La Commissione ha presentato ieri una proposta di Regolamento per bandire dai mercati europei i prodotti fabbricati con ricorso al lavoro forzato. Adesso su questo testo ci vorrà un’intesa tra Europarlamento e Consiglio (entro fine anno) per l’entrata in vigore nel 2025. Era una promessa che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva fatto un anno fa. A febbraio c’era già stata una proposta di Direttiva, per imporre un dovere di vigilanza alle imprese sulle importazioni.

Il Regolamento europeo sarà diverso dalla legge Usa, entrata in vigore a giugno, che bandisce dai mercati statunitensi l’importazione di alcuni prodotti (cotone, componenti dei pannelli solari ecc.), prodotti nello Xinjiang, dove gli uiguri sono costretti al lavoro forzato. La Ue ha scelto un’altra strada: sono interessati tutti i generi di prodotti e non c’è una limitazione geografica. In più, la Ue impedirà di re-esportare i prodotti incriminati, cosa che non fa la legge Usa (molti finiscono quindi anche sul mercato europeo). Il Regolamento dice che, in caso di sospetti sulla provenienza, i controlli avverranno a livello nazionale, dalle Dogane o le istanze di controllo. La Ue fornirà un data base, con indicazioni su prodotti e provenienze sospette, realizzato anche sulla base di segnalazioni di ong. Verranno così aperte inchieste che porteranno alla distruzione di questi prodotti fabbricati in situazione di lavoro forzato.

Il lavoro forzato e la schiavitù stanno aumentando nel mondo: l’Oit (Organizzazione internazionale del lavoro) rileva che nel 2021 c’erano 27,6 milioni di persone nel mondo ridotte in schiavitù “moderna” (ci sono casi anche in Europa), con un aumento di 2,7 milioni negli ultimi 5 anni.