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Le primarie atterrano nel palazzo occupato. La destra attacca

Le primarie atterrano nel palazzo occupato. La destra attaccaCandidati a Spin Time Lab – LaPresse

Roma Gli aspiranti sindaci del centrosinistra a dibattito a Spin Time. Gualtieri promette «cambiamenti profondi, anche radicali»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 16 giugno 2021

Il fatto che il primo confronto all’americana dei candidati alle primarie del centrosinistra per Roma si tenga in uno spazio occupato, lo Spin Time Lab nel quartiere Esquilino, suscita l’ira di Giorgia Meloni: «Con che coraggio vogliono governare?» attacca la leader di Fratelli d’Italia. Ma al di là delle semplificazioni delle destre, il posto in cui i sette aspiranti candidati a sindaco si presentano in un caldo pomeriggio di giugno pare un concentrato dei problemi e delle possibilità di una città che appare davvero ingovernabile. Roberto Gualtieri e gli altri sanno che devono rendere conto anche a questo pezzo di Roma se vogliono sanare le ferite degli ultimi anni. E allora ecco che le primarie atterrano sule contraddizioni della capitale.

IL PALAZZONE dove sorgevano uffici di un ente conta 16 mila e 800 metri quadri, dei quali 12 mila sono stati riconvertiti a spazi abitativi per 450 persone di cui 100 bambini per 24 nazionalità di diverse nazionalità. Il resto è dedicato spazi sociali e attività culturali. «Non vogliamo solo dare una casa a chi ne ha bisogno – spiega Chiara Cacciotti– Cerchiamo di occuparci di tutto quello che manca oltre alla casa: welfare, reddito, cultura». Lo spunto, raccolto in parte da alcuni dei candidati, è che «per poter governare uno spazio come questo (e per poter amministrare anche la città) bisogna considerare la complessità dei bisogni». Il motivo per cui hanno organizzato il dibattito è presto detto: «Il ballottaggio tra la destra e Virginia Raggi è qualcosa che nessuno di noi si augura». Le parole dell’occupante storico Andrea Alzetta disegnano così i termini dello scontro elettorale: «Bisogna battere il populismo della destra ma anche la legalità senza società e senza democrazia dei 5 Stelle».

C’È ANCHE il direttore d’orchestra Enrico Melozzi (ha affiancato i Maneskin all’ultimo Sanremo) che organizza rave clandestini di musica classica. «Le cose migliori della cultura a Roma sono venute fuori dalle istituzioni», dice. Il prete di strada don Alessandro ha chiesto ai bambini che assiste di disegnare un identikit del futuro sindaco: «Generoso, umano, vicino alla gente». Accanto a lui ci sono gli attivisti Lgbtq di La roboterie: «Roma avrebbe bisogno di vivere la notte e di molta libertà per tutti». Sembrano mondi inconciliabili, pezzi di città che non si parlano. E invece li unisce la necessità di difendere uno spazio pubblico. Il candidato Giovanni Caudo, che è stato assessore all’urbanistica nella giunta Marino e che adesso è presidente del municipio III, interpreta così la situazione: «Abbiamo perso il senso di cosa è la città pubblica, ci sono solo spazi privati o istituzionali. La legalità priva di un vettore valoriale può diventare fascismo, lo ha capito anche la Chiesa cattolica».

TOBIA ZEVI, altro concorrente alle primarie, cerca una mediazione: «Roma può essere competitiva e inclusiva allo stesso tempo, investendo sulla creatività, sulla cultura e sulla conoscenza. Valorizzando il suo Tevere e le 36 miglia di mare. Progettando l’inclusione sociale». Imma Battaglia, sostenuta dalla coalizione Liberare Roma, parla di «città metropolitana»: «Facciamola finita con la divisione superata tra centro e periferia, diamo spazio ai presidenti di municipi». Paolo Ciani, considerato centrista ma vicino a esperienze di privato sociale, dice che il problema della casa si risolve «creando un’agenzia dell’abitare che faccia incontrare domanda e offerta per riempire le troppe case vuote». Non è d’accordo l’ex grillina Cristina Grancio, secondo la quale solo l’intervento pubblico può risolvere la carenza strutturale di alloggi che affligge la capitale.

«NEL DIBATTITO pubblico la città è solo un conglomerato di individui e funzioni da aggregare in modo efficiente – avverte Stefano Fassina – Se prevale questa idea, basta un manager. Ma se l’idea di città è quella di comunità solidale, bisogna riconoscere il protagonismo dal basso».

POI ARRIVA il turno di Roberto Gualtieri. «Non vogliamo solo che ritorni la buona amministrazione venuta meno – afferma – Cerchiamo una trasformazione profonda, a volte radicale». Sulla casa:, propone un «patto per il diritto all’abitare: dobbiamo evitare che i diritti alla casa e quello alla proprietà entrino in conflitto». Su questa presunta contrapposizione, però, è stato molto chiaro un volontario dell’associazione cattolica Padre Gabriele, che da Spin Time distribuisce pasti: «Non bisogna sciupare questa esperienza in nome del diritto della proprietà», scandisce. Convince di più la platea, Gualtieri, quando annuncia «un piano straordinario, strutturale per edilizia sociale a consumo di suolo zero». C’è l’annosa questione della messa a bando (a prezzi di mercato) di decine e decine di spazi comunali. Su questo Gualtieri fa valere la sua esperienza in direttive europee: «Non è vero che i bandi siano obbligatori, ci sono anche la coprogettazione e cogestione dei beni comuni».

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