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L’Argentina si inchina agli inglesi: 10-39

L’Argentina si inchina agli inglesi: 10-39L'arbitro Nigel Owens espelle l'argentino Lavanini.

Rugby L'ennesimo cartellino rosso - il quarto - per un mondiale giapponese che ha già stabilito un poco invidiabile record. Tomas Lavanini viene caciato per un placcaggio pericoloso sul britannico Owen Farrell. Il Giappone intanto è a un passo dai quarti: sconfitta Samoa 38-12

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 6 ottobre 2019

Con quattro cartellini rossi sventolati nei primi tre turni dei gironi di qualificazione la Rugby World Cup ha già stabilito un poco invidiabile record. Nella nona edizione della rassegna iridata vi sono stati più espulsioni che in tutta la storia della manifestazione. Scherzando con il termine “Hall of Fame”, un tabloid sudafricano suggerisce che Japan 2019 possa entrare di diritto nella “Hall of Shame”: dalla fama alla vergogna. Dopo lo statunitense John Quill, il samoano Ed Fidow (doppio cartellino giallo) e l’azzurro Andrea Lovotti, oggi alla lista dei “super-cattivi” si è aggiunto l’argentino Tomàs Lavanini, cacciato dal campo per un placcaggio estremamente pericoloso sull’inglese Owen Farrell. Con un uomo in meno e più di un’ora di gioco davanti, i Pumas non hanno avuto scampo. L’Inghilterra ha vinto con il punteggio di 39 a 10, realizzando sei mete contro una. Al momento dell’espulsione il XV della rosa conduceva per 5-3 un match fin lì in gran equilibrio.

Nel rugby il cartellino rosso è una punizione mortifera molto più che nel calcio. Pone la squadra che lo subisce in una condizione di inferiorità numerica destinata a influenzare tutto il proseguo del gioco. La semifinale del 2011 tra Galles e Francia fu segnata dall’espulsione del capitano gallese Sam Warburton, reo di uno spear-tackle su Vincent Clerc. La partita si concluse 9-8 per i francesi che pure disputarono trequarti di gara con un uomo in più. Senza quel rosso i gallesi avrebbero quasi certamente raggiunto la loro prima finale mondiale.

In materia di violenza e vergogna, il punto più basso si è raggiunto in Sudafrica-Italia, quando a gioco fermo gli azzurri Lovotti e Quaglio hanno sollevato Duane Vermeulen e lo hanno rovesciato a testa in giù, mettendone a repentaglio l’osso del collo. L’arbitro, l’inglese Wayne Barnes, avrebbe potuto (forse dovuto) cacciare entrambi ma ha scelto di espellere soltanto Andrea Lovotti. Quanto a Nicola Quaglio, il pilone non se la caverà in ogni caso: è stato deferito alla commissione disciplinare della coppa del mondo e domani dovrà presentarsi di fronte ai suoi giudici insieme a Lovotti. I due chineranno il capo e lo cospargeranno di cenere, si scuseranno, ammetteranno ogni possibile colpa, non invocheranno attenuanti. Saranno comunque squalificati per un certo numero di settimane.

Peggiore epilogo per l’avventura azzurra in Giappone non poteva esserci. I commenti della stampa straniera su quel placage en cathédrale sono pesantissimi. Il fallo su Vermeulen viene qualificato “horrible”. “horrific”, “awfull”, “utter madness” (totale follia) e questo è solo un estratto degli aggettivi con i quali i britannici hanno qualificato quanto è accaduto sul campo. Oltre a Quaglio e Lovotti, squalificati, per l’ultimo impegno contro gli All Blacks mancheranno anche altri due piloni, gli infortunati Ferrari e Riccioni. Conor O’Shea si è visto dunque costretto ha convocare Danilo Fischetti e Giosuè Zilocchi, i due piloni delle Zebre che sono già in volo verso il Giappone, non sappiamo con quanto entusiasmo in corpo.

Il comitato organizzatore della Coppa del mondo aveva annunciato severità già nelle settimane che precedevano l’avvio della manifestazione. Dopo la prima tornata di match si è visto costretto a richiamare gli arbitri a un maggior rigore: troppi placcaggi all’altezza del collo o sul giocatore impegnato in salto, troppi interventi di spalla o senza chiudere le braccia. Ai direttori di gara il compito di sorvegliare e punire durante la partita, alla commissione disciplinare la squalifica e la punizione differita nel caso di gravi e pericolose scorrettezze non sanzionate immediatamente sul terreno di gioco. Obiettivo: fare il possibile per tutelare la salute dei giocatori oltre al buon nome del rugby.

Il gallese Nigel Owens è probabilmente il miglior arbitro oggi in circolazione. Possiede autorevolezza, carisma, capacità di dialogare con i giocatori e interpretare il clima agonistico di ogni singolo match. Per dirigere Argentina-Inghilterra era stato scelto proprio lui. La rivalità tra le due nazioni è sempre stata acerrima anche senza scomodare le Falkland o la mano de dios di Maradona. La posta in palio era alta, soprattutto per i Pumas, già sconfitti dalla Francia e con un piede fuori dai quarti di finale. Trascorsi appena 12’ dal calcio di inizio, dopo una mischia chiusa vinta dagli inglesi è scoppiata una rissa e i giocatori dell’una e l’altra parte si sono accapigliati. Dopo un minutino di spinte e manate in faccia, Owens ha richiamato i due capitani, Owen Farrell e Pablo Matera. Il discorso che ha rivolto loro era molto chiaro: “Siete fortunati: concederò soltanto un calcio di punizione. Adesso però parlate con i vostri compagni. Non ci sarà un’altra occasione, la prossima volta per voi saranno problemi”. Detto e fatto: cinque minuti più tardi Lavanini si è beccato il rosso per un fallo violento e inaccettabile. Riassumendo: entro certi limiti vi lascio accapigliare ma non tollererò interventi pericolosi.

Eppure questo non è un mondiale all’insegna del gioco violento. In altre epoche si vedevano cravatte al collo capaci di staccarti la testa e ditate negli occhi che accecavano, e sui campi potevi incappare in giocatori che avevano costruito la propria fama sull’intimidazione. Tanto per fare due nomi, Colin Meads e Gèrard Cholley non erano esattamente due educande. Cosa è cambiato, allora? Risposta: velocità, potenza, peso. Da quel laboratorio del Dottor Frankenstein che è il rugby professionistico escono colossi da 100 e passa chili dotati di una muscolatura titanica e una corsa da velocisti. Ogni impatto è a rischio e gli infortuni anche gravi aumentano di pari passo con il numero di partite lungo stagioni agonistiche che paiono senza fine. Non potendo né volendo, per vili ragioni economiche, riportare il gioco a una dimensione umana, si è scelta l’unica altra opzione: la massima severità nel punire chi trasgredisce le regole. Con buona pace di tutti.

Giappone a un passo dai quarti

La nazionale giapponese ha vinto la sua terza partita consecutiva e ha compito un altro passo verso i quarti di finale. Dopo Russia e Irlanda, i cherry blossoms hanno sconfitto Samoa con il punteggio di 38-12. La quarta meta, cercata con caparbietà nel finale di gara e giunta all’84’, garantisce un punto di bonus che potrebbe risultare prezioso. Il Giappone comanda il girone A con 14 punti, davanti a Irlanda (11), Scozia e Samoa (5). Gli scozzesi hanno però una partita in meno e mercoledì affrontano la Russia che ha perso tutte le partite. L’ultimo turno è in programma il prossimo weekend e deciderà le sorti del girone: Giappone-Scozia e Irlanda-Samoa.

Domani si giocano Nuova Zelanda-Namibia e Francia-Tonga.

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