La sovranità pericolante di un sistema sotto assedio
SCAFFALE «I deficit democratici», di Gianfranco Pasquino
SCAFFALE «I deficit democratici», di Gianfranco Pasquino
Il contesto attuale non è segnato da una crisi della democrazia politica. Nonostante la decrescita costante del numero dei votanti in tutto l’Occidente, la crisi che sembra ormai irreversibile dei tradizionali partiti politici di massa, gli scandali e la corruzione, il potere democratico continua ad essere forte: gli stessi neo-populisti che chiamano a raccolta il popolo contro l’establishment lo fanno in nome di un principio democratico.
IL CONTESTO ATTUALE è semmai segnato da una netta perdita di egemonia del liberalismo attaccato da tre fronti: dai critici della globalizzazione finanziaria che gli rimproverano una troppo stretta connivenza con i poteri economici e con gli apologeti di una società di mercato troppo diseguale. Dai securitari di tutti i paesi per il lassismo nel perseguire crimini e criminalità (compreso il terrorismo). Dai conservatori e dai nazionalisti per la troppa apertura ai diritti civili che minacciano la stabilità della famiglia e l’integrità culturale della nazione. Così a perdere di legittimità è quella creatura politica nata dall’incontro tra principi democratici e principi liberali che è la democrazia rappresentativa.
IL LIBRO DI GIANFRANCO PASQUINO Deficit democratici (Università Bocconi editore, pp. 180, euro 16.50) cerca di rilanciare il valore di questo sistema politico e, con esso, di una cultura liberale che cerca, ora, di svincolarsi dai guasti della globalizzazione. Il libro segue due percorsi strettamente intrecciati. Il primo è esplicito: discutere, a partire da libri significativi, i meccanismi come i problemi che hanno animato il funzionamento della democrazia rappresentativa negli ultimi trent’anni: il tema della leadership, della rappresentanza di genere, quello del mutamento politico e degli attori della democrazia. Mostrando come i nodi fondamentali, in particolare nel caso dell’Italia, siano il complesso rapporto tra rappresentatività e governabilità per cui, in realtà, non può darsi l’uno senza l’altro. E la capacità di prendere decisioni efficaci e tempestive da parte delle istituzioni democratiche. Tutto giocato sul fondamentale e irrinunciabile valore aggiunto che il liberalismo porta al gioco democratico: la divisione dei poteri, regole e procedure formali che organizzano in modo «garantista» la dinamica politica, la centralità della rappresentanza e il valore dei partiti per raccogliere le domande sociali e trasformarle in risposte politiche.
I TANTI DEFICIT DEMOCRATICI accumulati dalla democrazia rappresentativa in questi anni sono insomma inciampi nel sistema e non possono essere risolti al di fuori di esso, pena il loro ulteriore ingigantirsi. Da questo punto di vista tanto la soluzione di una democrazia deliberativa quanto quella di una democrazia diretta «totale» vengono respinte come illusorie e pericolose.
Il secondo percorso seguito dal lavoro di Pasquino è implicito ma non meno significativo: si tratta del rilancio di un’analisi politica fondata sull’approfondimento, il rigore e il metodo scientifico, la precisione del linguaggio, l’onestà intellettuale. Vale a dire della stessa politologia come dimensione di discussione in grado di orientare la politica reale oltre le teorie alla moda e gli argomenti puramente propagandistici.
Un intento fortemente illuministico e, ancora una volta, intrecciato a doppio filo con quella cultura liberale moderna che da esso discende. Così, il pensiero e l’opera di Giovanni Sartori divengono il vero snodo di tutto il volume che ne fa una fondamentale figura di riferimento contro la barbarie di una politica contemporanea che sogna di separare l’inseparabile: democrazia e liberalismo. Ma anche intellettuali e politica, teoria e prassi, democrazia e rappresentanza – cioè una classe dirigente «temperata e controllabile», dal suo popolo. Pur se ben argomentato il «neo-classicismo» rilanciato da Pasquino non appare del tutto convincente: davvero basta riaffermare il valore dei valori «tradizionali» della modernità politica per metterci al riparo dalla barbarie?
RINUNCIANDO AD IMMAGINARE un diverso sviluppo per la democrazia e un nuovo incontro tra liberalismo e democrazia diretta, sinora ritenuto difficilissimo, non si rischia di scadere nella pura testimonianza? E come può essere ridefinito quel rapporto tra politica ed economia, tra liberalismo e neo-liberismo, che sta rischiando di travolgere la stessa democrazia rappresentativa? Domande le cui risposte richiederebbero un supplemento di «immaginazione scientifica e democratica» della quale, in questo comunque interessante volume di Pasquino, si sente la mancanza.
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