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Le famiglie degli ostaggi: negoziato ora. Netanyahu: la guerra deve continuare

Manifestazione dei parenti degli ostaggi a Tel Aviv (Foto Ap/Leo Correa)Manifestazione dei parenti degli ostaggi a Tel Aviv – Ap

Israele Inascoltata la richiesta dei parenti degli ostaggi, da venerdì in piazza. Rabbia per i tre uccisi da fuoco amico. Il premier intanto aumenta il budget ai coloni

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 17 dicembre 2023

A due settimane dal rilascio degli ostaggi israeliani si riapre la trattativa con Hamas per procedere a ulteriori scambi. Coinvolti, insieme alla Casa bianca, il ministro dell’intelligence egiziano e il primo ministro del Qatar, ma il negoziato si prospetta più complicato del precedente e soprattutto sembra richiedere più tempo del previsto.

Un tempo che gli israeliani non hanno, stando alle dichiarazioni degli ostaggi rilasciati nelle scorse settimane, e dei loro parenti che hanno messo in guardia sulle condizioni della prigionia e i rischi corsi minuto per minuto durante la permanenza a Gaza. Non solo scarsità di cibo e medicinali, o abusi fisici e psicologici inflitti loro dagli uomini di Hamas, ma anche ritorsioni da parte di locali e soprattutto rischi enormi connessi agli spostamenti a causa dei bombardamenti israeliani.

MA ANCHE tali avvertimenti sono disgraziatamente caduti nel vuoto e venerdì, mentre le sirene hanno ripreso a suonare anche a Gerusalemme, l’ennesimo «incidente» a Gaza, a Shujaiya, è costato la vita a tre ostaggi e fatto letteralmente esplodere la società israeliana.

Sopravvissuti a 70 giorni di prigionia, Yotam Haim (28 anni), Alon Shamriz (26) e Samar Talalka (22) sono stati uccisi per errore da «fuoco amico». Dall’inchiesta è emerso che i soldati, ritenendoli miliziani di Hamas, avrebbero violato il divieto di aprire il fuoco: erano disarmati, a torso nudo e reggevano una bandiera bianca parlando in ebraico.

Se anche la statistica potesse spiegare un margine di errore in simili circostanze, nessuna scusa da parte dei vertici militari è servita a placare l’ira degli israeliani che si percepiscono vittime della maledizione di questo governo che non fa che collezionare omissioni ed errori fatali, a partire dal 7 ottobre, passando per l’uccisione dell’israeliano che ha freddato l’autore dell’attentato di Gerusalemme il 30 novembre.

Sostenuti nell’angoscia dai connazionali riversatisi a manifestare nelle strade di Tel Aviv già nella serata di venerdì, i familiari degli ostaggi, esasperati dal fatto che sia più facile ottenere udienza da Biden che dal gabinetto di guerra, hanno scagionato i soldati coinvolti nell’accaduto accusando di tutto il governo e intimando al gabinetto di prendere provvedimenti con una proposta concreta per il riscatto degli ostaggi entro ieri sera.

L’urgenza di velocizzare la trattativa, complice la pressione dell’opinione pubblica, è stata subito colta dal ministro della difesa Gallant che ha indetto una riunione con esponenti dell’intelligence e dell’esercito già ieri all’ora di pranzo.

COSÌ, IN ATTESA della riunione di gabinetto prevista per la serata, il consueto sabato sera israeliano si è fatto più caldo del solito, a Tel Aviv, dove alle 19.30 si è tenuta una grande manifestazione a sostegno delle famiglie, e nelle altre città del paese, in particolare a Cesarea dove si sono chieste le dimissioni di Netanyahu vicino alla sua residenza privata. Lui non ascolta.

Nell’attesa conferenza stampa di ieri sera ha ribadito: «Combattiamo una guerra per la sopravvivenza e dobbiamo continuare fino alla vittoria, nonostante la pressione internazionale e il prezzo alto che ci troviamo a pagare. La pressione militare è fondamentale anche per il ritorno degli ostaggi». Una nuova settimana sta per cominciare senza che si intraveda la fine del tunnel più buio della storia di Israele.

Da settimane spettatore impotente della catastrofe umanitaria di Gaza, il mondo fatica a comprendere l’angoscia degli israeliani che vivono da dieci settimane in un inferno quotidiano dove, tra un funerale e l’altro, si percepiscono solo insicurezza, solitudine ed enormi interrogativi sul futuro che sembra ancora tutto in salita. E mentre secondo i sondaggi i consensi elettorali di Hamas non fanno che salire, la percezione che Netanyahu intenda protrarre questa guerra disgraziata solo per i propri tornaconti personali comincia a insinuarsi anche nelle coscienze di chi non vedeva alternativa all’offensiva di terra.

Nel frattempo, forse consapevole di avere le ore contate, il governo/dittatura non perde tempo, continua a destinare budget a ultraortodossi e coloni e, dopo aver inglobato le istituzioni religiose, prova a fidelizzarsi anche lo Shin Bet con una proposta di legge in totale violazione della privacy dei privati cittadini.

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