C’è uno spettro che si aggira davanti alle coste di Fiumicino: è quello delle navi da crociera classe Oasis, le più grandi mai concepite. Dal 2009 hanno inaugurato una nuova era nell’industria crocieristica. Sono lunghe 360 metri e alte più di 70. Possono imbarcare quasi 5.500 turisti, a cui va sommato l’equipaggio. Dei veri e propri giganti del mare. Cinque sono già attive e una in costruzione. Appartengono tutte alla Royal Caribbean International, compagnia con oltre 50 anni di attività turistiche di lusso alle spalle. Fatte le navi adesso punta ai porti.

UNO VORREBBE SORGESSE sul litorale romano, nel paese già famoso per ospitare il principale scalo aereo capitolino. L’occasione è ghiotta perché l’8 giugno scorso il mega progetto, che ha una lunga e controversa genesi, è stato incluso tra gli interventi previsti per le celebrazioni del Giubileo. Segnato nell’allegato 1 del relativo decreto potrà contare su procedure accelerate per cui valgono poteri speciali.

Di un porto turistico sull’Isola Sacra situata alla foce del Tevere si inizia a parlare già nel 1990. Dopo una serie di complicate vicende, ricche di colpi di scena e battaglie legali, nel 2010 viene stipulata la Convenzione urbanistica del comparto «Porto turistico di Fiumicino» e cominciano i lavori. Dopo pochi mesi, però, si interrompono a causa delle vicende giudiziarie in cui rimane coinvolto uno dei soggetti legati alla società Iniziative portuali (Ip) che ha presentato il progetto. Così l’area cade nell’abbandono e nel degrado.

NEL 2017 IP è in difficoltà economiche, fa domanda di concordato preventivo e mette in vendita un ramo dell’azienda. L’anno seguente Invitalia Spa, socio di minoranza di Ip, riesce a far dichiarare ammissibile una variante che introduce nel progetto di Fiumicino la funzione crocieristica per le grandi navi di classe Oasis. Le cose vanno avanti fino alla rampa di lancio delle norme sulle opere relative al Giubileo.

Oggi sull’Isola Sacra incombono due porti: «quello commerciale, che dovrebbe sorgere a nord del Porto Canale, alla foce Micina del Tevere, e quello crocieristico della Concordia, previsto nell’area del Faro a ridosso di Fiumara Grande». Così si legge nella dettagliata ricostruzione sul sito dell’associazione Carte in regola che insieme al comitato Tavoli del porto, nato nel 2019, si oppone alla realizzazione della grande opera.

Le preoccupazioni dei cittadini sono principalmente di natura ambientale per «l’impatto devastante» che il compimento del piano e il transito dei giganti del mare avrebbero sulla foce del fiume capitolino e su tutto quel tratto di costa tirrenica. Area già colpita da pesanti opere antropiche, a partire dai sistemi per il trasporto a terra degli idrocarburi, oltre che dal passaggio degli aerei.

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«LÌ I FONDALI sono bassi e fangosi. Serviranno dragaggi imponenti, di tre-quattro milioni di metri cubi di sabbie, per costruire i canali di transito delle navi», ha denunciato ieri David Di Bianco del comitato Tavoli del Porto in una conferenza stampa. Di Bianco ha anche sottolineato l’inquinamento che deriverebbe da attracco e sosta di colossi che riversano nell’aria scarichi pari a quelli di 14mila automobili.

Altro problema è il congestionamento del traffico: per uscire dall’isola ci sono solo tre ponti che già oggi, senza i 5mila turisti a colpo, si intasano continuamente. Secondo le associazioni su questo fronte non sono previste nuove infrastrutture probabilmente perché non sono fattibili.

IL PORTO, che non è incluso nel piano nazionale relativo a tali infrastrutture, è un’opera privata che entrerebbe inevitabilmente in concorrenza con lo scalo turistico di Civitavecchia: il primo a livello nazionale e il secondo nell’Ue. I cittadini denunciano quindi un danno inevitabile per la struttura pubblica che solo il mese scorso veniva celebrata da politici locali e nazionali per aver accolto tre milioni di visitatori al 31 ottobre di quest’anno.

«Non siamo quelli del No, né ci opponiamo allo sviluppo. Ma questo è tale solo se avviene nel rispetto di ambiente, qualità della vita delle persone e interesse pubblico, che in questo caso non c’è», afferma Anna Maria Bianchi, presidente di Carte in Regola. Per questo le associazioni chiedono di fermare il progetto in modo da poter realizzare valutazioni ambientali ed economiche più accurate.

Il primo passo è eliminarlo dalle opere previste per il Giubileo. Anche perché l’ultimo cronoprogramma dei lavori, pubblicato con la documentazione che certifica come i costi siano già lievitati da 350 a 589,4 milioni di euro, dice chiaramente che non sarà pronto prima di ottobre 2025. Se tutto dovesse procedere senza il minimo intoppo.