispersa a cui serve capire che in politica non è mai tutto perduto per sempre. Gli spazi possono crearsi, persino in Italia, se alla fortuna si accompagna la virtù. Il giovane partito spagnolo ha dimostrato che è possibile cogliere la crisi di egemonia delle forze politiche classiche, rappresentata dalla Puerta del Sol occupata dagli Indignados, riuscendo ad affermare un soggetto portatore di istanze autenticamente popolari, in grado di «rilegittimare» un punto di vista che il mainstream vorrebbe ormai consegnato irrimediabilmente alla storia.

Per farlo, però, è stato necessario abbandonare cliché e vizi dell’estrema sinistra classica, che i fondatori di Podemos conoscevano bene per averla a lungo frequentata negli anni dell’università. «L’operazione contro-egemonica non può riuscire se viene lanciata da un angolo marginale dello spazio politico»: questa intuizione, come ricostruiscono gli autori, conduce a scelte sul piano della narrazione politica e del profilo programmatico che mirano a dare al partito «“centralità” e trasversalità».

CON IL BAGAGLIO TEORICO fornito da Ernesto Laclau e Chantal Mouffe, la prima fase del nuovo partito si connota per «la ricostruzione delle frontiere politiche in modo alternativo alla dicotomia sinistra/destra» in favore di quella «basso/alto». Non senza tensioni e contraddizioni interne, questa linea tiene sino alla svolta «verso posizioni e verso un linguaggio più vicini all’anticapitalismo» in coincidenza con la scelta – sancita al congresso Vistalegre 2 nel marzo 2017 – di consolidare l’alleanza organica con Izquierda unida sotto le insegne di Unidas Podemos. Ed è la storia più recente, con la scissione promossa dal «populista» Errejón, l’approdo al governo nella coalizione a guida socialista e la perdita dello smalto delle origini, sino all’attualità – ancora tutta da scrivere e da studiare – che segue alle dimissioni di Iglesias. Leader forte, ma che, a giudizio di Campolongo e Caruso, non è stato «un “capo”» con «una presa totale sull’organizzazione».

L’assenza di derive personalistiche e l’esistenza di una organizzazione forte e pluralistica, tanto a livello nazionale quanto locale, dovrebbe quindi mettere al riparo il partito dal rischio di un precoce tramonto, destino al quale sono esposti invece quei movimenti che possono meritare ben più di Podemos l’etichetta di «populisti».

Un’etichetta, in realtà, che gli autori invitano a smontare perché ad essere populisti non sono gli attori sulla scena, ma «il campo politico attuale nel suo complesso, caratterizzato dalla mobilitazione dell’antagonismo tra il “popolo” e l’“élite” e dalla rivendicazione della sovranità popolare». Per riuscire a starci con efficacia, senza subire l’ordine del discorso che soffia da destra, l’esperienza di Podemos senza dubbio può insegnare molto.

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