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Lazio, una volta qui era tutto «campo largo»

Lazio, una volta qui era tutto «campo largo» – Ansa

Elezioni regionali Cinque candidati alle regionali del 12 e 13 si confrontano su programmi e prospettive della diaspora della sinistra

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 9 febbraio 2023

Domenica e lunedì prossimi si vota nel Lazio. Com’è ormai noto, la Regione che aveva espresso una maggioranza larga, che andava dai renziani al M5S passando per le sinistre e il Pd, ha finito per rompersi. Diversi candidati della società civile e della sinistra hanno finito per ritrovarsi nei due schieramenti che proveranno a fermare l’ascesa delle destre. Abbiamo interpellato alcuni di loro per capire come hanno agito in questo scenario. Cominciamo da Marta Bonafoni, che è stata capogruppo della lista civica di Nicola Zingaretti e si ricandida con la lista civica che sostiene D’Amato. «Ho provato a interpretare questa campagna elettorale come ho attraversato questi anni: all’ascolto dei territori e delle migliori pratiche sociali di Roma e del Lazio – racconta Bonafoni – Con poche risposte precostituite e la consapevolezza di una sfida difficilissima: la crisi che morde, una destra reazionaria al governo, la sinistra divisa».

DAL «POLO PROGRESSISTA» che sostiene Donatella Bianchi col M5S interroghiamo la candidata Tina Balì, che viene dalla segreteria nazionale della Flai Cgil. «Credo che essere di sinistra significhi ascoltare le problematiche dal basso – afferma – Solo questa pratica di ascolto ci consente di produrre proposta politica. La sinistra è stata troppo amministrativa e poco politica». Claudio Marotta si presenta nella lista Verdi e Sinistra, anche lui nella coalizione che sostiene D’Amato. «È oramai chiaro che esiste un solo per modo per spezzare il disincanto e la disillusione del popolo del centrosinistra, ed è quello di riattivare una dimensione collettiva – dice Marotta – Non più il singolo ma la comunità. Non più proposte indistinte, ma radicali. Per questo abbiamo fatto una campagna elettorale che ha dato voce alle vertenze e alle progettualità collettive che attraversano i conflitti. Dall’eutanasia legale, alla legalizzazione della cannabis per scopi ludici, dall’internazionalismo, alle comunità energetiche, dal reddito per il cittadino in formazione, all’istituzione di una Agenzia sociale per la casa. Insomma, un profilo identitario che avrà nel prossimo consiglio regionale, comunque finiscano queste elezioni, un possibilità di battaglia e visibilità». Luca Bergamo, ex vicesindaco di Roma e assessore alla cultura al tempo di Virginia Raggi, si candida nel centrosinistra con Demos, lista civica vicina considerata vicina alla comunità di Sant’Egidio. «Per me essere di sinistra significa impegnarsi per combattere le disuguaglianze e riconoscere a ciascuno i medesimi diritti e opportunità – premette Bergamo – Farlo negli schieramenti dati ha sempre significato cercare di influenzarne i comportamenti, affinché i valori che sono nella Costituzione o nella Dichiarazione universale dei diritti umani siano affermati e anche per assicurarsi che la comunità larga di persone che si riferiscono a questi valori si confronti, dialoghi, cerchi di capire piuttosto che competere per ragioni di tatticismo o talvolta addirittura per personalismi».

POI C’È ALESSIO Pascucci, che dopo essere stato giovane sindaco di Cerveteri prova l’avventura delle Regionali con Sinistra Verde. «La sinistra parte dai territori, la rivoluzione viene dal basso e dalle competenze – dice Pascucci – Un amministratore locale che ha fatto il cursus honorum può scardinare un certo tipo di meccanismo. A Cerveteri abbiamo fatto cose come le unioni civili o aperto una spiaggia libera per disabili. Sono esperienze da replicare. E poi credo che abbiamo bisogno di una sinistra libera da condizionamenti di correnti e controcorrenti per lasciare spazio a chi, come me, ha la vocazione alla giustizia sociale e ambientale».

DA QUI ARRIVIAMO alla seconda domanda posta agli interlocutori di questa immaginaria assemblea della diaspora a sinistra. Come vi immaginate il futuro prossimo, all’indomani del voto laziale? «Sicuramente aver proposto un simbolo unitario tra verdi e sinistra ci spinge a rafforzare il processo di opposizione sociale e culturale al governo Meloni – scandisce Marotta – Ma serve anche lo sforzo di attrezzare una proposta politica alternativa e oppositiva che apra le porte al protagonismo di quella miriade di esperienze di base che già oggi praticano resistenza nel paese. Questo è l’impegno che prendiamo come verdi e sinistra». Bonafoni parla della necessità di ricostruire quasi da zero. «Ora siamo impegnati a vincere queste elezioni e a non riconsegnare il Lazio alla stessa destra che lo aveva sfasciato – sostiene – Il dopo, dovrà vedere necessariamente un surplus di politica e una sinistra totalmente rinnovata. Al di là delle percentuali di questo o quel partito, mi pare evidente che il campo progressista sia ormai imploso. Vincere nel Lazio segnerebbe un punto a favore proprio di questa ricostruzione, che in ogni caso non è più rimandabile».

BERGAMO PONE l’accento sull’ascolto reciproco. «Sarà necessario parlare, ascoltare e cercare di assumere insieme posizioni su tante materie in cui esiste una convergenza di fondo, che ci troviamo al governo come spero o che siamo all’opposizione – spiega – Bisognerà confrontarsi sul senso di essere di sinistra in questo tempo nel nostro paese e più in generale nel mondo, con un senso di umiltà e di limite rispetto alla grandezza delle sfide che ci troviamo davanti come specie e come civiltà». Balì non dispera che il cosiddetto «campo largo» possa ritrovarsi. «Credo che si debba avere sempre l’obiettivo di trovare unità – sostiene – Da costruire sul merito, ci sono temi prioritari sui cui bisogna essere più netti altrimenti la gente non ci capisce. Bisogna definire obiettivi comuni. Se poi dovesse vincere la destra bisognerà partire dai grandi temi: lavoro dignitoso, disuguaglianza, sanità pubblica e come delineiamo la transizione ecologica».

«SONO UN elettore di sinistra – racconta invece Pascucci – Ho sempre dovuto votare accontentandomi. La sinistra va rifondata raccogliendo innanzitutto la voce di chi oggi non vota. Siamo di fronte a una crisi forte idei partiti tradizionali e nonostante questo non parlano la lingua dei nostri cittadini. Ecco: non credo che cambieranno da soli bisogna fare la rivoluzione costruendo un soggetto che ci dia casa e che non ci faccia più votare soltanto accontentandoci».

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