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«Lasciati soli e senza ristori». A Forlì la protesta degli alluvionati

«Lasciati soli e senza ristori». A Forlì la protesta degli alluvionati

A cinque mesi dalla tragedia che provocò13 morti e 23 mila sfollati. In corteo cittadini, associazioni e amministratori. Il sindaco Zattini non partecipa

Pubblicato circa un anno faEdizione del 15 ottobre 2023

Ieri mattina a Forlì si è tenuta la «Manifestazione generale delle terre alluvionate», organizzata da Forlì Città Aperta, Comitato Unitario vittime del fango, Appello per Appennino Romagnolo, Anpi, Arci, Libera, Cgil e altri. Nel corteo vari sindaci dei comuni colpiti. Stona la mancanza proprio del sindaco di Forlì (centrodestra) che è stato bersagliato di critiche dai suoi cittadini.

«A quasi 5 mesi dall’alluvione che ha provocato 13 morti e 23 mila sfollati, constatiamo con disappunto gravi ritardi e insufficienze nel mettere in sicurezza e nei risarcimenti. Troppi cerimoniali burocratici e poche azioni concrete. Il governo deve sbloccare i fondi», dicono i promotori della manifestazione. Parlano i portavoce dei comitati alluvionati sottolineando le gravi difficoltà di chi ha avuto la casa distrutta e finora solo 3000 euro di ristori. Ci tengono a dire che non vogliono essere strumentalizzati dalla politica. «Tutti devono prendersi le loro responsabilità – dice il portavoce degli alluvionati del Borgo Durbecco di Faenza – dalle istituzioni locali a nazionali ad Hera. Il sistema fognario, già dissestato prima dell’alluvione non ha tenuto e ha allagato il quartiere».

Grande protagonista è la gente dell’Appennino abbandonato, dove neppure la ferrovia Faenza Marradi è stata ripristinata. Manuela di Ca’ Gianna, tra Tredozio e Modigliana, ha avuto il suo podere distrutto, su 16 ettari ne ha persi una decina, a causa di 84 frane. «Su 1 milione e mezzo di danni per ora ho ricevuto solo 2500 euro dall’Inps. Siamo l’unica cantina di Tredozio – spiega – un paese colpito anche dal terremoto di metà settembre. A Tredozio ora anche la scuola si fa sotto una tenda».

Poi ci sono gli abitanti di quella striscia di terra “bassa” tra Voltana ed Alfonsine colpita prima dall’alluvione di maggio e poi dal tornado di luglio. «Il tornado ha distrutto tutto. Nei campi – spiegano – ci sono lastre di eternit sbriciolate dal tornado». I danni totali tra patrimonio pubblico e privato causati dall’alluvione e dalle frane ammontano a 8.5 miliardi di euro.

Secondo Bussandri, della Cgil Emilia Romagna, «il governo dice che ha già dato 4 miliardi e mezzo, tra i due decreti, in realtà 1 miliardo e 150 milioni del primo decreto se lo è ripreso perché proveniva dai fondi della cassa integrazione non richiesta dalle aziende. La bozza presentata dal generale Figliuolo, per il risarcimento delle imprese, prevede un limite massimo di 40 mila euro ad azienda. Per le famiglie saranno un massimo di poche migliaia. Sono briciole».

Forlì città aperta e le sezioni locali di Legambiente e del Wwf puntano il dito anche contro la cementificazione selvaggia, che ha amplificato gli effetti dell’alluvione. Colpevoli sono le amministrazioni locali che continuano a far costruire e la Regione la cui legge 24/2017 è un autentico colabrodo. Inoltre, precisa Francesco Occhipinti di Legambiente, «il termine per la presentazione dei Pug è ulteriormente slittata».
Nonostante la siccità e il caldo anomalo, tutti hanno paura delle piogge in arrivo. Ma come mettere in sicurezza i fiumi? Chiara e Ornella, del Wwf Forlì Cesena, sottolineano: «Finora si è proceduto ad un taglio selvaggio di alberi addirittura in zone protette come l’oasi di Magliano. Ma fare il deserto non ridurrà il rischio idraulico, distruggerà solo la biodiversità. Occorre dare spazio ai fiumi, le casse di espansione sono i veri lavori urgenti da fare, nel Lamone e nel Marzeno non ci sono, negli altri fiumi in Romagna sono poche o non attive. La Regione ci ha detto che per le casse di espansione dovremmo aspettare anni, eppure gli studi ci sono dal 2010».

Ma se le opere utili si fanno attendere, le opere inutili e devastanti procedono spedite.

«Il metanodotto Snam – dicono dal palco – distruggerà ciò che non hanno distrutto frane e alluvioni». Tra i manifestanti ci sono anche Marta e Federico due giovani che hanno piantato un bosco, stanno creando un rifugio per animali e tra pochi mesi la Snam distruggerà tutto, per far passare a 30 metri dalla loro casa il mega gasdotto “Linea Adriatica”, che parte da Sulmona e arriva a Minerbio. Opera inutile che alimenta il riscaldamento globale e fenomeni estremi come le alluvioni. In un circolo vizioso senza fine.

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