Le geografie sociali di Karawan Fest
Roma È in corso la dodicesima edizione della rassegna di commedie dal mondo. Un modo per entrare nello spirito del quartiere più multietnico della Capitale. Oltre le cronache allarmistiche e le narrazioni consolatorie
Roma È in corso la dodicesima edizione della rassegna di commedie dal mondo. Un modo per entrare nello spirito del quartiere più multietnico della Capitale. Oltre le cronache allarmistiche e le narrazioni consolatorie
Qualche mese fa, lo youtuber Cicalone, assurto poi alle cronache come esploratore delle periferie prima romane ora d’Italia, si è presentato di notte a Tor Pignattara, nella periferia orientale di Roma. Ne ha tratto un video inconsapevolmente comico: per tutto il tempo non succede assolutamente nulla, si vedono silenziose strade popolari, con le loro imperfezioni, ma che vengono narrate con toni allarmistici, musiche da suspence e tensione inutile dall’ex pugile convertitosi al reportage sociale in cerca di clic e visualizzazioni.
Per fortuna, per non lasciare la narrazione delle nostre città a chi con tutta evidenza non ha alcuna credibilità di strada al punto che quando esplora un luogo si comporta come se andasse allo zoo, si può attingere a risorse culturali ben diverse. Ad esempio, è cominciata lo scorso 3 luglio, ma prosegue fino a venerdì 12, la dodicesima edizione di Karawan, festival del cinema dedicato alle commedie in chiave interculturale. È più originale di un’arena estiva e più particolare di una semplice rassegna: si svolge a Tor Pignattara, il quartiere più multietnico della capitale, nel parco Sangalli all’ombra dell’acquedotto alessandrino. Merita almeno un passaggio perché è letteralmente un presidio di mescolanza e reciproca conoscenza, in un luogo presentato dagli organizzatori come laboratorio della città a venire. Ancora di più in questi giorni, in cui lo spazio pubblico del quartiere è al centro di tensioni e contraddizioni che la ricca rete sociale che anima dal basso questo quadrante di Roma sta affrontando con generosità e tenacia, in prima linea.
Quest’anno Karawan è dedicato alle «Geografie Sociali», con una selezione di otto lungometraggi in concorso provenienti da Egitto, India, Germania, Filippine, Francia, Romania, Sri Lanka e Bangladesh, tutti proiettati in lingua originale con sottotitoli in italiano, e altrettanti cortometraggi, sempre in concorso, dedicati al cinema d’animazione italiano.
«Il tema delle geografie sociali, completa il percorso avviato nel 2023 con geografie emotive – spiega la direttrice artistica del festival Carla Ottoni spiega in che consiste il focus di questa edizione – declinandolo al plurale e legandolo all’ambiente in cui si iscrivono le storie e i protagonisti che vedremo alternarsi sul grande schermo. Il cinema resta preziosa chiave di lettura di uno scenario in cui è sempre più complesso orientarsi, come una mappa da ricostruire dove spesso i pezzi non combaciano».
Il film di apertura Voy!Voy!Voy! Di Omar Hilal, era una black comedy egiziana basata su fatti realmente accaduti: un uomo in cerca di una svolta nella vita si fa passare per cieco per partecipare agli europei di calcio per non vedenti. Tra i selezionati c’è anche Shahid di Narges Shahid Kalhor, dramma politico che affronta anche con ironia la storia di una donna iraniana rifugiata in Germania.
Dilli Dark, opera prima di Dibakar Das Roy, è una satira sul razzismo e la demonizzazione degli stranieri in India. Arriva invece dallo Sri Lanka Tentigo di Ilango Ramanathan, nel quale una famiglia tradizionale si raccoglie intorno al patriarca appena deceduto. In A House Named Shahana di Leesa Gazi, dal Bangladesh una donna divorziata lotta per sopravvivere ai divieti e agli abusi imposti dalla società e dalla famiglia. Tutte storie che fanno ricorso allo humor e al sarcasmo, come forma disincantata eppure consapevole di vita e conoscenza, e che non sono mai consolatorie e nemmeno orientaliste.
Oltre gli stereotipi, non nascondono asprezze e contraddizioni. E in qualche modo esprimono la durezza e l’ironia che corre per le strade di Tor Pignattara, quartiere popolare che le cronache spicciole descrivono ora come una «polveriera» ora come una specie di paesaggio romantico ed esotico. Non è vera né una cosa né l’altra, ovviamente. È un posto nel quale i conflitti sono all’ordine del giorno ma in cui una comunità ampia e plurale si è messa in testa di affrontarli e dirimerli senza imboccare la scorciatoia del razzismo. «Karawan nasce a Tor Pignattara ed è come Tor Pignattara – confermano gli organizzatori – è contraddittorio per natura, mutevole per necessità».
Oltre ai film e i corti in concorso, il cartellone prevede due serate speciali: un tributo alla Palestina con il film Gaza mon amour, dei Fratelli Nasser, storia d’amore di due sessantenni decisi nonostante tutto a restare nella loro terra già presentata a Venezia nella sezione Orizzonti.
Ogni anno, inoltre, per rafforzare l’idea di scambio con la nuova gente del quartiere, Karawan festival propone anche un film italiano sottotitolato in bengalese. Questa volta si tratta del pluripremiato C‘è ancora domani di Paola Cortellesi, scelto dai partecipanti ai laboratori che si sono svolti presso i centri di insegnamento dell’italiano L2 del quartiere nell’ambito del progetto “Impariamo l’Italiano con il cinema” sostenuto dall’Otto per Mille della Tavola Valdese.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Il programma completo si trova qui.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento