Sarà il voto che (stando ai sondaggi) farà volare verso il terzo mandato il governatore Stephan Weil, soprannominato il «Superman della Spd», e anche il primo vero test della tenuta politica del cancelliere Olaf Scholz un anno dopo la sua elezione.

Ma saranno soprattutto le «elezioni del gas» nello Stato della Volkswagen, il quarto Land della Repubblica federale in cui la crisi energetica ha già eroso il Pil che prima della guerra in Ucraina era pari al 110% della media Ue.

COMUNQUE, IL RISULTATO sarà un’ottima cartina di tornasole per misurare il «Germany First» appena annunciato da Berlino con il bazooka da 200 miliardi di euro di aiuti pubblici.

Questa mattina si aprono le urne della Bassa Sassonia: ai seggi, 6 milioni di tedeschi chiamati a rinnovare il Parlamento locale attualmente guidato dalla Grande coalizione.

Sulla carta politicamente sembra tutto scritto: l’ultima rilevazione restituisce la Spd al 33% e la Cdu al 28% con i Verdi a quota 16%.

Abbastanza per archiviare la vecchia alleanza social-democristiana sul modello Merkel e aprire al nuovo governo tra socialisti e ambientalisti.

Sempre se i Verdi saranno stati in grado di spiegare agli elettori la retromarcia del vice-cancelliere Robert Habeck sull’energia pulita: ad Hannover in campagna elettorale è stata la prima sfida per Julia Willie Hamburg e Christian Meyer, candidati-premier dei Grünen.

Ma sarà anche un voto-chiave per la Linke il cui consenso due giorni fa era stimato fra il 3,5 e il 4%, un punto in meno del partito liberale.

L’economia del Land dipende sempre dagli operai dell’automotive, dei cantieri aero-navali e del settore petrolchimico, ma la Bassa Sassonia è destinata anche a diventare a tempo di record il primo polo dell’industria energetica tedesca: dopo lo smantellamento del Nordstream e la militarizzazione del Baltico il governo Scholz sta puntando tutto sui terminal-offshore della Bassa Sassonia affacciati sul ben più sicuro Mare del Nord. Significa migliaia di posti di lavoro ma anche una marea di problemi ambientali e salariali tutti ancora da risolvere.

I FASCIO-POPULISTI di Afd, invece, oggi proveranno a raccogliere il frutto del caro-bollette cavalcato anzitutto nel recinto dei grandi allevatori concentrati nel Sud del Land. L

a campagna sassone è lontana anni-luce dalle fabbriche di Wolfsburg, eppure il partito rimane inchiodato al 10% nei sondaggi (come cinque anni fa) e finché vige il cordone sanitario che vieta ai partiti democratici qualunque alleanza con Afd, è destinato all’opposizione perenne.

IN COMPENSO CHI da sempre governa la Bassa Sassonia senza bisogno di voti è il Gruppo Volkswagen, maggiore datore di lavoro nello Stato con i suoi cinque stabilimenti.

Il gigante dell’automotive con il 20% del capitale in mani pubbliche è schiacciato dal costo dell’energia quanto dalla feroce concorrenza di Tesla che nella «Gigafactory» del confinante Brandeburgo produce con costi quasi cinesi.

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In più mancano i microchip delle fabbriche ucraine oggi sotto il fuoco russo mentre comincia a pesare davvero sul bilancio il maxi-rincaro delle materie prime.

SONO QUESTI I NODI da sciogliere dentro le urne per il Parlamento di Hannover. Nonostante il segretario Cdu, Friedrich Merz, traduca il voto di oggi con «la possibilità pratica di dare una lezione alla Coalizione Semaforo incapace di garantire la sicurezza energetica alle famiglie tedesche».

Gioca la carta della paura, la stessa che 24 ore prima delle elezioni ha accompagnato l’inquietante sabotaggio delle linee ferroviarie nel Nord della Germania: «un atto premeditato» a sentire la ministra dell’Interno, Nancy Faeser.