La tassazione locale (+ 150%) è la vera mannaia sui reddito
Flat Tax A beneficiare di questa riforma saranno solo alcune tipologie di contribuenti, mentre gli strati più poveri della popolazione potrebbero pagarne un prezzo molto salato
Flat Tax A beneficiare di questa riforma saranno solo alcune tipologie di contribuenti, mentre gli strati più poveri della popolazione potrebbero pagarne un prezzo molto salato
Il progetto leghista di scardinare definitivamente ciò che rimane dell’impianto progressivo del nostro regime impositivo incomincia ad assumere contorni più nitidi: aliquota al 15% per i redditi familiari fino a 55 mila euro, ma con rinuncia a deduzioni e detrazioni oggi previste.
Si tratterebbe comunque di un regime opzionale, che i contribuenti potrebbero scegliere in alternativa a quello ordinario. Per le casse dello Stato un salasso di 17-20 miliardi di euro, da compensare necessariamente con ulteriori tagli alla spesa pubblica (con la Ue alle calcagna è impensabile che l’operazione possa essere finanziata in deficit). Un buco, peraltro, che farebbe il paio con un’altra voragine da colmare: quella dei 23 miliardi di clausole di salvaguardia che, se non disinnescate, porterebbero ad un aumento di Iva ed accise sui carburanti per un importo di valore corrispondente.
«Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti», avrebbe detto l’ex sottosegretario Armando Siri nel corso dell’incontro con le parti sociali convocato da Matteo Salvini al Viminale. In realtà, a beneficiare di questa riforma saranno solo alcune tipologie di contribuenti, mentre gli strati più poveri della popolazione potrebbero pagarne un prezzo molto salato.
Sgombriamo il campo dal primo equivoco: per i poveri, oggi, il problema non è l’Irpef. L’attuale sistema, infatti, prevede che fino a 8.174,00 euro non si paga niente e la prima aliquota al 23% scatta solo per la parte eccedente tale soglia fino a 15 mila euro (e così, per calcolo marginale, fino ai redditi più alti). A ciò, poi, si devono aggiungere le deduzioni (riduzione della base imponibile) e le detrazioni per alcune tipologie di spese sostenute nell’anno (spese universitarie e scolastiche, sanitarie, interessi sui mutui, ecc.) o per i figli a carico.
Insomma, per un lavoratore dipendente con un reddito di 20 mila euro già oggi l’imposta dovuta è all’incirca del 15%. Il suo problema, pertanto, non è l’imposta sul reddito, quanto l’accessibilità ad alcuni servizi (sanità, trasporti, istruzione) e l’imposizione locale (Imu, Tari, Tasi, Servizio acquedotto, addizionali), divenuta negli ultimi anni sempre più esosa a causa dei continui tagli ai trasferimenti dello Stato ai comuni e dei vincoli più stringenti applicati alla contabilità degli enti pubblici, in ossequio ai parametri europei del patto di stabilità.
Studi recenti hanno certificato che la tassazione locale è cresciuta negli ultimi vent’anni di oltre il 150%, una mannaia che si è abbattuta sui bilanci delle famiglie italiane nonostante l’abbassamento, in molti casi, della qualità dei servizi resi. Mancanza di lavoro, lavoro sottopagato, precarietà, esosità dei tributi locali, sono la principale causa di povertà nel nostro Paese, a fronte di uno spostamento verso l’alto della ricchezza che non ha precedenti nella nostra storia recente.
Per milioni di italiani, il vero problema non è l’imposta sul reddito, ma il reddito in quanto tale, se questo manca o è insufficiente a garantire un livello di vita accettabile, dignitoso.
La crisi non tutti l’hanno pagata. Una minoranza, a dire il vero, ci ha pure guadagnato. Sarebbe venuto il momento di un risarcimento sociale a favore di chi ha pagato e ancora sta pagando il prezzo delle scorribande finanziarie di banche, banchieri e speculatori. Per la Lega ed il governo giallo-verde, invece, la priorità è quella di alleggerire il carico fiscale a chi ha di più, portando il conto a chi ha di meno o non ha niente.
20 miliardi in meno nel bilancio dello Stato significheranno 20 miliardi in meno per sanità, istruzione, trasporti ed enti locali. Inaccettabile in un Paese dove, secondo una recente stima di Oxfam, l’1% più ricco della popolazioni possiede una ricchezza 240 volte superiore a quella del 20% più povero. Scandaloso. Ma la risposta a questo stato di cose non può che essere la redistribuzione dei redditi attraverso la progressività del fisco. Esattamente l’opposto di quello che il governo si accingerebbe a fare.
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