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Le impronte vegetali dell’Ayahuasca

Le impronte vegetali dell’AyahuascaGruppo culturale di danza Harakmbut

Ultraoltre Un incontro con Dennis McKenna, tra i relatori della prima conferenza mondiale sull'Ayahuasca svoltasi a Ibiza

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 13 dicembre 2014

Oltre 600 persone da 50 paesi hanno seguito dal 25 al 27 settembre scorso «Aya 12014», Conferenza mondiale sull’Ayahuasca svoltasi nel Palazzo dei Congressi di Ibiza a Santa Eularia des Rios, organizzata dalla fondazione Iceers sotto gli auspici dell’Unesco.

Impossibile dare conto delle innumerevoli letture, tavole rotonde, proiezioni e conferenze svoltesi spesso in contemporanea nei vari piani del Palazzo dei Congressi, con oltre 50 relatori che hanno fatto il punto su come va espandendosi nel mondo la conoscenza, e l’uso, dell’Ayahuasca, pozione psicoattiva da millenni utilizzata da diverse popolazioni dell’Amazzonia per curare, divinare, esplorare altre dimensioni, entrare in contatto con intelligenze animali, vegetali, perfino extraterrestri.

Tra i relatori Amanda Feilding direttrice della Beckley Foundation, il filosofo spagnolo Antonio Escohotado, lo psicoterapeuta cileno Claudio Naranjo, l’etnobotanico statunitense Jonathan Ott, l’antropologo colombiano Luis Eduardo Luna, Rick Doblin (Usa) della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies, alcuni sciamani da Ecuador, Brasile e Colombia, e Dennis McKenna, biologo, antropologo, autore tra l’altro con il fratello Terence di Invisible Landscapes, di una guida alla coltivazione dei funghi allucinogeni e nel 2012 dell’autobiografia Brotherhood of the Screaming Abyss, affascinante resoconto non solo delle sue esperienze ma dei mutamenti intervenuti nel frattempo nella società Usa.

Dennis McKenna è ben lieto di rispondere ad alcune domande, iniziando dal senso del titolo del suo libro…

È un titolo che va inteso con ironia, una specie di autopresa in giro. Quando con mio fratello Terence decidemmo di andare in Amazzonia in cerca di un esotica sostanza allucinogena – chiamata oo-koo-hé dai Witoto che vivono nell’Amazzonia colombiana – chiamammo la nostra banda la «fratellanza dell’abisso urlante». Stavamo per avventurarci nell’ignoto, per cercare di far luce su un grande mistero. In questa definizione c’è la grande influenza che aveva avuto su di noi H.P.Lovecraft con i suoi racconti pieni di orrori inconcepibili oltre l’abisso. Da una parte ci prendevamo molto sul serio ma allo stesso tempo sentivamo la necessità di mantenere una certa autoironia.

Quel mistero è stato infine svelato?

Oh c’è sempre un mistero da svelare, sta tutt’attorno a noi, il mondo è un mistero, e sempre più persone se ne stanno rendendo conto. Il mio primo contatto con l’ayahuasca l’ho avuto quando ero ancora uno studente, la presi da solo e non fu un granché, stetti male. Dieci anni dopo, nel 1981 sono tornato in Perù, a Pucallpa, per fare il mio dottorato e là ebbi l’occasione di bere ayahuasca molte volte.

Continui a frequentarla?

Sì ma non in maniera regolare, di solito passo parecchio tempo in Perù durante l’estate e là le occasioni non mancano. In Nordamerica d’inverno è qualcosa che mi capita più di rado.

Come è cambiata questa esperienza negli anni?

Come è cambiata l’esperienza o come sono cambiato io?

Entrambi…

Io certamente sono cambiato, senza esagerare posso dire che qualsiasi cosa di interessante mi è capitata dal 1981 è connessa in qualche modo con l’ayahuasca. Nel tempo c’è stata una sorta di evoluzione nell’esperienza, nelle visioni…penso che ho avuto bisogno di imparare piano piano, le mie prime esperienze non sono state tanto «potenti» o interessanti.

La prima volta che sono stato in Perù ero nervoso, mi sentivo uno straniero in una strana terra e non riuscivo a rilassarmi, solo anni dopo imparai a lasciarmi andare.

L’ayahuasca è stata tra i più grandi maestri della mia vita, sono veramente grato di essere ora coinvolto in questa comunità, penso che possa essere determinante per la salvezza del pianeta in senso coevolutivo.

La cosa più importante che l’ayahuasca insegna è l’umiltà, io spero di esserlo e cerco di restarlo. Fondamentalmente ti mostra che non hai scuse per non essere umile perché sappiamo così poco e c’è un grande mistero del quale riusciamo appena a scorgere i contorni. Ora si sta sviluppando un grande interesse per i suoi usi terapeutici, per i suoi aspetti culturali, ecologici…ma in qualche modo tutto ciò forse elude la questione centrale: siamo in presenza di una intelligenza vegetale.

L’ayahuasca sceglie cosa farci vedere, in qualche modo è come un’ambasciatore presso l’umanità della comunità delle specie viventi, e sta cercando di svegliarci. Io penso sia questa la ragione della sua rapida espansione nel mondo,…antropomorfizzo, faccio sembrare questa pianta umana, capace di prendere decisioni, ma pensando all’influenza che sta avendo sulla società e sulla cultura globale, alcuni pensano che essa abbia una sua agenda, che intenzionalmente stia cercando di influenzare le varie istituzioni spingendole verso una determinata direzione…e io non sono affatto sicuro che questo non sia letteralmente vero.

Pensiamo di aver organizzato questa e altre conferenze sull’Ayahuasca e di aver dato vita a un movimento per la sua conoscenza e diffusione, ma probabilmente tutto ciò sta accadendo perché è la pianta che lo vuole. In un certo senso penso che noi tutti siamo semplicemente dei dipendenti, come degli impiegati al servizio delle piante.

Gli ultimi 50 anni hanno visto dei mutamenti incredibili nella relazione tra questa pianta e la nostra specie, 50 anni è un periodo di tempo molto breve se guardiamo a un processo coevolutivo che secondo qualcuno si può far risalire a 25 mila anni, questo sembra tanto tempo per noi, e lo è, ma nella scala dell’evoluzione è molto breve.

L’evoluzione lavora su una scala temporale molto più grande e lo stesso fa l’ayahuasca. La sua diffusione nella società umana è stato un processo molto rapido, pochi decenni, e io penso che in parte la ragione di ciò stia nel fatto che c’è una certa urgenza, da parte della comunità delle specie viventi, della biosfera, che si esprime attraverso l’ayahuasca come per dirci: ehi scimmioni, avete proprio bisogno di un bel colpo in testa per svegliarvi?!

L’ayahuasca sta trovando la sua strada per arrivare in ogni parte del mondo, in ogni società, in ogni tipo di cultura … c’è una persona a questa conferenza, viene dall’Iran, che ha ottenuto una fatwa da uno degli Imam, che autorizza i musulmani a usare l’ayahuasca. Anche questo può essere un catalizzatore per dare il via a un cambiamento, e dobbiamo cambiare in fretta, altrimenti non ci resteranno molti giorni…

Può già essere troppo tardi, ma questo non è un motivo per arrendersi, se non facciamo nulla è sicuramente troppo tardi. Non per la Terra, ma per noi umanità. Siamo una specie molto vorace, potremmo devastare il pianeta in modo che pochi potranno sopravvivere, ma forse è possibile imparare dagli errori commessi.

La lezione centrale impartita dall’ayahuasca è che siamo parte della natura, che la natura non è qualcosa da possedere o controllare, sfruttare o violentare, ma noi stiamo facendo esattamente questo.

E dobbiamo inoltre renderci conto che noi non siamo neppure gli amministratori, i custodi, della natura, nessuno ci ha conferito un ruolo del genere. Dobbiamo comprendere che non siamo separati dalla natura. Questo è il messaggio chiave che ci viene dall’ayahuasca.

Sono 2000 anni, almeno nella cultura occidentale, che la natura viene svilita. Il punto focale del cristianesimo e di tutte le religioni mediorientali è l’aldilà, non dare valore a questa vita, al corpo, al mondo, perché la ricompensa arriverà dopo la morte. È come il gioco delle tre carte, serve a ingannare la gente.

È meglio dire: se c’è un aldilà, bene, meraviglioso, vedrò come attraversare quella soglia quando sarà il momento, ma per ora cerchiamo di rendere la vita sulla Terra tanto meravigliosa quanto può esserlo.

La compassione per la gente, curare, imparare, l’amore per la natura, riscoprire la natura… questo è praticamente tutto quello che l’ayahuasca mi ha insegnato, ed è parecchio.

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