Le famiglie degli ostaggi: negoziato ora. Netanyahu: la guerra deve continuare
Israele Inascoltata la richiesta dei parenti degli ostaggi, da venerdì in piazza. Rabbia per i tre uccisi da fuoco amico. Il premier intanto aumenta il budget ai coloni
Israele Inascoltata la richiesta dei parenti degli ostaggi, da venerdì in piazza. Rabbia per i tre uccisi da fuoco amico. Il premier intanto aumenta il budget ai coloni
A due settimane dal rilascio degli ostaggi israeliani si riapre la trattativa con Hamas per procedere a ulteriori scambi. Coinvolti, insieme alla Casa bianca, il ministro dell’intelligence egiziano e il primo ministro del Qatar, ma il negoziato si prospetta più complicato del precedente e soprattutto sembra richiedere più tempo del previsto.
Un tempo che gli israeliani non hanno, stando alle dichiarazioni degli ostaggi rilasciati nelle scorse settimane, e dei loro parenti che hanno messo in guardia sulle condizioni della prigionia e i rischi corsi minuto per minuto durante la permanenza a Gaza. Non solo scarsità di cibo e medicinali, o abusi fisici e psicologici inflitti loro dagli uomini di Hamas, ma anche ritorsioni da parte di locali e soprattutto rischi enormi connessi agli spostamenti a causa dei bombardamenti israeliani.
MA ANCHE tali avvertimenti sono disgraziatamente caduti nel vuoto e venerdì, mentre le sirene hanno ripreso a suonare anche a Gerusalemme, l’ennesimo «incidente» a Gaza, a Shujaiya, è costato la vita a tre ostaggi e fatto letteralmente esplodere la società israeliana.
Sopravvissuti a 70 giorni di prigionia, Yotam Haim (28 anni), Alon Shamriz (26) e Samar Talalka (22) sono stati uccisi per errore da «fuoco amico». Dall’inchiesta è emerso che i soldati, ritenendoli miliziani di Hamas, avrebbero violato il divieto di aprire il fuoco: erano disarmati, a torso nudo e reggevano una bandiera bianca parlando in ebraico.
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La Casa Bianca accetta i tempi di Netanyahu. Israele uccide tre ostaggiSe anche la statistica potesse spiegare un margine di errore in simili circostanze, nessuna scusa da parte dei vertici militari è servita a placare l’ira degli israeliani che si percepiscono vittime della maledizione di questo governo che non fa che collezionare omissioni ed errori fatali, a partire dal 7 ottobre, passando per l’uccisione dell’israeliano che ha freddato l’autore dell’attentato di Gerusalemme il 30 novembre.
Sostenuti nell’angoscia dai connazionali riversatisi a manifestare nelle strade di Tel Aviv già nella serata di venerdì, i familiari degli ostaggi, esasperati dal fatto che sia più facile ottenere udienza da Biden che dal gabinetto di guerra, hanno scagionato i soldati coinvolti nell’accaduto accusando di tutto il governo e intimando al gabinetto di prendere provvedimenti con una proposta concreta per il riscatto degli ostaggi entro ieri sera.
L’urgenza di velocizzare la trattativa, complice la pressione dell’opinione pubblica, è stata subito colta dal ministro della difesa Gallant che ha indetto una riunione con esponenti dell’intelligence e dell’esercito già ieri all’ora di pranzo.
COSÌ, IN ATTESA della riunione di gabinetto prevista per la serata, il consueto sabato sera israeliano si è fatto più caldo del solito, a Tel Aviv, dove alle 19.30 si è tenuta una grande manifestazione a sostegno delle famiglie, e nelle altre città del paese, in particolare a Cesarea dove si sono chieste le dimissioni di Netanyahu vicino alla sua residenza privata. Lui non ascolta.
Nell’attesa conferenza stampa di ieri sera ha ribadito: «Combattiamo una guerra per la sopravvivenza e dobbiamo continuare fino alla vittoria, nonostante la pressione internazionale e il prezzo alto che ci troviamo a pagare. La pressione militare è fondamentale anche per il ritorno degli ostaggi». Una nuova settimana sta per cominciare senza che si intraveda la fine del tunnel più buio della storia di Israele.
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Scambio, politica, assedio: le tre vie delle famiglie degli ostaggiDa settimane spettatore impotente della catastrofe umanitaria di Gaza, il mondo fatica a comprendere l’angoscia degli israeliani che vivono da dieci settimane in un inferno quotidiano dove, tra un funerale e l’altro, si percepiscono solo insicurezza, solitudine ed enormi interrogativi sul futuro che sembra ancora tutto in salita. E mentre secondo i sondaggi i consensi elettorali di Hamas non fanno che salire, la percezione che Netanyahu intenda protrarre questa guerra disgraziata solo per i propri tornaconti personali comincia a insinuarsi anche nelle coscienze di chi non vedeva alternativa all’offensiva di terra.
Nel frattempo, forse consapevole di avere le ore contate, il governo/dittatura non perde tempo, continua a destinare budget a ultraortodossi e coloni e, dopo aver inglobato le istituzioni religiose, prova a fidelizzarsi anche lo Shin Bet con una proposta di legge in totale violazione della privacy dei privati cittadini.
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