Politica

Il carcere nei programmi dei partiti: zero o poco più

Il carcere nei programmi dei partiti: zero o poco più

Il confronto con le forze politiche indetto dai Garanti territoriali per le persone private della libertà, alla presenza del Garante nazionale Mauro Palma e del capo del Dap Carlo Rinoldi

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 17 settembre 2022

In questi venti giorni di campagna elettorale, il tema delle carceri è entrato timidamente nel discorso pubblico, rimanendone perlopiù ai margini. Ha tentato di colmare questa mancanza la conferenza indetta dai Garanti territoriali per le persone private della libertà, che ha visto la partecipazione di diversi esponenti dei principali partiti. Se tutti hanno parlato di dignità dei detenuti, diverse sono state le risposte al tema.

A fronte della situazione degli istituti penitenziari fotografata dal Garante nazionale Mauro Palma – che registra 56 mila presenze a settembre contro le 54 mila di giugno i rappresentanti di Azione-Italia Viva, Pd e +Europa vedono nel ricorso a misure alternative e depenalizzazione per i reati minori una soluzione al sovraffollamento. Federico Mollicone di FdI ha contrapposto, invece, l’idea di un protocollo d’intesa tra Stati, per contenere il numero di detenuti stranieri nelle carceri italiane – 20 mila a detta del deputato, ma 17mila secondo i dati. Un progetto complementare a un piano di nuova edilizia, volto a dismettere e riqualificare edifici storici – come il milanese San Vittore o il Regina Coeli a Roma – e sostituirli con strutture moderne. Su questo punto è arrivata una piccola apertura da parte di Mauro Palma, che si è detto non «totalmente restio a considerare la questione», insistendo però sulla necessità di unire adeguatezza delle strutture e senso appartenenza, spesso negato dalle nuove carceri dislocate ai margini delle città.

Mollicone ha parlato anche dell’insufficienza di personale di polizia penitenziaria e delle conseguenti ripercussioni sul benessere psico-fisico degli agenti e sulla capacità di sorveglianza della popolazione detenuta. Un tema, quello della carenza di organico e dei salari che, ha attaccato Anna Rossomando del Pd, viene ripreso ogni qual volta si «voglia solleticare il mondo degli agenti penitenziari, senza ricordare che i responsabili dei tagli sono i governi di destra e centrodestra».

Anche il segretario Pd Enrico Letta ha parlato ieri di carcere in occasione della visita alla cooperativa Giotto di Padova, che offre lavoro e occasioni di reinserimento ai detenuti: «Per noi il tema delle carceri entra prepotentemente nella campagna elettorale. Lo vogliamo fare entrare a partire da questa visita. Il mondo del carcere è in modo sbagliato associato a quello della sicurezza. Il mondo del carcere è un mondo rispetto al quale la questione fondamentale è quello del reinserimento, per evitare che nel nostro Paese ci sia questo record di recidivi e di suicidi in carcere. E’ una realtà della quale il sistema pubblico si deve occupare, non deve essere l’ultima priorità».

Durante l’incontro organizzato dai garanti territoriali, Stefania Ascari, deputata per il M5S, ha insistito sulla sicurezza e ha messo l’accento sulla lotta all’ingresso di materiale «illecito» in carcere – da cellulari, fino ad armi e droghe – e sulla permeabilità del 41bis. Già in passato il Movimento si era dichiarato contrario all’estensione di colloqui via Skype all’interno di queste sezioni; adesso, ha riferito Ascari, «abbiamo scoperto che i detenuti possono farsi una foto all’anno, che viene poi repostata sui social per inneggiare alla criminalità organizzata.»

Riccardo Magi, presidente di +Europa, ha ricordato la necessità di una riforma costituzionale sugli articoli 72 e 79 in materia di concessione di amnistie e indulto, che ad oggi il parlamento può difficilmente approvare a causa del necessario raggiungimento di «un quorum irragionevole, superiore a quello che serve per modificare la Costituzione». Magi ha poi attaccato la proposta di riforma dell’art. 27, presentata nell’ultima legislatura a prima firma Giorgia Meloni, volta ad arginare le «finalità di risocializzazione della pena», che ha definito «dal contenuto eversivo».

È di Fiammetta Modena (FI), invece, l’unico accenno alla Giustizia riparativa, presentata come una «conquista culturale» contro il «populismo penale» e trasformata in bandiera di partito.

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