«Si dice che la scomparsa di una voce libera sia una disgrazia per tutti –  riflette Stefano Caredda, direttore di Redattore Sociale -. Io penso che nessuno sia indispensabile, ma credo anche che se rimanessimo ancora in vita il panorama informativo ne gioverebbe».

Una crisi economica schiacciante, risultato della contrazione di abbonamenti e committenze, minaccia di sospendere le attività di Redattore Sociale, che da 21 anni si dedica alla disamina e al racconto di marginalità e impegno sociale sul territorio nazionale.

In assenza di interventi tempestivi, la testata rischia la chiusura a fine anno.

Espressione degli ambienti del Terzo settore, Redattore Sociale è una realtà editoriale insolita, nata dal proposito della comunità d’accoglienza di Capodarco di Fermo, che dal 1966 si occupa concretamente di disabilità, dipendenze, salute mentale, povertà. Già dalla fine degli anni ‘80, prendono vita i primi esperimenti di ricerca e promozione dell’informazione come motore sociale.

Nel 1994, prima ancora che quello della formazione continua diventi un obbligo, arriva il primo seminario rivolto ai giornalisti sui temi del disagio e del welfare.

Nel tentativo di trovare un punto di incontro stabile tra giornalismo e mondo sociale, nel 2001 viene creata l’agenzia di stampa quotidiana ad abbonamento e, 12 anni dopo, il sito gratuito con approfondimenti e opinioni.

Dalla fusione dei due nel 2013, Redattore Sociale prende la forma che ha ancora oggi: una collezione di banche dati, notizie, ricerche.

«La redazione è consapevole di quanto sia importante la correttezza nella divulgazione di questi temi – dice Caredda –. Bisogna guardare non tanto al singolo fatto di cronaca, ma al fenomeno nella sua complessità. Si tratta di notizie che poco si adattano alla superficialità, al bianco o nero».

Non avendo nella comunicazione il proprio core business, la comunità ha creato negli anni uno spazio informativo inedito, la cui assenza, commenta il direttore, priverebbe i lettori di un occhio esperto sul sociale.

«Abbiamo cercato di formare delle persone che, quando si parla di povertà, di reddito di cittadinanza, di inclusione sociale, avessero delle competenze non solo di natura strettamente politica, ma che fossero in grado di leggere i risvolti concreti e umani delle misure pubbliche».

La riduzione dei ricavi già in atto da tempo, aggravata dalla conclusione di una serie di progetti e committenze, è però oggi talmente critica da mettere a repentaglio la stessa prosecuzione dell’esperienza della testata.

«Siamo a un punto in cui non è più possibile agire ulteriormente sul contenimento dei costi, perché rimangono solo quelli del personale. Ma la filosofia della comunità sin dalla sua fondazione è che il giornalista deve essere valorizzato al massimo per poter fare il proprio lavoro in modo professionale».

La speranza di un salvataggio sta nell’appello ai lettori, invitati a supportare Redattore Sociale tramite abbonamento, ma soprattutto agli enti del Terzo settore.

«Ci rivolgiamo a quel mondo con cui parliamo ogni giorno e che abbiamo raccontato in questi vent’anni, nel tentativo di raggiungere una quantità di ricavo che possa consentirci di proseguire il nostro lavoro».

Il futuro, al momento, è tutt’altro che prevedibile. Tra le ipotesi sul tavolo, la scelta di ricorrere per un breve periodo a un notiziario più contenuto, fino a quando non saranno disponibili le risorse necessarie a rimettersi in carreggiata.

Ma l’obiettivo principale rimane quello di scongiurare la chiusura il 31 dicembre. «Dalla sospensione delle pubblicazioni è ancora più difficile ripartire. Per questo puntiamo tutto sulla ripresa» conclude Caredda.