Riace è il più famoso Comune calabrese nel mondo. Un piccolo paese con meno di 2000 abitanti, di cui oltre il 70 per cento vive sulla marina avendo abbandonato il vecchio borgo. Fino al 17 agosto del 1972 nessuno o quasi conosceva questo paesino adagiato su una collina che guarda lo Jonio blu a 120 km da Reggio Calabria e a un centinaio da Catanzaro.

Quel giorno sulla stampa apparve la notizia del ritrovamento di due statue, non meglio identificate, ricoperte da una spessa coltre di sabbia. Vennero recuperate e portate al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. La storia successiva è nota: furono inviate a Firenze dove gli esperti compirono un vero e proprio miracolo della tecnica del restauro. Riuscirono a togliere secoli di incrostazioni marine e a restituirci questa meraviglia dell’arte greca risalente alla metà del V secolo a. C.

Appena furono esposte in un piccolo museo si formò una coda interminabile di gente che voleva vederle, anche a costo di stare in piedi per ore: il fascino dei Bronzi di Riace era esploso. La città di Firenze li avrebbe volentieri trattenuti e curati, ma il presidente Pertini li volle restituire al museo reggino, dopo un periodo di esposizione nelle sale del Quirinale, dove replicarono lo straordinario successo.

DOPO CINQUANT’ANNI rimangono diversi misteri sull’origine di questi capolavori: per quale motivo finirono nel IV secolo d.C. nelle acque di fronte a Riace, dove e da chi furono realizzati. Su queste domande hanno lavorato archeologici di diversi paesi, riuscendo a scoprire che sicuramente la fusione e realizzazione dei bronzi avvenne ad Argo intorno alla metà del V secolo a.C. , che fosse opera con molta probabilità di un solo artista, che furono gettati da una nave in tempesta per alleggerire il carico. Forse. Potrebbero essere stati buttati in mare dalla ricca Kaulon, che sorgeva nelle vicinanze, dopo l’editto dell’imperatore Teodosio che ordinava di distruggere gli idoli pagani.

Non ci sono certezze, né evidenze scientifiche. Così come non si capisce perché sparirono gli scudi, l’elmo, la lancia che alcuni ragazzi, oggi in età senile, continuano a sostenere di aver visto quando i due guerrieri uscivano dalle acque di Riace, alcuni giorni dopo il ritrovamento. E il giallo s’infittisce quando si prende sul serio il rapimento del nipote del magnate Paul Getty che avvenne giusto l’anno dopo. Uno strano rapimento, unico di carattere internazionale tra i 187 sequestri di persona effettuati tra il 1972 e il 1992.

TRA LE IPOTESI c’è quella sollevata dal romanzo fantascientifico di Dan Faton (Il cammino degli eroi, Società ed. Dante Alighieri) che servendosi di alcuni indizi sostiene che questi corredi delle due statue sono finiti in mano alla ‘ndrangheta che a sua volta li avrebbe venduti al magnate californiano che avrebbe dato un anticipo ma senza saldare il conto. Così si spiegherebbe il sequestro del nipote, il famoso taglio dell’orecchio spedito negli States, che, come emerge anche dal film Tutti i soldi del mondo, costrinse alla fine l’avaro nonno a saldare il conto.

Ma, al di là delle ricostruzioni romanzesche, cosa è rimasto a Riace di questo ritrovamento spettacolare? Niente. Si fa fatica a capire in quale zona esattamente sia avvenuto il ritrovamento. E chi sa quanti sub sarebbero contenti di potersi immergere in questo tratto di mare per cercare qualche indizio che aiutasse gli studiosi a capire qualcosa di più.

PER RICORDARE quella data memorabile del 16 agosto del 1972 l’attuale sindaco leghista di Riace, Antonio Trifoli, ha chiamato il cantante Povia, noto per essere considerato il cantante ufficiale della Lega di Salvini. Una ciliegina che ha avuto un solo scopo: cancellare quanto fatto in vent’anni da Mimmo Lucano, prima con l’associazione «Città Futura» e poi come sindaco per tre legislature. Il signor Trifoli ha sostituito i cartelli che annunciavano «Riace città dell’accoglienza» con i santi Cosma e Damiano e con «I Bronzi di Riace».

Ma, nessuno può cancellare la storia di Riace, il suo modello di accoglienza che ha fatto il giro del mondo perché fin dall’inizio si è trattato di un progetto collettivo che ha trovato in Mimmo Lucano la sua incarnazione. Ed ancora oggi la rete di solidarietà che ha permesso la nascita di questa straordinaria esperienza sta rilanciando il progetto e la rinascita del borgo antico ospitando uomini e donne, soprattutto, afghane e africane, con tanti bambini che animano «il Villaggio Globale» nel cuore del paese antico.

E dal 18 al 22 agosto, si terrà una nuova edizione del Festival del Cinema dei diritti umani, promosso da Maurizio del Bufalo insieme alla comunità Comboniana, per ricordare chi oggi finisce nelle acque del Mediterraneo, e il valore dell’accoglienza dei naufraghi del XXI secolo, senza nulla togliere al fascino di queste superlative opere d’arte.