Internazionale

L’altro genocidio possibile. Nel Darfur Rsf all’offensiva, torna la pulizia etnica

L’altro genocidio possibile. Nel Darfur Rsf all’offensiva, torna la pulizia etnicaUna donna sudanese con un bambino bisognoso di cure in una clinica di MSF nel campo profughi di Metche, in Ciad – Ap

Rapporto choc sul conflitto in Sudan Human Rights Watch accusa le Forze di supporto rapido di massacri indiscriminati delle popolazioni non arabe: tra 10 e 15mila vittime nella sola el-Geneina. E ora c'è ansia per l'assedio della città di El Fashir, con oltre un milione di abitanti e 600 mila profughi

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 11 maggio 2024

Human Rights Watch (Hrw) ha pubblicato giovedì un nuovo rapporto sul Sudan, in particolare sulla città martire di el-Geneina, capitale del Darfur occidentale. Nelle 186 pagine del report, Hrw «solleva la possibilità di un genocidio in atto», citando pratiche di «pulizia etnica e crimini contro l’umanità» contro la comunità Massalit e altre etnie non arabe, sterminate dalle Forze di supporto rapido (Rsf).

DA OLTRE UN ANNO violenti combattimenti vedono contrapposti l’esercito sudanese (Fas), guidato dal generale Abdel Fattah Al-Burhan, alle Forze di Supporto Rapido (Rsf) del generale Hamdane Dagalo (detto Hemedti). Nessuna delle mediazioni tentate è riuscita a porre fine a un conflitto che ha provocato finora almeno 25mila vittime e oltre 8 milioni di sfollati interni o rifugiati nei paesi vicini come Egitto, Libia, Ciad, Repubblica Centrafricana, Etiopia, Sud Sudan. Proprio in questi giorni sul quotidiano Sudan Tribune al-Burhan ha escluso «ogni possibilità di negoziato, cessate il fuoco o pace prima della completa sconfitta dei criminali delle Rsf che hanno commesso violenze atroci in tutto il paese e nel Darfur in particolare».

Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, più di 600mila sudanesi sono fuggiti dalle violenze in Darfur verso il Ciad, con «il 75% dei profughi che provenivano da el-Geneina», in una regione che dal 2003 è teatro di violenze compiute dalle milizie Janjaweed – confluite successivamente nelle Rsf – contro le comunità non arabe dei Fur, Zaghawa e Massalit. Oltre 400mila le vittime.

Il rapporto documenta come, dalla fine di aprile a inizio novembre 2023, i paramilitari delle Rsf «hanno condotto una campagna di pulizia etnica attraverso massacri e omicidi», con il preciso obiettivo di «sterminare l’etnia dei Massalit». Sistematica la distruzione di abitazioni e ospedali. «Torture di massa, stupri e saccheggi» hanno raggiunto il picco a metà giugno, quando migliaia di persone sono state uccise nel giro di pochi giorni, ed è aumentata nuovamente a novembre, causando complessivamente tra le 10 e 15mila vittime nella sola città di el-Geneina.

Hrw ha chiesto un’indagine sull’intento genocida contro i responsabili e ha esortato le Nazioni Unite ad «estendere l’embargo sulle armi nel Darfur a tutto il Sudan». La Corte penale internazionale (Cpi), che ha già in corso indagini, sulla «pulizia etnica compiuta dalle Rsf in Darfur», afferma di avere «motivo di credere che sia i paramilitari sia l’esercito», stiano tutt’ora commettendo «crimini di guerra contro civili e profughi in numerose aree del paese». Anche con «saccheggi» e «blocco degli aiuti», con attacchi continui contro gli operatori umanitari.

Le preoccupazioni e l’attenzione della comunità internazionale è rivolta in queste settimane a ciò che sta avvenendo nella città di el-Fashir (Nord Darfur), l’unica capitale dei cinque stati del Darfur a non essere nelle mani dei paramilitari di Hemedti e principale centro di rifugio dei profughi dell’area.

Numerosi esperti avvertono del rischio di «un possibile massacro che potrebbe generare altre decine di migliaia di vittime nella città», soggetta a bombardamenti a tappeto e ormai totalmente circondata dalle Rsf, con oltre un milione di persone – di cui circa 600mila profughi – senza alcuna possibilità di fuga.

A fine aprile l’Onu aveva già messo in guardia su questo «nuovo fronte» del conflitto, con il rischio di un «ulteriore ed esponenziale spargimento di sangue di civili e profughi inermi, colpiti dal fuoco incrociato, privati di cibo, acqua, medicine e senza aiuti umanitari in una regione già sull’orlo della carestia», come indicato dal sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici, Rosemary DiCarlo.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento