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Laura Dern, giornata speciale

Laura Dern,  giornata speciale

Intervista Una Masterclass e una proiezione alla Cinémathèque di Parigi per l'attrice statunitense, musa di David Lynch

Pubblicato più di un anno faEdizione del 4 marzo 2023

La scena della seduzione in Wild at Heart è una delle più sulfuree e avvincenti non solo nel film di David Lynch, ma nell’intera storia del cinema. Laura Dern è perfetta nella sua resistenza poco a poco calamitata, e stregata, dall’abisso. Grande interpretazione, con Willem Dafoe, inquietante Bobby Peru. Grande sequenza di Lynch, di cui la Dern s’è fatta Musa in quattro film, a partire dal precedente Blue Velvet, dove aveva per la prima volta incontrato Isabella Rossellini (nel ruolo di Perdita Durango), allora compagna del regista. Alla quale si devono due aneddoti: il suo desiderio di rendere omaggio in Wild at Heart a Frida Khalo, artista dal fascino repulsivo (« Volevo anche farmi i baffi, come li aveva lei, ma David non ha voluto esagerare »), e il nuovo approccio con Laura Dern, oggi sua grande amica (« Dopo averla vista a Los Angeles, impeccabile nel ruolo d’una cieca, la trattavo come una non vedente, finché non m’ha avvertito : ‘Guarda che ci vedo!’»).
Figlia di due attori, il celebre Bruce Dern e Diane Ladd, che reciterà al suo fianco in cinque film, tra cui Wild at Heart (1990) e Rambling Rose (1991), dove entrambe sono nominate all’Oscar, già a 7 anni lecca un gelato su grande schermo: è ancora una comparsa, ma il film è, nel 1974, Alice non abita più qui di Martin Scorsese.

È un blockbuster a lanciarla sulla scena internazionale, trent’anni fa, a 26 anni: Jurassic Park, di Steven Spielberg, dove interpreta la dottoressa Ellie Sattler, come ricorda a Parigi durante la masterclass alla Cinémathèque: abito lungo verdolino, chioma bionda a pioggia, le belle labbra carnose, l’attrice conclude l’omaggio Un jour avec Laura Dern – promozione in Francia del nuovo film dell’attrice, The Son di Florian Zeller, fuoco d’artificio di effetti sentimentali, e riproposta di due suoi classici, Blue Velvet e Wild at Heart – sottomettendosi nell’incontro col pubblico alla conduzione di Bernard Benoliel e di Frédéric Bonnaud, direttore della Cinémathèque.

A 19 anni, nel 1986, Lynch con «Blue Velvet» la rivela al mondo del cinema. Chi è per lei Lynch?
È uno che mi ha evitato polverosi e inutili corsi di studio. Per quattro anni, da Blue Velvet a Wild at Heart, non ho studiato. Ho semplicemente seguito i corsi di David Lynch!

Qual è stato il suo insegnamento più importante?
Per un attore, la frustrazione maggiore è di calcolare per bene gli effetti di cui è capace in vista d’un risultato. Quale? Dare quel che tutti si attendono e avere la sala piena. Con tanti applausi. Lavorare con David Lynch significa rifiutare questa truffa!

«Wild at Heart», il suo film più ‘lynchiano’: che ne pensa oggi?
È nel ’90, a 23 anni, già uno dei miei ruoli maturi. Ha vinto la Palme d’or al Festival di Cannes e è uscito in sala quasi simultaneamente alla diffusione tv di Twin Peaks. In questo road movie sonnambulo, dai toni continuamente lacerati, il regista ha adattato il romazo di Barry Gifford, con cui lavorerà anni dopo alla sceneggiatura, non a caso, di Lost Highway. Potente, liricamente violento, l’amore che lega i nostri due personaggi – con Nicolas Cage avvolto nella sua giacca in pelle di serpente, evocatrice di quanti altri film – è il filo conduttore d’una storia continuamente interrotta da personaggi pazzoidi, sregolati…

… che ritroverà due anni dopo, irregolari anche anagraficamente, in «Jurassic Park» : i dinosauri.
Sì (ride). Il mio più grande successo mediatico e commerciale: il film è stato campione al box-office battendo E.T. Forse per questo Steven Spieleberg mi ha richiamata anni fa per il terzo Jurassic Park, facendo adattare il mio abito iconico alla nuov èra.

Da Musa di Lynch a Regina del pleistocene: il passo è stato breve?
Brevissimo. All’epoca, i blockbuster d’azione non erano ancora un genere cinematografico come oggi. E Spielberg era ed è Spielberg. I miei genitori mi hanno sempre detto di sposare fedelmente le visioni d’un regista. Perciò, eccomi da un giorno all’altro nelle vesti della dottoressa in paleobotanica Ellie Sattler.

La sua carriera è figlia dei dinosauri?
Penso che il fatto d’essere stata cresciuta da radicali mi ha dato uno spirito più aperto, tipo: OK, ora ho fatto questo e ora devo fare qualcosa di totalmente differente. In Jurassic Park ho potuto essere molto di più di un’eroina d’azione imperiosa: anche se c’è una parte di me che ci ha fatto un pensierino…

Come ha fatto, cinematograficamente, a liberarsi dei ‘jurassici’?
Ho scelto di girare qualcosa di scandaloso, Citizen Ruth. Certo, nessuno era d’accordo né mi ha aiutato. Anzi, hanno tentato tutti di dissuadermi dall’interpretare una persona collerica in una commedia sull’aborto. Ma mi piace avere attorno a me cineasti che cercano di dire qualcosa di cui nessuno parla, come Alexander Payne.

Spirito ribelle, anticonformista?
Voglio essere sempre dalla parte di quelli che cercano di abbattere i muri. E ho l’impressione che Jurassic Park fosse animato dalla stessa fiamma di meraviglia. Mai visto prima qualcosa di simile.

Che ha significato per lei essere nei ‘Jurassic’ di ritorno?
Ellie era rimasta dentro di me, negli anni, grazie alle parole dei fans. Una giovane è di recente venuta a dirmi che vedere la dottoressa Ellie Sattler a 13 anni le aveva fatto credere che una donna poteva affrontare qualsiasi lavoro, come un uomo. Il mio personaggio l’ha spinta a lanciarsi nella politica e adesso è la prima donna membro del Congresso del suo distretto. Ne sono stata davvero commossa. Perciò, tornando nella pelle del mio personaggio, sentivo che dovevo proteggerlo per il significato che ha per tanti altri, e non solo per la storia che mi stava a cuore quando avevo 23 anni.

Com’è stato il primo incontro con Spielberg?
Quando mi ha avvicinato la prima volta perché recitassi in Jurassic Park, ero a un momento cardine della mia carriera: il mio passato cinematografico con Lynch, la mia prima nomination agli Oscar per Rambling Rose nel 1991, in cui ero una fascinosa ninfomane.

Spielberg mi ha detto: «Sarai il personaggio femminile principale che ammira, meravigliata, il tentativo di ridare vita ai dinosauri». Ho pensato : «Ok, pare una produzione indipendente, un film pionieristico…. Spero che funzioni!».
Ha funzionato. Uscito nel 1993, Jurassic Park è diventato il film più redditizio di tutti i tempi prima dell’uscita di Titanic. Ricorrendo a un misto d’effetti rivoluzionari via computer e di dinosauri animatronici a grandezza naturale, il film ha inaugurato un nuovo tipo di blockbuster d’azione che domina ancor oggi l’industria cinematografica.

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