Le crisi del Pd e della sinistra chiedono di ricostruire una prospettiva politica
Crisi della sinistra I risultati elettorali dicono che l’assenza di ogni pensiero apre la strada al successo, la massa non aspetta che sentirsi dire questo poiché in questa assenza è stata formata
Crisi della sinistra I risultati elettorali dicono che l’assenza di ogni pensiero apre la strada al successo, la massa non aspetta che sentirsi dire questo poiché in questa assenza è stata formata
Siccome quando Matteo Renzi fu eletto segretario del Pd a furor di “popolo” (primarie del….), io mi azzardai, a dire che il candidato eletto appariva chiaramente inadeguato al compito che aveva tenacemente richiesto e conquistato, e nell’occasione azzardai anche qualche dubbio sull’opportunità dell’utilizzo dello strumento delle primarie anche per le specifiche questioni riguardanti la struttura di un partito (anticipo di “populismo” anche quello?); e siccome nel corso della sua opera di presidente del consiglio e di segretario di partito mi è accaduto di nominarlo su queste colonne come «Mister Catastrofe»; credo di essere autorizzato a dire oggi che quanto è accaduto con questo risultato elettorale è la conseguenza logica e inevitabile della logica e della natura dell’intero percorso. Anche in politica, e anche oggi (stagione d’imprevediblità), quel che accade continua a essere la conseguenza naturale di quel che è accaduto; e se ce lo dimentichiamo sono guai.
SE MAI, SI PUÒ esprimere perplessità sul fatto che il gruppo dirigente del Pd non abbia trovato la forza d’interrompere prima questo percorso catastrofico. Anche la scissione di LiberieUguali, peraltro inevitabile e ragionevole, ne rappresenta una testimonianza: chi non accettava se n’è andato, non ha avuto la forza, non ha trovato il modo di cambiare.
Oggi le dimissioni di Renzi vanno considerate immediatamente valide: non c’è tempo né modo di rimandarne gli eventuali, anche se problematici, esiti positivi. Non manca nell’attuale gruppo dirigente del Pd un gruppo di nomi in grado di costituire un direttorio, allo scopo di promuovere un’auspicabile, anche se, ripeto, problematica, transizione. I primi che verrebbero in mente a chiunque sono quelli di Del Rio, Franceschini, Gentiloni, Martina, Orlando; ora, a quanto sembra, Calenda; ma certamente, io penso, soprattutto nelle periferie del partito ce ne sono altri, e altre.
PER FARE COSA? Certamente non per andare al governo, in qualsiasi forma questo oggi si possa contemplare. Al governo è giusto e corretto che vadano i vincitori, se ne sono capaci. Gli sconfitti vanno senza ombra di dubbio all’opposizione, e da lì, se ne sono capaci, riprendono la strada. Così in articulo mortis (in senso figurato, s’intende), anche «Mister Catastrofe» ha detto una cosa giusta, anche se lui l’ha detta per prolungare l’agonia, per rimandare l’uscita di scena: motivo di più per toglierlo di mezzo subito.
PER RIPARTIRE, – perché di questo si tratta, – bisogna però chiarire subito e definitivamente una faccenda: e cioè se il Movimento 5Stelle possa esser considerato un interlocutore attendibile di un possibile, autentico partito o movimento di centro-sinistra. Il Movimento 5Stelle rappresenta, – che strano, lo abbiamo detto tutti fino a poco tempo fa, ora per la banale conquista di un 30% elettorale molti si sentono autorizzati a cambiare opinione?, – l’essenza più pura e rappresentativa, – proprio da qui, appunto, l’attuale successo elettorale, – della sconfitta della “politica” a livello nazionale italiano. Il fatto che il più grande successo sia stato conseguito al Sud, dove le strutture della rappresentanza e del potere, e dunque della “politica”, sono sempre state più fragili che altrove, ne rappresenta un ulteriore testimonianza, non un segnale positivo, ma un’aggravante.
IL SUCCESSO glielo abbiamo consegnato noi, – vedi il renzismo, – non è nato consapevolmente e originalmente da solo. Se si ignora questo, e ci si allea con i 5Stelle, tempo due anni, e il Pd si scioglie in quello, cioè nella preclara Ditta Grillo-Casaleggio-Di Maio. Leggo che Grillo ha dichiarato in questi giorni: «Noi siamo dentro democristiani, un po’ di sinistra e un po’ di centro. Possiamo adattarci a qualsiasi cosa, quindi vinceremo sempre noi, sul clima, sull’ambiente, sulla terra». Cioè: l’assenza di ogni pensiero apre la strada al successo. E’ vero: la massa non aspetta che sentirsi dire questo, poiché l’assenza di ogni pensiero (per responsabilità anche nostra, certo) l’ha formata così.
E ALLORA, che fa il Pd all’opposizione? Ricostruisce quello che è venuto meno in questi anni, e ha consentito il risultato elettorale da cui siamo partiti per questo ragionamento.
Cos’è mancato? E’ mancato nel quadro politico italiano, – e questo mi pare indubitabile, quale che sia il giudizio positivo o negativo da formulare sul fenomeno, – una chiara, persuasiva, convincente, nutrita di argomenti e di fatti, prospettiva di centro-sinistra. Può sopravvivere e avanzare un paese dell’Europa sviluppata e moderna, nelle attuali, condizioni critiche globali, senza una prospettiva di centro-sinistra?
LA STORIA ORMAI parla chiaro: dove non c’è dilaga quello che più o meno propriamente viene definito “populismo”. Questa prospettiva c’è stata in Italia? No, per niente, perché la politica del Pd, ammiccante a destra e come sospesa sul limbo di una sorta d’infantile autonomia politico-ideologica, non se n’è curata, anzi, l’ha impedita.
Perché dico centro-sinistra e non puramente e semplicemente sinistra, come forse ci si aspetterebbe? Perché la sinistra può avere un ruolo importante, anzi, per certi versi decisivo, se accetta di partecipare a questo gioco. Naturalmente, se accettasse di giocarlo; se non accettasse sarebbe un altro disastro. Se accettasse di giocarlo, sarebbe estremamente importante, in presenza delle attuali difficoltà interne al Pd, che dichiarasse apertamente subito, o almeno i1 prima possibile, di volerlo giocare.
MA BISOGNA in ogni caso accettare e riconoscere che questo gioco, – un gioco fortemente riparatore e risarcitorio, non puramente difensivo, – si svolge nel quadro strategico, – strategico, ripeto, – di un centro-sinistra italiano ed europeo.
Ora, è ovvio che in Italia senza Pd non si può ricostruire una prospettiva di centro-sinistra. Da qui l’importanza che assumeranno le scelte, nei prossimi giorni e settimane, da parte del gruppo|dirigente di quel partito. Sto parlando intenzionalmente di “tempi politici”, attuali, anzi attualissimi. Se decidessimo di ragionare su “tempi storici”, forse la meditazione e la proposta potrebbero essere diverse. Ma chi con noi avrebbe voglia di farlo?
Un’ultima cosa: e se, oltre a tutto il resto, si aprisse un dibattito politico-intellettuale comune su forme, contenuti, strumenti, dislocazioni e proiezioni sociali, di un’eventuale prospettiva di centro-sinistra, riportata qui in Italia, certo, ma con uno sguardo all’Europa? Non era tradizione della sinistra (più o meno, in gradazioni diverse, qualsiasi sinistra), coniugare il dibattito politico con quello culturale? Da quanti anni questo non accade più?
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