Sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo, paura, cinismo nell’età del disincanto (pp.176, euro 17, a cura di Marco Mazzeo) è un classico del pensiero critico degli anni Ottanta che meritoriamente la casa editrice DeriveApprodi ha ripubblicato. Frutto di un’attività seminariale nel 1987, si manifestò in una «Talpa» inserto de il manifesto nel 1988, fu rielaborato in un convegno alla Casa della cultura a Milano, infine uscì con una casa editrice romana (Theoria) nel 1990. E ha alimentato la breve, intensissima, stagione di una delle migliori riviste politiche di quegli anni, Luogo comune, a cavallo tra la fine degli anni «del riflusso» dagli anni Settanta (reaganismo, thatcherismo, yuppismo, eroina) e la ripresa dei movimenti nel capitalismo postfordista negli anni Novanta, a cominciare dagli studenti della Pantera nella stagione dei centri sociali.

POI IL LIBRO si è inabissato ed è diventato uno dei tesori da cercare per chi coltiva l’inconciliabilità con il mondo capitalista e l’indocilità nel pensiero e nella politica. Gli esiti di questa composizione polifonica e multidisciplinare, spartiacque del pensiero filosofico e politico di fine secolo, sono riemersi in inglese nel 1996 quando Paolo Virno e Michael Hardt hanno curato una riedizione ampliata e modificata di questi e altri saggi in Radical Thought in Italy. A potential politics (Minnesota Press).

Esito di un intensissimo lavoro culturale oggi presente in molti altri libri, tradotti in numerose lingue, questo volume è una delle manifestazioni del laboratorio riaperto dopo gli anni della repressione iniziata con gli arresti del 7 aprile 1979 contro l’Autonomia operaia. Un’operazione che vide il manifesto coraggiosamente all’opposizione, un esempio di un moderno giornalismo indipendente. Da questa costellazione ancora sommersa è però emersa la trama di una riflessione che, basta consultare i cataloghi delle principali case editrici critiche non solo anglosassoni, oggi riprende la grammatica del pensiero della soggettività e del suo rapporto con l’etica, il principale problema che assilla il dibattito globale sull’alternativa alla contro-rivoluzione capitalistica, uno degli aspetti della rivoluzione passiva neoliberale in cui viviamo.

COMPOSTO DAGLI SCRITTI di Paolo Virno, Massimo De Carolis, Marco Bascetta, Franco Piperno, Augusto Illuminati, Domenico Starnone, Andrea Colombo, Lapo Berti, Lucio Castellano, Alessandra Castellani e Massimo Ilardi, nel libro manca per ragioni editoriali l’intervento di Giorgio Agamben. C’è l’aspra replica di Rossana Rossanda che esprime il dissenso principalmente verso le categorie di «defezione» e «esodo» intese dagli autori come espressioni di un’attitudine «ambivalente» rispetto alla trasformazione produttiva e antropologica prodotta dalla rivoluzione capitalista dagli anni Ottanta.
Da un lato, ci si adatta; dall’altro lato, ci si sottrae. L’esodo non è verso una «terra promessa», ma verso «un luogo abituale dove costituire di volta in volta un’attività» che va controcorrente rispetto al nichilismo allora euforico, oggi depresso. Della soggettività capitalistica che noi siamo, è possibile fare una storia. E in essa si trova la possibilità di declinare la potenza in un senso opposto, non passivo ma attivo, anti-controrivoluzionario.

ALLA BASE di questa politica intesa come arte delle prospettive c’è una soggettività, ovvero una forma culturale chiamata oggi «imprenditore di se stesso», quella che si «abbandona senza riserve alla propria finitezza» ma può cercare un legame nella «comunità di chi non ha comunità». A questa osservazione ricorrente in tutti i saggi Rossanda replica: come trovare una via di fuga in un mondo che si presenta come una gabbia d’acciaio? Basta fare la fenomenologia dell’«opportunismo», inteso come attitudine dei «diseredati» e non del «sovrano», per cercare un altro mondo possibile se, tale mondo, non c’è?
Domande legittime se si intende il problema solo in termini spaziali, come spesso accade oggi. E però nel libro emerge, in controluce, l’idea di una dialettica, quella del rapporto politico tra forza lavoro e capitale declinata a partire dagli scritti marxiani sul «Frammento delle macchine» e il « General Intellect».

LO STESSO PROBLEMA sarebbe ancora più comprensibile se fosse compreso a partire dalla dialettica elaborata nel 1980 da Gilles Deleuze e Félix Guattari in Mille piani tra «territorializzazione e deterritorializzazione» del capitale contro le «macchine da guerra» che gli si oppongono. L’esodo dalla soggettività dominante contiene un «divenire minore».
È una produzione, dipende da una politica del desiderio e dalla critica dell’economia della soggettività. Lo scriveva Guattari in quegli anni. Anche i suoi libri andrebbero riletti, o tradotti, per capire che la politica non è la celebrazione di una fine ma la prassi dei nuovi inizi. L’aldiqua non è un buco nero, ma un universo in cui si riaprono le brecce del possibile. Inestimabile intuizione di cui i «Sentimenti dell’aldiqua» sono l’immagine in negativo.

*

SCHEDA. Da oggi a domenica il festival di DeriveApprodi a Bologna

La ripubblicazione del volume avviene nei giorni (9-11 giugno) in cui la casa editrice DeriveApprodi, con la rivista «Machina e» la libreria Punto Input, organizzano alla casa di quartiere Scipione dal Ferro a Bologna la prima parte di un festival dedicato ai decenni della contro-rivoluzione: «Il decennio Ottanta. I sentimenti dell’aldiqua». Previsti, tra gli altri, gli interventi di Bruno Cartosio, Roberto Ciccarelli, Rita Di Leo, Ubaldo Fadini, Marco Mazzeo, Christian Marazzi, Chiara Martucci, Bruna Mura, Miguel Mellino, Anna Negri, Mario Tronti, Paolo Virno, Adelino Zanini. Il programma è su: www.machina- deriveapprodi.com.