Le casse dell’Unrwa sono quasi vuote
Israele/Palestina Intervista a Scott Anderson, direttore dell'agenzia Onu a Gaza: «Abbiamo chiesto un miliardo di dollari, per ora siamo finanziati solo al 25%. Senza la nostra agenzia tanti civili palestinesi soffrirebbero ancora di più»
Israele/Palestina Intervista a Scott Anderson, direttore dell'agenzia Onu a Gaza: «Abbiamo chiesto un miliardo di dollari, per ora siamo finanziati solo al 25%. Senza la nostra agenzia tanti civili palestinesi soffrirebbero ancora di più»
Il Premio Nobel per la pace è andato a Nihon Hidankyo. Però Toshiyuki Mimaki, leader dell’associazione giapponese per il disarmo nucleare, accettando il riconoscimento, ha voluto ricordare i bambini sotto le bombe nella Striscia e affermato di aver creduto che «le persone che lavorano così duramente a Gaza» avrebbero ricevuto il Premio, riferendosi all’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi che era stata anch’essa candidata.
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Un Nobel contro l’atomicaL’assegnazione del Nobel all’Unrwa era improbabile alla luce della campagna durissima che il governo Netanyahu sta facendo contro la storica organizzazione umanitaria che accusa di collusione con Hamas poiché nove dei suoi dipendenti palestinesi, su un totale di 13mila, hanno preso parte all’attacco del 7 ottobre 2023 nel sud di Israele. L’Unrwa presto potrebbe essere dichiarata una «organizzazione terroristica» se la Knesset approverà in via definitiva alcune proposte di legge. Abbiamo intervistato Scott Anderson, direttore dell’agenzia a Gaza.
Quanto è stata importante la candidatura dell’Unrwa al Nobel per la pace?
È stato un onore essere nominati per un premio così prestigioso e faccio le congratulazioni a una associazione che lavora per un mondo libero dalle armi nucleari, una causa che merita ogni rispetto. La candidatura dell’Unrwa senza dubbio è stata importante, non tanto per noi dell’agenzia quanto per le persone che cerchiamo di assistere al meglio. Siamo ancora più motivati a continuare il nostro lavoro.
Rinnovate l’impegno per i profughi palestinesi ma ci sono progetti di legge alla Knesset israeliana che, se approvati, avrebbero effetti devastanti per la vostra agenzia e il compito che svolge.
In quel caso avrebbero riflessi molto gravi per la gente di Gaza. Senza di noi tanti soffrirebbero ancora di più. Mi preoccupa inoltre quanto quelle leggi in esame potrebbero significare per il sistema multilaterale a livello globale. Noi non abbiamo alcun controllo su questo e personalmente cerco di concentrarmi su ciò che stiamo facendo qui ogni giorno e di prendermi cura delle persone.
È a rischio anche il vostro storico quartier generale a Gerusalemme?
Al momento sono solo speculazioni. Non ho visto il testo effettivo (della legge) che è stato approvato solo in prima lettura. Ma sembra che sia quello ciò che (in Israele) stanno cercando di realizzare.
Quali sono le restrizioni principali attuate dalle autorità militari israeliane a Gaza con cui l’Unrwa già fa i conti da tempo?
Abbiamo difficoltà a coordinare il passaggio (dentro Gaza) di attrezzature e la nostra capacità di importare gli aiuti per la popolazione è limitata, il che rende difficile rispondere in modo adeguato alle esigenze della popolazione. A parte questo, penso che dovremmo tutti concentrarci su come prenderci cura al meglio dei civili a Gaza, sperare che il conflitto finisca presto e che tutti possano tornare a casa, compresi gli ostaggi israeliani.
Più parti, a cominciare dal segretario generale dell’Onu Guterres, sono intervenuti a difesa dell’Unrwa e contro le intenzioni di Israele. È sufficiente questo aiuto?
Più aiuto c’è e meglio sarà. Ritengo che un passo decisivo per uscire fuori da questa situazione sia che la comunità internazionale riesca a produrre al più presto un cessate il fuoco e che la guerra abbia fine. Tuttavia, a parte le questioni politiche, l’Unrwa ha problemi di fondi. Come sapete alcuni donatori li avevano tagliati, poi per fortuna sono tornati. È un bene ma la raccolta dei fondi comunque resta una questione critica. Abbiamo chiesto un miliardo di dollari, per ora siamo finanziati solo al 25%. Incoraggeremmo tutti gli Stati membri (dell’Onu) a garantire le risorse finanziarie necessarie per farci fare del nostro meglio a favore di chi ha bisogno del nostro aiuto.
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