La polizia municipale di Madrid alla fine è intervenuta. Ha multato le donne in sciopero della fame che dal 9 febbraio sono accampate in Plaza del Sol, la piazza simbolo dell’indignazione cittadina.

IL REATO è aver installato, senza previa autorizzazione comunale, i gazebo per proteggersi dalla pioggia e dal freddo, per poter dormire la notte, per accogliere anche le altre donne – e gli uomini! – che si alternano per solidarietà nello sciopero della fame. All’inizio erano otto, tutte della stessa associazione Ve-la-luz, ora sono rimaste Gloria, Sara, Martina e Susana, le altre hanno dovuto riprendere a mangiare per una grave debilitazione.

VENGONO dalla Galizia, da Barcellona, da Toledo e dalla stessa Madrid, ingeriscono solo liquidi da quando hanno iniziato la protesta perché «vogliono essere vive» e reclamano un Patto di Stato contro le violenze machiste. Chiedono che il governo del paese si impegni con un gabinetto di crisi che affronti come questione di stato la lotta contro la violenza maschile sulle donne.

UNA PIATTAFORMA con 25 punti, le firme da raccogliere anche online, l’utilizzo del proprio corpo in maniera non violenta, l’occupazione di uno spazio pubblico e visibile nella città. Non se ne andranno finché non avranno ottenuto quello che vogliono. Per ora hanno ricevuto tre multe tra i 600 e i 750 euro, ma si potrà fare ricorso assicurano dallo staff della sindaca Manuela Carmena. Proprio lei, la sindaca che amministra la città con Podemos, la sindaca dei grandi cambiamenti sociali.

SI DICHIARA assolutamente allineata con le stesse rivendicazioni della piazza, appoggia la causa di queste donne e ha chiesto al governo centrale spagnolo proprio lo stesso Patto di Stato contro la violenza machista. Ma i regolamenti comunali vanno applicati. Non importa se in Plaza del Sol ogni giorno si ritrovano sempre più persone a guardare quelle scarpe tinte di rosso, disposte sul marciapiede a formare il simbolo della pace.
DONNE E UOMINI con capelli grigi, ragazze con le proprie madri, coppie di trentenni, gruppi di amiche con le unghie laccate di verde o di nero e il cellulare sempre in mano. I fotografi, i turisti, i curiosi, i poliziotti e le famigliole che fanno shopping, tutti passano da lì e c’è chi si ferma a firmare e a scambiare quattro chiacchiere, perché tra qualche giorno è l’otto marzo e c’è lo sciopero internazionale delle donne, qui in Spagna come in oltre 40 paesi nel mondo.

PROPRIO questa prima settimana di marzo è scattata una #AlertaFeminista per tre nuovi casi di violenza machista in meno di 24 ore a Madrid: due donne assassinate e una terza ricoverata in gravi condizioni. L’attuale legge spagnola si limita a parlare di violenza di genere solo quando una donna viene uccisa dal proprio partner o ex, così succede che molte assassinate non rientrano nelle statistiche, che finiscono per registrare i dati al ribasso.

UNA DELLE DONNE uccise l’altro giorno era una prostituta, forse accoltellata da un cliente, ma per le istituzioni la sua non è classificabile come violenza machista. Ma le cifre restano allarmanti, la media si assesta su più di due femminicidi alla settimana e non si percepisce alcun allarme sociale. Se invece di assassini machisti si trattasse di omicidi per terrorismo l’attenzione sarebbe massima.

DIRIGENTI del governo e personalità rilevanti della società sarebbero a disquisire in televisione e sui giornali del perché e per come i terroristi si accaniscono così, quale fede o ideologia li spinge, e si alternerebbero dichiarazioni di impegno e di sdegno, ma si tratta di donne uccise e non sempre sono buone madri di famiglia, si sa, questo rende tutto più complicato e meno importante allo stesso tempo.

IN PIAZZA si alternano letture di proclami femministi e spettacoli teatrali che chiamano alla disobbedienza: «Siamo stanche di minuti di silenzio, vogliamo mostrare la nostra rabbia e la nostra indignazione contro un governo che non reagisce, che si caratterizza per l’inazione», esclama Pilar, 70 anni, puntando il megafono verso il Congresso dei Deputati, che è lì qualche strada dietro la piazza.

L’OMICIDIO è solo la punta dell’iceberg della violenza contro le donne. La differenza salariale di genere in Spagna nel 2016 è stata quasi del 24%, la più alta degli ultimi sei anni. Soprattutto sulle donne sono ricadute le conseguenze della crisi economica, i tagli dei servizi sociali che le hanno costrette ad occuparsi di faccende domestiche, di vecchi e bambini contrattando, a differenza degli uomini, lavori part-time per conciliare lavoro produttivo, riproduttivo e di cura.

L’ECCELLENZA delle donne spagnole sembra essere nella disoccupazione, nella precarietà e nei salari bassi. Nulla di nuovo, nulla. Se le nostre vite non valgono allora sciopero globale, otto marzo tutto l’anno.