Laura Loomer, l’influencer alla destra di Trump
Stati uniti Perfino gli estremisti trumpisti come Marjorie Taylor Greene e Lindsay Graham si dicono scandalizzati dalle sue esternazioni - tra cui il giubilo per la morte di 2.000 migranti nel Mar Mediterraneo -, ma l'ex presidente la tiene fra i suoi consiglieri più stretti
Stati uniti Perfino gli estremisti trumpisti come Marjorie Taylor Greene e Lindsay Graham si dicono scandalizzati dalle sue esternazioni - tra cui il giubilo per la morte di 2.000 migranti nel Mar Mediterraneo -, ma l'ex presidente la tiene fra i suoi consiglieri più stretti
«Scandalosamente razzista!» questo il commento alle dichiarazioni della ultra-trumpista Laura Loomer sulla «puzza di curry» che appesterebbe lo studio ovale se vi si dovesse insediare Kamala Harris (la cui madre era originaria del Kerala). Vero è che si è trattato di parole “forti” anche per la media dell’attuale campagna, in cui il razzismo e l’incitamento xenofobico sono di solito velate da un modico di ipocrisia.
Ma lo scalpore non è provenuto stavolta dal solito progressista suscettibile bensì da Marjorie Taylor Greene, la parlamentare culturista dell’estrema destra Maga al Congresso, più nota per esprimere intemperanze che per criticarle. Anche Greene, nota per gli schiamazzi contro Biden durante i discorsi al Parlamento e per aver affermato che i militanti di Black Lives Matter sono «uguali al Ku Klux Klan», ha apparentemente un limite, che le affermazioni di Loomer hanno oltrepassato.
A LEI SI SONO associati diversi esponenti della destra nazional populista, che hanno biasimato Loomer che in quei giorni stava accompagnando Donald Trump in una tornata di comizi dopo il dibattito con kamala Harris, al quale pure era stata invitata da Trump.
L’improvvisa vicinanza fra Loomer e l’ex presidente che l’aveva promossa alla cerchia ristretta autorizzata ad accompagnarlo sull’aereo privato, ha catapultato la blogger estremista sotto al riflettore nazionale (scatenando inoltre gossip collegati anche alla perenne assenza della moglie di Trump, Melania).
NEI GIORNI FATIDICI fra il dibattito presidenziale e l’arresto del secondo presunto potenziale assassino di Trump, Loomer è quindi assurta a fugace fama mediatica come esponente di punta dell’entourage Trump. La trentunenne è esponente di quell’ambiente popolato da blogger, opinionisti e ideologhi da campo che è incubatore di ideologia di destra e dove il successo è spesso legato all’abilità di primeggiare in polemiche e follower.
Ed in fatto di provocazioni Loomer non è mai stata incline ad essere seconda a nessuno. Per lei, gli haitiani di Springfield, ad esempio, non sono semplici mangiatori di cani e gatti, ma «cannibali». Oltre a Harris, nel suo mirino sono rientrate tutte le parlamentari nere, definite «ghetto bitches» e oggetto di derisorie imitazioni della stessa Loomer con esagerato accento afroamericano. Dopo due fallimentari candidature politiche in Florida, Loomer è riuscita a farsi bannare sia da Uber che da Lyft per aver apertamente dichiarato il rifiuto di salire in macchina con autisti «islamici». In passato ha commentato la morte di 2000 migranti naufragati nel Mediterraneo scrivendo: «Bene. Adesso speriamo in altri 2000».
DOPO LE DICHIARAZIONI su Kamala Harris, Loomer ha accompagnato Trump anche alla cerimonia di commemorazione del’11 settembre, attacco che lei ha sempre sostenuto essere opera dello stesso governo americano. Per molti esponenti della stessa galassia Maga, compresi alleati di ferro come Lindsey Graham, sembra essere stato questa la goccia a far traboccare pubblicamente la preoccupazione per l’improvvisa vicinanza al candidato.
«Laura Loomer è una folle complottista», ha affermato il senatore Gop Thom Tillis. «Esprime regolarmente rivoltante spazzatura mirata a dividere i repubblicani e rischia di nuocere alle prospettive di rielezione di Trump».
LA VICENDA ha offerto lo spettacolo poco decoroso di una lite fra diverse fazioni repubblicane, sulla giusta intensità con cui disseminare l’odio e l’astio che tutto il Gop di era Trump ha sottoscritto da otto anni a questa parte come strategia politica.
La prima campagna Trump aveva prodotto personaggi come Steve Bannon, Stephen Miller, Roger Stone e Sebastian Gorka. Nella sua amministrazione erano emerse incaricate-militanti come le addette stampa Kaileigh McEnaney, e Sarah Huckabee Sanders, con delega alla costante esacerbazione delle “guerre culturali” ed agli attacchi divisivi.
LE ISTANZE della base vengono inoltre radicalizzate in un retroterra diffuso di social e podcast popolato da personaggi come Charlie Kirk (Turning Point USA), l’ex mezzobusto Fox Tucker Carlson o il neonazi Nick Fuentes, oltre ovviamente ad Elon Musk. Loomer è esponente dell’orbita esterna di questo mondo, che oggi molti repubblicani trumpisti pretendono di criticare, ma a cui il capo non vuole rinunciare.
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