Internazionale

Le emissioni di Co2 di nuovo in aumento

Cop23 Riunione a Bonn della Conferenza Onu sul clima, sotto la presidenza delle isole Figi. Il consorzio Global Carbon Project denuncia: dopo 3 anni di stagnazione, le emissioni a effetto serra sono tornate a crescere (maggior responsabile la Cina). Il 12 dicembre summit a Parigi a due anni dall'Accordo del 2015. 15mila scienziati mettono in guardia: a rischio la vita sulla terra

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 14 novembre 2017

Domani sarà la giornata centrale, con gli interventi di numerosi leader politici (dal presidente francese Emmanuel Macron alla cancelliera Angela Merkel e Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu), della Cop23, che si tiene fino al 17 novembre a Bonn, ma sotto presidenza delle isole Figi (la Germania è ospite, perché il piccolo stato insulare non ha le capacità finanziarie per far fronte all’appuntamento). Il 12 dicembre, la Francia ospita un summit mondiale, per ricordare i due anni dalla firma dell’Accordo di Parigi alla Cop21 (Donald Trump non è stato invitato, gli Usa si sono autoesclusi dal rispetto dell’impegno preso nel 2015). 196 paesi hanno ratificato l’Accordo.

A Bonn vengono discusse le regole collettive per l’applicazione dell’Accordo di Parigi, che aveva come impegno principale il mantenimento del riscaldamento climatico entro i 2°. Ma a due anni dalla firma solenne a Parigi, i dati non sono incoraggianti. Ieri, il consorzio scientifico Global Carbon Project ha diffuso un bilancio inquietante: le emissioni di Co2 sono aumentate del 2% quest’anno rispetto al 2016, dopo tre anni di stagnazione. Il principale responsabile della brutta notizia è la Cina, con un aumento del 3,5% di emissioni di gas a effetto serra, conseguenza di una crescita economica vivace (che sfiora il 7%), con crescita di consumo di carbone, petrolio e gas. La Cina è il primo responsabile di emissioni a gas effetto sera, seguito dagli Usa e dalla Ue (la Germania, da sola, è al sesto posto). Dietro la Ue, ci sono Russia e Giappone. Nella Ue, la Germania è in testa, seguita da Gran Bretagna, Italia e Francia (che ha anch’essa aumentato le emissioni quest’anno). Eppure, la correlazione tra crescita economica e emissioni di Co2 non è sembrava ineluttabile: tra il 2007 e il 2016, una ventina di paesi, che rappresentano un quinto delle emissioni mondiali, sono riusciti a crescere senza aumentare il Co2. Secondo un rapporto del Pnue (Programma Onu per l’ambiente), gli impegni presi dai paesi sono insufficienti per rispettare l’Accordo di Parigi, se si continua come adesso la temperatura potrebbe aumentare di 3° entro fine secolo. Nel prossimo futuro, se non viene invertita la rotta, l’umanità va verso disastri enormi, tra minacce di carestie, conflitti, epidemie, mancanza d’acqua, tutti elementi che si tradurranno in un aumento dei rifugiati (climatici).

Ma cambiare strada è difficile. I paesi industrializzati non hanno ancora messo in atto gli impegni presi nel 1997, nel Protocollo di Kyoto (la Ue, che pretende di porsi alla testa della lotta al riscaldamento climatico per il momento non ha ancora ratificato la seconda fase del Protocollo, per il periodo 2013-2020). Il braccio di ferro è sui finanziamenti. A Bonn devono essere fatti ulteriori passi avanti nella semplificazione delle varie strutture esistenti: deve essere avviato un “dialogo di facilitazione”, per colmare il fossato troppo grande che esiste tra l’emergenza ambientale e l’azione. Tutte le linee di finanziamento dei vari fondi dedicati al clima, che corrispondono alle grandi convenzioni internazionali del passato (sul cambiamento climatico, la lotta alla desertificazione, per la biodiversità ecc.) devono convergere nel Fondo Verde, che ha una gestione molto inclusiva (governi, paesi in via di sviluppo, ong). A Copenaghen, nel 2009, era stata evocata la cifra di 100 miliardi di dollari da destinare all’adattamento e alla lotta al degrado ambientale, una cifra considerata oggi molto lontana dai bisogni, valutati intorno ai 600 miliardi l’anno nel mondo. Ma la realtà dei finanziamenti è distante anni luce: per ora, il Fondo Verde ha “impegnato” (cioè deciso in quale direzione stanziare i soldi) solo 2,6 miliardi, anche se in cassa ci sono maggiori riserve. Tra l’altro, la Cina, maggior responsabile per il Co2, resta fuori dal Protocollo di Kyoto, perché nel 1997 era considerata paese “emergente” e gli impegni riguardavano allora solo gli industrializzati.

Come nel 1992 (vertice di Rio), ieri 15mila scienziati di 184 paesi hanno diffuso un “secondo avvertimento” all’umanità, che sta spingendo “gli ecosistemi al di là delle loro capacità a mantenere il tessuto della vita”. Tutti gli indicatori sono peggiorati, allertano gli scienziati nel rapporto pubblicato dalla rivista BioScience, e “il peggio è che non si vede l’uscita dal tunnel”.

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