Dal 1 gennaio 2021 al 9 novembre 2022 su oltre centomila migranti sbarcati in Italia quelli portati dalle navi delle ong sono stati in tutto 21.046, di cui 9.956 l’anno scorso e 11.090 quest’anno. Una percentuale bassissima, che non impedisce però al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di continuare a parlare delle navi umanitarie come «pull factor», fattori di attrazione per migranti e trafficanti di uomini.

A fornire le cifre, confermando la linea dura del governo Meloni contro chi opera soccorsi nel Mediterraneo centrale, è stato lo stesso titolare dell’Interno nell’informativa tenuta ieri alle Camere sul braccio di ferro avuto nei giorni scorsi con le navi di quattro ong : «In Italia non si entra illegalmente, e la selezione di chi entra non la faranno i trafficanti», ha detto il ministro. Piantedosi nega anche responsabilità del governo nell’incidente diplomatico che da giorni contrappone l’Italia alla Francia sul caso Ocean Viking, la nave della ong Sos Mediterranée che dopo aver atteso inutilmente risposta alle numerose richieste di un porto sicuro, ha deciso di dirigersi verso Tolone dove poi ha fatto sbarcare 230 migranti. «I fatti – spiega – evidenziano come la Ocean Viking si sia diretta autonomamente verso le coste francesi».

Nei prossimi giorni il giro di vite già annunciato contro le ong verrà licenziato dal consiglio dei ministri, anche se ancora non è chiaro sotto quale forma, se con un decreto o altro: «Le norme le scrive il parlamento» ha spiegato Piantedosi che mercoledì ha tenuto un vertice con i capigruppo della maggioranza per assicurare un iter tranquillo al provvedimento. Le novità principali riguardano la possibilità di sanzionare con multe comprese tra i 10 e i 50 mila euro le navi che non dovessero rispettare le disposizioni previste nei decreti interministeriali, come avvenuto nei giorni, fino ad arrivare alla confisca del mezzo in caso di recidiva.

Piantedosi dà poi una propria lettura del diritto internazionale: «È un dato certo – spiega – che le Convezioni internazionali vigenti non stabiliscono a priori quale debba essere il Pos (Place of safety, ndr), né che esso debba coincidere con il porto più vicino e, conseguentemente, che l’Italia debba farsi carico di tutti i migranti che vengono portati nelle nostre acque territoriali da assetti navali privati, ben attrezzati quindi senza problemi sotto il profilo della sicurezza e della navigazione». Per il ministro, dunque, «gli Stati di bandiera avrebbero dovuto operare in stretto raccordo con i comandanti delle navi Ong. Pertanto l’indicazione del Pos avrebbe dovuto essere individuato dagli Stati di competenza delle aree Sar in cui sono avvenuti gli eventi, quindi Malta o dalla Libia, o in mancanza di coordinamento, dallo Stato di bandiera in collaborazione con gli Stati costieri limitrofi». E comunque non direttamente dalle navi.

Per Piantedosi la maggior parte dei migranti sbarcati in Italia sono economici, come dimostrano le 69.078 domande di protezione internazionale presentate fino al 10 novembre scorso (+56% rispetto al 2021). Di queste il 57% sono state respinte, contro il 43% di richieste accettate nelle diverse forme di protezione: il 13% è stato riconosciuto come rifugiato, il 12% ha ottenutola protezione sussidiaria e il 18% quella speciale. Dati dai quali, spiega il ministro, «si desume che a maggior parte delle persone che giungono in Italia è spinta da motivazioni di carattere economico e, quindi, non ha titolo a rimanere su territorio nazionale».

Infine l’Europa. Il numero dei ricollocamenti realmente effettuati (117 su 8.000) dimostra che l’attuale sistema varato lo scorso mese di giugno e al quale hanno aderito 13 Stati non funziona, Da qui la necessità di migliorare il Patto europeo su immigrazione e asilo, fermo ormai da più di due anni, ma anche quella di presentare un Piano Mattei di finanziamenti destinati ai Paesi di origine e di transito dei migranti, accompagnandolo con un sistema premiale che favorisca un numero maggiore di ingressi legali in cambio della collaborazione a fermare le partenze.

Qualcosa sembra muoversi anche in Europa. Ieri dal Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri, è arrivato un riconoscimento della «peculiarità emergenziale dei salvataggi in mare» insieme all’annuncia di un documento della Commissione europea.