Internazionale

La tregua non porta pace in Congo. I soldati ruandesi neanche

Combattenti dell’M23 nella zona di Kibumba, nell’est del CongoCombattenti dell’M23 nella zona di Kibumba, nell’est del Congo – Ap

Armi ferme solo 5 giorni Gli esperti dell'Onu accusano: truppe di Kigali attive al fianco dell'M23. Dotato di alta tecnologia militare, l’esercito ribelle avanza nel Nord Kivu

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 12 luglio 2024

La tregua non porta pace nelll’est della Repubblica democratica del Congo. Era stata prevista per due settimane sotto l’impulso degli Stati Uniti in modo da consentire l’accesso delle organizzazioni non governative per fornire aiuti umanitari a una popolazione stremata.

Il rumore delle armi si è fermato solo per 5 giorni, poi sarebbero ripresi gli attacchi nella zona di Kitshanga e, inoltre, sarebbe stato distrutto il sistema di geolocalizzazione satellitare sulla sezione Goma Beni e Goma Butembo, pertanto precisano dall’aeroporto che «abbiamo temporaneamente sospeso i voli con destinazione Goma-Butembo, atterriamo ancora con difficoltà a Beni».

Al momento sarebbero sotto il controllo dell’M23 87 tra città e villaggi nei territori di Rutshuru, Masisi, Nyiragongo e Lubero. Come evidenziato nel recente Rapporto degli esperti delle Nazioni Unite l’M23 non è un semplice gruppo di ribelli, ma un esercito ben organizzato sostenuto sia dal Ruanda che dall’Uganda che sta provocando una crisi in rapida escalation. Secondo la rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Congo, Bintou Keita, la situazione «rischia di innescare un conflitto regionale più ampio».

SIA RUANDA CHE UGANDA negano il coinvolgimento, ma anche il braccio politico dell’M23, l’Alleanza del Fiume Congo, sostiene che «stabilire una connessione tra l’M23 e il Ruanda contribuisce ad alimentare l’ideologia dell’odio che è la causa principale della violenza in Congo». Yolande Makolo, portavoce del governo di Kigali, ha insistito sul fatto che «l’esercito congolese finanzia e combatte a fianco delle milizie genocide delle Fdlr (Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda, hutu che per il governo ruandese sono eredi del genocidio, ndr). Il Ruanda prende molto sul serio queste minacce e continuerà a difendersi».

Ma gli esperti insistono nel sostenere che vi è stato un dispiegamento di tecnologie e attrezzature militari avanzate (il rapporto include foto e screenshot con dettagli sulle armi e sui droni utilizzati) che hanno rafforzato le operazioni militari congiunte M23-Ruandesi «alterando le dinamiche del conflitto».
Secondo «una stima prudente», nel Nord Kivu, nei territori di Nyiragongo, Rutshuru e Masisi, sono dispiegati tra i 3.000 e i 4.000 soldati ruandesi. L’M23, inoltre, avrebbe reclutato giovani tra i 10 e i 12 anni. La situazione umanitaria è sintetizzabile secondo il coordinatore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite in tre numeri: il 40% della popolazione dell’Ituri è sfollata, più del 30% della popolazione del Nord Kivu è sfollata, più del 20% della popolazione del Sud Kivu è sfollata (sono 7,3 milioni di persone). Qualcosa si muove anche in Europa si starebbero valutando sanzioni contro il Ruanda per il suo sostegno ai ribelli dell’M23. La situazione è talmente instabile che il previsto ritiro della missione Onu (Monusco) «è al momento sospeso e sarà attuato quanto le condizioni sul terreno lo consentiranno», secondo l’ambasciatore congolese all’Onu, Zenon Mukongo Ngay.

LE PERSONE FUGGITE da Kanybayonga contattate dal manifesto riferiscono che nella battaglia sarebbero stati uccisi 2 mila militari congolesi, scatenando il panico nell’esercito. La signora Jeanette spiega al telefono che c’è stata vita kubwa (grande battaglia) con armi pesanti, che gli M23 sono meno numerosi, ma meglio attrezzati.

In tutto questo Giovanni Piumatti, missionario da oltre 50 anni nella zona di Lubero, si chiede: «Dov’è la società civile italiana? Dove sono le parrocchie? Tutti esaltano don Tonino Bello per le sue marce pacifiche a Sarajevo? Qui non viene nessuno, sarebbe bello che vi fosse un segno di solidarietà, di vicinanza».

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