Internazionale

Le bombe sulla Striscia non danneggiano gli Accordi di Abramo

Le bombe sulla Striscia non danneggiano gli Accordi di Abramo

La tregua promessa Tra le monarchie del Golfo e Tel Aviv l’alleanza da strategica diventa anche ideologica

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 21 maggio 2021

Il conflitto tra Israele e Hamas e l’offensiva aerea contro Gaza si sono rivelati il primo banco di prova per l’Accordo di Abramo, la normalizzazione di rapporti tra Israele e quattro paesi arabi – Emirati, Bahrain, Marocco e Sudan – avvenuta lo scorso anno grazie alla mediazione (e alle pressioni) della passata Amministrazione americana.

Le reazioni fredde di Abu Dhabi e Manama ai bombardamenti aerei su Gaza rivelano che la normalizzazione con lo Stato ebraico si è già trasformata in una alleanza ideologica oltre che strategica. Sudan e Marocco invece si confermano partner più marginali all’interno del patto siglato lo scorso anno.
«Se i palestinesi si aspettavano che il conflitto avrebbe danneggiato gli accordi di pace tra Israele e gli Emirati e gli altri paesi arabi, allora quelle speranze sono state deluse», ha scritto il giornale israeliano online Globes. Un’analisi corretta se si considera, ad esempio, l’atteggiamento del ministro degli esteri degli Emirati, Abdullah bin Zayed che, dopo aver blandamente espresso la sua preoccupazione per il conflitto – ma non per l’attacco israeliano contro Gaza -, non ha saputo far altro che sottolineare l’importanza degli accordi di Abramo «nella creazione di un futuro migliore per le nuove generazioni».

Nei social la tendenza più diffusa è stata la critica ad Hamas, considerato nel Golfo – ad eccezione del Qatar – un movimento terrorista perché legato ai Fratelli Musulmani. Gli attacchi si sono concentrati sui leader di Hamas, Ismail Haniyah e Khaled Mashal, descritti come nababbi che si godono la vita in ville lussuose a Doha. In una vignetta i due sono rappresentati – uno in una Mercedes di lusso e l’altro in una sala fitness – con un drink in mano e che fanno il segno della vittoria. La didascalia sotto dice: «Vivono nelle comodità e nell’abbondanza e mandano gli abitanti di Gaza a morire per loro». Negli ultimi giorni, di fronte all’elevato numero di morti civili a Gaza, il tono ostile dei giornali degli Emirati, in particolare di Al Khalije, nei confronti dei palestinesi si è attenuato e negli editoriali sono comparsi appelli al cessate il fuoco. I media sauditi qualche critica l’hanno rivolta anche a Israele, ma senza eccedere, e hanno puntato il dito contro Hamas, storico nemico della casa regnante Al Saud.

A simboleggiare la nuova alleanza tra le monarchie sunnite e Israele è stata anche la decisione delle compagnie aeree degli Emirati di continuare a volare da e per Israele, nonostante i lanci di razzi da Gaza in direzione dell’aeroporto di Tel Aviv, e di non seguire le compagnie aeree americane ed europee che hanno interrotto i voli.

Sempre secondo Globes sta riscuotendo grande interesse nel Golfo il sistema di difesa antimissile israeliano Iron Dome – che, sostiene Tel Aviv, ha abbattuto in questi giorni buona parte dei razzi sparati dai palestinesi – e che i paesi arabi «amici» seguono con interesse le «prestazioni» delle varie armi usate contro Gaza.

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