L’agroecologia per invertire il disastro climatico
Viticoltura In questi giorni, parlare di sostenibilità e della riduzione dell’uso dei pesticidi è quanto mai complesso, in un quadro generale inquinato da una strumentalizzazione che ha posto agricoltura e ambiente […]
Viticoltura In questi giorni, parlare di sostenibilità e della riduzione dell’uso dei pesticidi è quanto mai complesso, in un quadro generale inquinato da una strumentalizzazione che ha posto agricoltura e ambiente […]
In questi giorni, parlare di sostenibilità e della riduzione dell’uso dei pesticidi è quanto mai complesso, in un quadro generale inquinato da una strumentalizzazione che ha posto agricoltura e ambiente in contrapposizione tra loro. Si è più volte detto che è una strada sbagliata, perché se tutela dell’ambiente e produzione agricola non diventano complici non si riuscirà a innescare quella conversione ecologica che è oggi inderogabile. La crisi climatica è ormai di tale portata che nessuno solo dieci anni fa poteva immaginarlo e ricorrere oggi ai mezzucci per nascondere le responsabilità di modelli agricoli industriali significa doversi preparare a effetti ancora più complessi per il futuro.
La viticoltura esce da un 2023 in cui le condizioni ambientali hanno messo a dura prova i vignaioli che si sono trovati di fronte a una sfida epocale, stritolati tra siccità e infezioni fungine. Non c’è evidenza che chi si è affidato alla chimica di sintesi sia riuscito a venirne a capo con maggiore facilità, anzi. Il 2024 si avvia verso un’incertezza inquietante. Piove sempre meno, non ha nevicato, le temperature medie sono elevate e alcune vigne non sembrano essere andate a riposo come si deve.
In questo contesto, ha senso oggi parlare di vigna sostenibile? È sempre possibile immaginare una filiera vitivinicola senza ricorso ai pesticidi? Ci sono certamente i numeri che ci aiutano a fare alcune valutazioni. Il biologico in vigna è cresciuto negli ultimi vent’anni di oltre il 10% ogni anno nel mondo, sviluppando sempre maggiori conoscenze e competenze. L’Europa gioca un ruolo determinante in questa crescita, con oltre il 25% della vitivinicoltura biologica mondiale. Spagna, Francia e Italia hanno investito molto in questo settore con un consistente riconoscimento da parte dei mercati.
Un modello diverso c’è (e lo si può incontrare a BolognaFiere durante Slow Wine Fair dal 25 al 27 febbraio), dunque, e la vitivinicoltura sostenibile, legata a principi di agroecologia, ne è la prova tangibile. Se vogliamo davvero contribuire a invertire il disastro climatico, è su quel modello che dobbiamo fondare la visione del futuro, sostenendo i vignaioli che si affidano con consapevolezza alla natura rinunciando a pesticidi ed erbicidi, rispettando il suolo e dando valore alla biodiversità. Come i viticoltori che si affidano alle varietà autoctone, nel tempo abbandonate perché non rispondenti a standard tecnologici, ma oggi sempre più capaci di manifestare un elevatissimo adattamento ambientale. Senza la necessità di rincorrere un’innovazione sviluppata in laboratorio come oggi viene proposto con i nuovi Ogm con il rischio di far fare un salto nel buio ai viticoltori, mettendo a rischio la biodiversità così faticosamente conservata per decenni.
La redazione consiglia:
Un bicchiere di vino buono, pulito e giustoAgroecologia significa anche e soprattutto biodiversità, non soltanto nella scelta varietale, ma anche nel rifiuto di una monocoltura che rischia di mettere in forte discussione l’equilibrio ecosistemico. La presenza di siepi e i sistemi multifunzionali, gli alberi da frutto, la vegetazione spontanea, sono tutti strumenti in grado di rafforzare fauna selvatica e insetti utili che diventano strategici nel controllo biologico delle vigne consegnando ai vignaioli strumenti importantissimi verso la sostenibilità e l’agroecologia.
La visione strategica parte, dunque, dalla vigna e finisce in cantina, là dove la tecnologia deve incontrare il rispetto della materia prima in un processo che deve sapere di territorio, portarselo dietro e accompagnarlo in ogni bicchiere. È questo il sistema che permette all’agroecologia di aiutare chi lavora in vigna durante la stagione produttiva e di rafforzarla ancor di più in cantina, lì dove finisce realmente la stagione produttiva. Farlo senza chimica di sintesi è un modo per credere nel futuro perché è l’unico modo di investire nel futuro.
Se vogliamo davvero riconoscere e sostenere la fragilità dei nostri vignaioli in questo momento storico dobbiamo dare loro gli strumenti per mettersi dalla parte giusta, garantendo che agricoltura e ambiente stiano sullo stesso piatto della bilancia e provino insieme a contrastare la crisi climatica con modelli di vera agroecologia.
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