Fischi di felicità, applausi e urla hanno accompagnato il convoglio di jeep della Croce rossa che ha portato i primi tredici ostaggi israeliani di Hamas verso la libertà. Pochi i volti distinguibili sui sedili posteriori che danno le spalle alla strada, ma si sa che sono principalmente donne. I conducenti tesi fanno cenni con le mani e chiedono di proseguire.

A FAR DA CORNICE la struttura della dogana tra Israele e l’Egitto nei pressi di Kerem Shalom, a una ventina di chilometri circa da Rafah. Da qui i fuoristrada proseguono verso un «luogo sicuro», dove l’esercito ha preso in consegna i civili e li ha trasferiti nella base militare di Hatzerim, nel sud di Israele.

«Gli ostaggi sono in buone condizioni di salute», ha poi riferito l’emittente israeliana Channel 12, citando un funzionario israeliano. Per il trasbordo erano state previste diverse equipe mediche, ma sembra che non sia stato necessario alcun intervento rilevante.

La giornata in Medio Oriente si è trascinata tutta nell’attesa di questo momento. Le agenzie hanno battuto instancabilmente ogni aggiornamento disponibile. E infatti, ancora prima che gli ostaggi fossero portati in Egitto, la Cnn aveva fatto sapere che non si attendeva il rilascio di cittadini americani. Channel 12 aveva dichiarato che tutti i rilasciati tranne uno sono originari del kibbutz di Nir Oz, dal quale il 7 ottobre i miliziani palestinesi prelevarono almeno 75 dei civili attualmente prigionieri (tra cui 13 bambini). La Casa bianca ha seguito «l’operazione di liberazione degli ostaggi» passo dopo passo, così come il Qatar, l’Egitto, l’Ue e tutti i capi di stato che ieri hanno preso parola.

Persino Hezbollah ha dichiarato che «rispetterà la tregua se Israele non attaccherà» nel sud del Libano. Il quotidiano Haaretz ha pubblicato alcune fotografie dei familiari in attesa di riabbracciare i propri cari fin dal primo pomeriggio negli ospedali dove teoricamente si sarebbe concluso il viaggio degli ostaggi liberati ieri.

Nel frattempo, i congiunti di altri ostaggi ancora in cattività si preparavano a svolgere la cerimonia per l’inizio dello shabbat nel nord di Tel Aviv con striscioni e manifesti raffiguranti i volti di chi ancora manca all’appello ed esortazioni al governo per continuare la trattativa.

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Il presidente israeliano Herzog ha dichiarato che «è importante sapere che il nostro lavoro non finirà finché tutti i prigionieri israeliani non torneranno a casa». Dal canto suo, il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, ha fatto sapere che considera la tregua come una «vittoria politica ottenuta come risultato del successo delle forze di resistenza sul terreno».

QUALCUNO, come l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, si è anche lasciato andare a un timido ottimismo. Nella nota ufficiale diffusa dall’ufficio di Borrell si legge: «L’Ue accoglie con favore il fatto che, finalmente, la tregua concordata tra Israele e Hamas sia iniziata oggi: dovrebbe essere pienamente attuata come primo passo per porre fine all’orribile situazione umanitaria in corso a Gaza, e prorogata per un periodo più lungo».

Eppure non erano mancati i momenti di tensione. L’esercito israeliano aveva accusato Hamas di aver lanciato dei razzi dopo le 7, ovvero dopo l’ora concordata per il «cessate il fuoco». Indiscrezione poi smentita. Dall’altro lato Hamas aveva denunciato che una squadra di soldati israeliani aveva aperto il fuoco contro un gruppo di civili diretti dal sud al nord di Gaza.

L’emittente qatariota Al Jazeera ha mostrato le immagini di alcune famiglie di palestinesi dirette verso nord. Ed è in uno di questi tentativi di trasferimento che sarebbero stati uccisi due civili da una pattuglia israeliana. Nonostante la tensione, tuttavia, intorno alle 15 si è saputo che gli ostaggi liberati si trovavano in Egitto, dove erano arrivati tramite il valico di Rafah. Un primo passo che ha oscurato le tensioni della giornata e ha confermato nella pratica l’inizio della tregua.

In serata Israele ha ricevuto una lista con il secondo gruppo di ostaggi che saranno rilasciati oggi con le stesse modalità del primo, attraverso l’Egitto. Ma si sa che è impossibile fare previsioni. La fragilità di quest’accordo potrebbe portare a una rottura della tregua da un momento all’altro. Ciò non ha impedito al presidente Usa Biden di dirsi «molto soddisfatto» per l’inizio della tregua e il rilascio degli ostaggi, «per il quale ha lavorato giorno e notte personalmente».

INTANTO il Times of Israel ha rivelato l’identità di chi è stato liberato ieri: Hanna Katzir (77 anni); Margalit Mozes (77); Yafa Ader (85); Hannah Perry (79); Adina Moshe (72); Daniel Aloni (44); Emilia Aloni (9); Ruthi Mondar (78); Keren Mondar (54); Ohad Mondar (9); Aviv Asher (2); Raz Asher (5) e Doron Katz-Asher (34).

In serata il consigliere del premier, Mark Regev, ha aperto alla possibilità di un’estensione della tregua per liberare altri ostaggi, ma ha confermato: poi l’operazione militare riprenderà.