L’anoressia, la radio inceppata e il giornalismo
Verità nascoste La rubrica settimanale a cura di Sarantis Thanopulos
Verità nascoste La rubrica settimanale a cura di Sarantis Thanopulos
Nell’Università Luigi Vanvitelli di Napoli si pratica una terapia dell’anoressia che diversi giornali hanno definito «innovativa». La terapia è finalizzata alla modulazione, tramite elettrostimolazione, dell’attività delle regioni del cervello che possono giocare un ruolo nel disturbo. Il trattamento è associato alla somministrazione di farmaci e di terapia cognitivo-comportamentale.
Sulla determinazione neurobiologica dell’anoressia non esiste alcuna prova. È tornata in voga, nell’indifferenza generale, la teoria della localizzazione delle cause dei disturbi in aree specifiche del cervello. La teoria distrutta sul piano scientifico è risorta sul piano tecno-ideologico. La localizzazione si basa sulla verifica di una connessione tra un’iperattività (o di un’ipoattività) in un’area cerebrale e un disturbo di natura organica o una sofferenza psichica (che con l’attribuzione di una causa biologica diventa disturbo comportamentale). Nel caso di un disturbo organico la localizzazione contraddice il principio della configurazione “sistemica” di ogni disfunzionamento nervoso. Nel caso di una sofferenza psichica va considerata, oltre la complessità del funzionamento del sistema nervoso, la non coincidenza tra cervello e mente, l’autonomia della rappresentazione ideativa di sé e del mondo dal suo substrato neurofisiologico. La visuale si allarga se si tiene conto della componente affettiva della rappresentazione che contribuisce in modo determinante alla costruzione del senso della nostra esistenza.
Un organismo biologico non fa un essere umano. Tutte le volte che il nostro senso di essere viene meno (e svanisce la percezione di avere un posto soggettivamente significativo nel mondo) si cerca di ritrovarlo in un qualsiasi schema di pensiero arbitrario, ma dotato di un minimo di coerenza, anche a costo di mettere in pericolo la nostra vita. In circostanze estreme si può arrivare all’omicidio e/o al suicidio. L’anoressia è una delle situazioni esistenziali in cui più drammaticamente la rappresentazione soggettiva di sé si dissocia dalla rappresentazione oggettiva e delle esigenze biologiche si tende a non tener conto. Spesso il soggetto cerca disperatamente di mantenere la scarnificazione del proprio corpo nel limite estremo tra vita e morte.
La psicoanalisi ha sviluppato il sapere più complesso sulle dinamiche psichiche dell’anoressia (condizione radicata in un terreno melanconico e strettamente associata a un’inibizione dello sviluppo e della differenziazione sessuale). La cura psichica individuale abbinata a un lavoro di elaborazione delle dinamiche familiari e al sostegno medico di un organismo molto indebolito, è l’approccio terapeutico che dà i migliori risultati: solitamente una stabilizzazione accettabile delle condizioni fisiche e un’espansione dello spazio di desiderio del soggetto. L’anoressia è una struttura psicocorporea molto potente sul piano della costruzione di un’identità autarchica. È difficile che sparisca del tutto.
La terapia per elettrostimolazione è definita da chi la pratica «non invasiva». La violenza, tuttavia, sta nella manipolazione «meccanica» della soggettività. Per descrivere la violenza manipolatrice dell’elettroshock, e l’assenza di scientificità, Steven Rose (neurobiologo inglese), l’ha paragonato al colpo di mano che si dà a una radio inceppata per farla funzionare di nuovo. Ridurre la dimensione psicocorporea dell’essere umano (la «carne» della soggettività) in uno schema «cervello-comportamento» significa ridurlo in un automa. Il giornalismo non può diventare «cinghia di trasmissione» di un pensiero totalitario nel suo nucleo nascosto. I giornalisti non sono strumenti di propaganda. Mantengono la loro indipendenza di giudizio, non si identificano con un sapere, ma esercitano, per primi, un pensiero critico. Non convalidano, ma pongono interrogativi.
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