Editoriale

L’autocrate vince sempre, anche con le nostre carte

L’autocrate vince sempre, anche con le nostre carte

Nelle mani di Al-sisi Intervenuto a condanna definitiva con un gesto squisitamente politico, la magnanimità presidenziale che cala sulle vite altrui e le salva perché il dittatore ha deciso così

Pubblicato circa un anno faEdizione del 20 luglio 2023

Ieri è stata una bella giornata: Patrick Zaki, condannato appena 24 ore prima a tre anni di carcere, ha ricevuto la grazia presidenziale. Festeggiamo, è sempre festa quando – dicono gli egiziani – un prigioniero politico torna sull’asfalto.

La gioia non offuschi però il senso politico interno e quello diplomatico esterno del “caso Zaki”. Quel senso lo detta un uomo solo, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Che manda un messaggio chiarissimo: è lui che dà le carte e il banco vince sempre. Ha permesso l’incarcerazione senza processo per quasi due anni di un cittadino con accuse pretestuose (non un unicum, decine di migliaia di egiziani sono passati per anni di detenzione cautelare).

Ha permesso che il processo, alla fine inaugurato, si consumasse a suon di rinvii e udienze vuote. Ha permesso che Zaki venisse condannato a tre anni secondo la devastante legge anti terrorismo, obbrobrio liberticida. E mentre permetteva che il “caso Zaki” seguisse il suo distopico corso, rimbalzava ogni singola richiesta italiana di mettere fine all’agonia, a una via crucis giudiziaria da moltiplicare per 60mila, i detenuti politici tuttora in carcere.

Solo dopo la sentenza ha concesso la grazia. È intervenuto a condanna definitiva con un gesto squisitamente politico, la magnanimità presidenziale che cala sulle vite altrui e le salva perché il dittatore ha deciso così.

Quindi festeggiamo la vita libera di Patrick. Ma consapevoli che al-Sisi ha vinto ancora. Non ha aperto alcuna breccia nel sistema giudiziario che lui stesso ha creato per silenziare ogni forma di dissenso e punire la disobbedienza, vera o presunta. Non ha messo in dubbio l’impalcatura legale del regime.

Ha lasciato che facesse il suo corso e ricordasse a ogni egiziana ed egiziano che il carcere è una possibilità concreta per tutti loro, che nemmeno l’intervento di un paese occidentale (che si dice amico ma che è vassallo) può impedire. E gli ha ricordato che ad aprire le porte della prigione non sarà mai la Giustizia ma solo la magnanimità del dittatore che non si attiene al giusto ma concede lo straordinario. Ad al-Sisi i governi italiani hanno consegnato le carte. E il banco vince sempre.

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