Shinzo Abe, l’ex premier giapponese ucciso lo scorso 8 luglio, ha ricevuto ieri l’ultimo saluto in una Tokyo commossa, ma anche arrabbiata. Tra imponenti misure di sicurezza, il Nippon Budokan – il palazzetto nella capitale – ha accolto circa 4mila persone, compresi 700 ospiti stranieri e leader arrivati da tutto il mondo, per omaggiare durante il controverso funerale di stato il primo ministro più longevo del Giappone. È toccato alla vedova Akie Abe portare le ceneri del marito, poi consegnate al premier Fumio Kishida che a sua volta ha dato agli ufficiali militari l’urna da porre davanti al grande altare arricchito di fiori sotto la gigantografia di Abe.

IL PRIMO MINISTRO IN CARICA, che ha voluto questa cerimonia senza però proclamare lutto nazionale, ha rotto il silenzio nel palazzetto rivolgendosi direttamente al suo mentore politico: «Abe-san, la tua vita avrebbe dovuto essere molto, molto più lunga. C’era bisogno di te per molto più tempo. Hai lavorato instancabilmente e hai esaurito tutte le tue energie per il Giappone e per il mondo». Nel suo elogio funebre durato quasi 12 minuti e trasmesso in diretta tv, Kishida ha parlato dell’incomparabile eredità di Abe, glorificando le sue politiche che hanno garantito al Giappone di crescere economicamente e diventare un cruciale attore internazionale.

La parola è poi passata al successore di Abe, Yoshihide Suga, che per un anno ha guidato con difficoltà il paese nella lotta contro il Covid. Suga, considerato il delfino dell’ex premier con il quale ha lavorato per sette anni, ha celebrato l’impegno di Abe a migliorare le relazioni con la Corea del Nord e a garantire il ritorno dei giapponesi rapiti dal regime di Pyongyang. Prima dell’offerta dei leader stranieri, tra cui la vicepresidente Usa Kamala Harris (che oggi sarà nella zona demilitarizzata tra le due Coree), l’ex premier britannica Theresa May, il primo ministro indiano Narendra Modi, e la delegazione taiwanese (la cui presenza è stata condannata dalla Cina), c’è stato il tributo dei rappresentanti della famiglia imperiale del Giappone: all’appello mancavano però l’imperatore Naruhito e l’imperatrice Masako, assenti perché simboli neutrali della nazione e figure super partes della politica.

 

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Il funerale di Stato per Abe è stato anche molto contestato. A pochi chilometri dal luogo delle esequie, migliaia di persone, sotto gli occhi di un’ingente forza di polizia, si sono riunite per protestare contro la cerimonia voluta da Kishida. Nelle settimane precedenti all’evento sono aumentate le manifestazioni per chiedere la cancellazione dei funerali, culminate con il disperato gesto di un uomo che ha cercato di togliersi la vita dandosi fuoco.

UNA DELLE PRINCIPALI RAGIONI di contestazione della cerimonia è il suo costo, circa 11 milioni di dollari, coperto per metà dallo Stato e per la restante parte dal Partito liberaldemocratico al potere. Per gli oppositori, che secondo un recente sondaggio dell’agenzia di stampa Kyodo rappresentano il 60% dei giapponesi, quei soldi andavano utilizzati invece per aiutare la popolazione piegata dalla crescente inflazione.

In Giappone i funerali di Stato sono una pratica poco frequente e generalmente sono riservati ai membri della famiglia imperiale. L’ultimo evento solenne è stato organizzato dal premier Sato Eisaku nel 1967 per omaggiare Yoshida Shigeru, primo ministro per sette anni tra il 1946 e il 1954 e negoziatore della fine dell’occupazione americana con la firma del Trattato di San Francisco. Ma a causa delle critiche allora scoppiate per lo svolgimento delle esequie senza alcuna base legale, i governi successivi hanno evitato di organizzare funerali per altri importanti leader politici.

NONOSTANTE I GIAPPONESI abbiano imputato a Kishida l’«incostituzionalità» della cerimonia, il premier ha voluto concedere un ultimo solenne saluto ad Abe per il suo ruolo politico in patria e all’estero. Ma secondo diversi osservatori politici, Kishida ha voluto organizzare la cerimonia nel tentativo di compiacere i legislatori liberaldemocratici al governo e i membri della fazione conservatrice di Abe, rafforzando la propria presa politica.
Per molti cittadini giapponesi la figura di Abe rimane estremamente controversa. L’ex premier verrà ricordato per le sue posizioni ultraliberiste e nazionaliste, per il suo desiderio di rivedere la Costituzione pacifista attraverso l’interpretazione dell’articolo 9, e per i suoi presunti legami con la Chiesa di Unificazione, l’organizzazione religiosa fondata dal reverendo sudcoreano Sun Myung Moon e da molti ritenuta una setta.

ABE È INFATTI STATO UCCISO da Tetsuya Yamagami con un’arma rudimentale. L’assassino ha voluto colpire l’ex premier durante un comizio elettorale a causa del suo rapporto con il movimento religioso, ritenuto responsabile del fallimento economico di sua madre. Non sorprende la sottolineatura sulle connessioni con la Chiesa. Tra l’organizzazione religiosa e il Partito liberaldemocratico ci sono legami che vanno indietro di decenni e che coinvolgono proprio Abe e i suoi parenti più stretti, come il nonno Nobusuke Kishi, premier dal 1957 al 1960, che sostenne la Chiesa come strumento della lotta anticomunista. Adesso l’organizzazione religiosa è diventata un impero economico, grazie alle ingenti somme di denaro ricevute con le donazioni degli adepti, vittime di un «lavaggio del cervello».

DOPO CHE DIVERSI ESPONENTI del Partito liberaldemocratico hanno confessato di aver partecipato a eventi correlati della Chiesa e di aver ricevuto sostegno dai fedeli durante le loro campagne elettorali, Kishida ha messo in atto un rimpasto di governo per proteggersi dalle polemiche dell’opinione pubblica. Tuttavia, la tenacia di Kishida nell’organizzare la solenne cerimonia ha determinato un calo dell’approvazione nei suoi confronti, con un indice di gradimento inferiore al 40%. All’indomani della cerimonia, un’altra sfida attende il premier: rimanere a galla.