«Lascerò la Puglia». Vendola torna a Sel
Sinistre L'annuncio: alle primarie regionali il senatore Stefàno sfiderà Emiliano. Il leader torna a occuparsi del partito a tempo pieno. L’amarezza per le accuse sull’Ilva, la risata al telefono con Archinà. «Ma non scappo».
Sinistre L'annuncio: alle primarie regionali il senatore Stefàno sfiderà Emiliano. Il leader torna a occuparsi del partito a tempo pieno. L’amarezza per le accuse sull’Ilva, la risata al telefono con Archinà. «Ma non scappo».
«Due mandati di cinque anni ciascuno costituiscono una traiettoria lunga, un ciclo, una stagione che si è conclusa». Con queste parole Nichi Vendola ufficializza che non si ricandiderà alla presidenza della regione Puglia. La notizia circolava da tempo. Quando Michele Emiliano, nello scorso aprile, aveva rudemente rifiutato un posto da numero due dietro nelle liste Pd delle europee era chiaro che la strada del prossimo centrosinistra pugliese era segnata: e passava dall’ex sindaco di Bari, al centro di un sistema di consensi che oggi non ha rivali in regione. Da mesi, poi, il senatore vendoliano Dario Stefàno – presidente della giunta delle autorizzazioni, ha scritto un libro sulla decandenza di Berlusconi – batte a tappeto la Puglia «per ascoltare i cittadini». Venerdì scorso ha annunciato la sua corsa alle primarie per la presidenza già fissate per il 30 novembre. Stefàno, cinquantenne salentino, manager e proveniente dalle file della Margherita, sfiderà Emiliano. In corsa anche l’ex assessora regionale alla sanità e europarlamentare Elena Gentile e l’attuale assessore alle politiche giovanili Guglielmo Minervini.
In Puglia il centrosinistra cambia trazione – da Sel al Pd – ma resiste al rullo compressore di Renzi. Non è detto che finisca così in Emilia Romagna, che andrà al voto anticipato dopo le dimissioni di Vasco Errani, né nelle altre 11 regioni che andranno al voto in primavera. Ma intanto Vendola fa un passo indietro, restando però ben ancorato alla coalizione: «Chi vincerà sarà comunque il mio presidente». L’annuncio arriva all’assemblea regionale di Sel e a Telenorba. «Dieci anni sono sufficienti per dare il segno di un’amministrazione virtuosa o non virtuosa, per dire ’ho dato alla Puglia un’anima’. Pensare di essere indispensabili è segno di presunzione. Tutti siamo necessari, ma nessuno è indispensabile», spiega. Chi ci lavora gomito a gomito nega che la scelta sia stata determinata dall’indagine sul caso Ilva, per la quale la procura ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente (insieme all’ex assessore Nicola Fratoianni e all’ex capo di gabinetto Francesco Manna e a un’altra cinquantina di persone). L’udienza preliminare è fissata il 16 settembre. A casa Sel sono tutti «fiduciosi e ottimisti», almeno in apparenza.
Dall’accusa precedente, abuso d’ufficio relativa a un concorso da primario nell’ospedale San Paolo di Bari, Vendola è stato assolto. Sulla Puglia, dice a proposito delle delle indagini, «c’è stata un’attenzione speciale. Ma noi abbiamo dimostrato che, con una visione radicale, si può essere migliori riformisti e questo non significa finire nel caos». «Torno a casa sereno», dice ancora Vendola, «in uno Stato di diritto le persone per bene devono dormire tranquille, quelle per male devono perdere il sonno». Ma l’amarezza per le accuse nell’indagine sull’Ilva – sempre rigettate – deve aver scavato a fondo. E peggio ancora avrà fatto quella «risata» intercettata al telefono con Girolamo Archinà, all’ora responsabile delle relazioni pubbliche dell’Ilva (poi agli arresti), per un video su youtube dove il potente braccio destro dei Riva strappava il microfono a un cronista davanti a tutte le telecamere. Un’intercettazione di una conversazione paradossale («scena fantastica», «scatto felino», dice il presidente della Puglia al funzionario) ritagliata ed estratta non a caso dagli atti del processo, rilanciata da siti e giornali, per la quale poi Vendola ha chiesto scusa al giornalista e si è pubblicamente «vergognato». Un episodio senza rilevanza penale, ma brutto, che è rimasto appiccicato alla «narrazione» pubblica del leader.
L’Ilva resta una vena aperta: in Puglia molti ambientalisti accusano Vendola di non aver fatto abbastanza per fermare i veleni. Vendola si difende e accusa il governo: «Il piano ambientale è bloccato, la situazione è confusa, si va in pressing su Palazzo Chigi per quel miliardo e 800 euro necessari. Ma non ci sono soluzioni per problemi difficili». Ma rinuncia a correre. «Non è una fuga, resto», giura. Anche se i rapporti con Emiliano, all’inizio stretti, si sono via via rovinati. E oggi il magistrato ex sindaco di Bari parla apertamente di «discontinuità». Anche la Sel pugliese perde pezzi. Il parlamentare brindisino Tony Mattarelli ha fatto un endorsemebt a Emiliano e il presidente del consiglio regionale Onofrio Introna alle primarie sosterrà «un progetto politico e non un candidato», ovvero non quello di Sel. Ora Vendola si occuperà «a tempo pieno» del partito che vive una crisi di identità senza precedenti, dopo la rottura del centrosinistra e la fuoriuscita di quasi un terzo dei parlamentari in seguito all’alleanza nella lista Tsipras.
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