L’Alta Corte turca accoglie l’atto di accusa, l’Hdp rischia la messa al bando
Turchia Prosegue la campagna politica e giudiziaria contro il partito di sinistra pro-curdo. I nazionalisti dell'Mhp mettono la firma sulla sentenza della Corte costituzionale, giunta a pochi giorni dall'assalto armato a una sede del movimento a Smirne
Turchia Prosegue la campagna politica e giudiziaria contro il partito di sinistra pro-curdo. I nazionalisti dell'Mhp mettono la firma sulla sentenza della Corte costituzionale, giunta a pochi giorni dall'assalto armato a una sede del movimento a Smirne
Ieri il leader del partito nazionalista turco Mhp, Devlet Bahceli, ha messo la sua firma politica sulla decisione di lunedì della Corte costituzionale: il via libera all’atto di accusa contro il Partito democratico dei Popoli (Hdp) per la sua messa al bando.
Durante un incontro del gruppo parlamentare dell’Mhp, Bahceli ha auspicato la dissoluzione definitiva del partito («La gamba politica del terrorismo deve essere chiusa, e non riaperta sotto un altro nome»), plaudendo alla sentenza dell’Alta Corte che ha ribaltato la precedente decisione del 31 marzo scorso.
Tre mesi fa i giudici costituzionali avevano rigettato la richiesta del procuratore capo della Corte d’Appello – incriminare l’Hdp per terrorismo e legami con il Pkk e dunque metterlo al bando, come tanti partiti curdi prima – ma solo per vizi procedurali.
Ora la lunga campagna politica e giudiziaria contro l’Hdp, ombrello di movimenti progressisti, di sinistra, femministi, ecologisti, Lgbtq, curdi, turchi, aleviti, arriva a un nuovo livello.
Con due ex co-presidenti in prigione dal novembre 2016, migliaia tra parlamentari, co-sindaci, amministratori e sostenitori in cella, la Corte costituzionale ha aperto alla possibile messa al bando di circa 500 membri del partito, con l’obiettivo palese di sfaldare il movimento dalla base e impedirne la ricostituzione. Unica richiesta del procuratore respinta dal collegio giudicante è stato il congelamento del conto bancario del partito.
Alla base sta il cosiddetto processo di Kobane, procedimento in corso da anni contro il partito, accusato di aver istigato le proteste scoppiate nell’autunno 2014 nel sud-est turco a seguito dell’occupazione del cantone curdo-siriano da parte dell’Isis e il ruolo attivo della Turchia. La polizia uccise tra i 46 e i 53 manifestanti.
Una repressione di Stato palese, tanto che lo stesso Hdp – ricordano Feleknas Uca e Hisyar Ozsoy, co-portavoci agli Affari esteri – «ha presentato diverse proposte per istituire una commissione parlamentare per indagare sulle proteste e sugli omicidi, tutte respinte dall’alleanza al potere Akp-Mhp».
La sentenza arriva a pochi giorni dall’attacco compiuto dal paramilitare turco Onur Gencer contro una sede dell’Hdp a Smirne e l’omicidio di una sua giovane membro, Deniz Poyraz, chiaro segnale del clima d’odio e di istigazione alla violenza imbastita in forme diverse (politiche, giudiziarie e armate) contro il solo rivale politico e ideologico al sistema di potere di Akp e Mhp.
Non a caso ieri Bahceli ha avuto parole anche per Poyraz: era una complice dei terroristi, ha detto, assolvendo il lupo grigio che l’ha uccisa.
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