L’attesa sta finendo, aspettando Cazeneuve
Francia Nomina a breve, Macron punta a spaccare il Ps. Mélenchon: avanti con la «destituzione». E il 51% dei francesi dice dimissioni. Dubbi a sinistra sulla capacità dell’ex ministro di Hollande di cambiare politica
Francia Nomina a breve, Macron punta a spaccare il Ps. Mélenchon: avanti con la «destituzione». E il 51% dei francesi dice dimissioni. Dubbi a sinistra sulla capacità dell’ex ministro di Hollande di cambiare politica
L’attesa dovrebbe finire a breve, entro la fine del week end, otto settimane dopo le legislative che hanno sancito prima di tutto il rifiuto dei francesi di dare le chiavi del potere all’estrema destra, ma anche la sconfitta dell’area di centro di Macron, e dato la vittoria alla sinistra pur senza maggioranza assoluta.
EMMANUEL MACRON è alla Lanterne, la residenza di riposo della presidenza vicino a Parigi, gli altri aspettano l’oracolo della Pizia, temendone l’ambiguità. E intanto tutti si agitano e mettono in avanti i propri interessi. L’ex presidente, Nicolas Sarkozy, ingiunge ai suoi di accettare una coalizione con Ensemble di Macron, per ottenere un primo ministro di destra. Ma la destra ha fatto ieri un nuovo passo verso lo sfascio: Eric Ciotti, che non ha ancora mollato la carica di presidente di Lr (i suoi colleghi stanno cominciando a chiedergli di pagare i “danni” per la scissione delle legislative e l’alleanza con il Rassemblement National, si parla di 2-3 milioni di euro), ha annunciato la nascita di una nuova formazione, l’Unione delle destre per la Repubblica, perché a suo dire Lr «è superata, discreditata». E, en passant, giudica «grottesco» il Fronte Repubblicano, che ha impedito l’arrivo al potere dell’estrema destra.
A sinistra, c’è una «collera legittima», ha affermato la candidata ad andare a Matignon del Nuovo Fronte Popolare, Lucie Castets, respinta da Macron. E accusa il presidente di «maltrattamento istituzionale». La France Insoumise ha pubblicato ieri il testo della proposta che sottoporrà ai parlamentari per la «destituzione» di Macron, indicando come una «grave mancanza» il non aver nominato la candidata dell’alleanza arrivata in testa.
DA GIORNI, MACRON è paragonato a MacMahon, il maresciallo monarchico presidente della Repubblica che nel 1877 aveva convocato elezioni anticipate per tentare, senza successo, di ottenere una maggioranza favorevole e conforme alle sue mire. Il risultato è che si è dovuto dimettere. Ma l’iter per un’eventuale destituzione del presidente è lungo e complicato, la maggioranza richiesta – due terzi del parlamento, Assemblée Nationale e Senato riuniti in Alta Corte – è oggi fuori portata. Ma un sondaggio rivela che ormai il 51% dei francesi sarebbe favorevole alle dimissioni di Macron.
In un sistema semi-presidenziale, accentuato nei suoi difetti nella versione di Macron, l’Eliseo concentra tutte le rabbie, oltreché tutte le aspettative.
Il Ps è sui carboni ardenti. Macron vuole approfittare delle divisioni esistenti tra i socialisti. Sono circolati vari nomi per Matignon, molti dei quali socialisti, dal “tecnico” Didier Migaud al sindaco di Saint-Ouen Karim Bouamrane. Ma il nome in testa alla lista è e resta quello di Bernard Cazeneuve, che aveva salvato il salvabile della presidenza Hollande nell’ultimo periodo (dicembre 2016-maggio 2017), in precedenza ministro degli Interni (2014-16). È uno dei sei politici socialisti che ha sempre avuto un incarico ministeriale durante la presidenza Hollande, ma nel 2022 ha lasciato il partito per l’opposizione all’intesa della Nupes (alleanza delle forze di sinistra).
A SINISTRA, MOLTI ESPRIMONO forti riserve, la France Insoumise già preannuncia una «censura» contro Cazeneuve. I Verdi anche non possono esserne entusiasti: quando era agli Interni il militante Rémy Fraisse è stato ucciso a Siven dall’arma di un gendarme. E anche Adama Traoré è morto in commissariato nell’era Cazeneuve.
Castets ha detto di aver «stima» e «rispetto» per Cazeneuve, ma ha espresso «dubbi sulla sua capacità a fare un’altra politica» rispetto alla continuità con quella di Macron. Qui è il punto: il presidente vuole evitare che venga “disfatta” la politica pro-business perseguita negli ultimi 7 anni e spera di staccare parte del Ps dall’intesa con la France Insoumise.
La Francia ha un grosso debito pubblico di oltre 3mila miliardi, Macron veglia sulla continuità per timore dello spread con i tassi tedeschi (e per difendere la propria impronta nella storia del paese).
PER LA SINDACA DI PARIGI, Anne Hidalgo, Cazeneuve è «un’ipotesi credibile e seria». È la posizione dell’ala contestatrice della direzione di Olivier Faure, che afferma rivolto a Cazeneuve di «non farsi illusioni», che «con la propria forza, convinzione, talento, possa convincere gli amici di ieri, oggi e domani e imporre al presidente un vero rapporto di forza» per cambiare politica.
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