La «sinistra per Conte» si riunisce a Roma e lancia al Pd la sfida per l’egemonia
Per quella che Stefano Fassina considera una «beffarda ma significativa coincidenza» l’incontro nazionale della sinistra che ha scelto di sostenere Giuseppe Conte e che accanto al Movimento 5 Stelle vorrebbe costruire un percorso «verso il polo progressista» si tiene proprio mentre Giorgia Meloni giura coi suoi ministri al Quirinale . La sala dell’Acquario romano, all’Esquilino, è gremita. Ci si interroga sul futuro prossimo: che opposizione sarà e quale la formula migliore per battere la destra. L’idea è che il centrosinistra che abbiamo conosciuto non esiste più, che i rapporti di forza interni a una coalizione a trazione Pd siano destinati a cambiare, che il Movimento 5 Stelle di Conte sia l’interlocutore principale per dare corpo a questo cambiamento. E che la manifestazione nazionale per la del 5 novembre sia un passaggio chiave in questo senso. Conte arriva al termine, in tempo per le conclusioni: accetta di stabilire un’interlocuzione con questa galassia che si definisce civica, progressista e ambientalista. Lancia la sfida al governo Meloni e al Pd, al quale intima di abbandonare la struttura correntizia.
Il punto di partenza è che, seppure in forma perversa, la vittoria di Meloni sia indice della crisi dell’egemonia neoliberista. «Tutti oggi segnalano il tratto ideologico della destra – sostiene ancora Fassina – Ma anche Draghi e Renzi erano ideologici. Solo che non riconosciamo l’ideologia liberista perché in questi anni è stata considerata un dato di natura». Ci troviamo di fronte a un passaggio di fase: siamo di fronte all’insostenibilità ambientale, sociale e spirituale del capitalismo neoliberista, come dice Papa Francesco». Per Fassina, il voto delle fasce sociali impoverite al M5S è un segnale che esiste uno spazio a sinistra, soprattutto dopo che Conte ha schierato i 5 Stelle in alternativa alla destra. «Vogliamo rafforzare il profilo progressista del M5S – prosegue – Non è scontato che l’opposizione unisca: c’è bisogno di scelte chiare». Però l’ex deputato di Leu ripropone la distinzione, un po’ artificiosa e che rischia di fare proprio il gioco delle destre, tra «diritti sociali» e «diritti civili». «Il governo Meloni è sostanzialmente impotente sul terreno economico e sociale – dice Fassina – Cercheranno di marcare il suo profilo identitario sul terreno dei diritti civili, del razzismo, dell’antifascismo, ma possiamo batterli sul campo delle politiche economiche».
A dare voce ad un pezzo della galassia verde ed ecologista c’è Loredana De Petris. «Il cambio di denominazione di alcuni ministeri è tutto un programma – afferma – La cancellazione di qualsiasi riferimento alla transizione ecologica, che è una delle priorità del paese e l’unico modo per ripartire, molto grave. Il fatto che ci sia un ministero che invochi il ‘merito’ ci riporta al pre-Sessantotto. La scelta del ministro del lavoro indica un punto di vista di parte: le imprese». Poi si dedica al centrosinistra e alla fine del «campo largo»: «Ho visto costruire passo dopo passo una strategia contro i 5 stelle, a partire dal termovalorizzatore di Roma. Oggi possiamo contendere l’egemonia». Tutti assicurano che da questa assemblea non nascerà un nuovo soggetto politico. «Nessuno ha voglia di fare partitini, vogliamo costituite con i 5 stelle e con Conte l’ alternativa» . Per Claudio Grassi ex presidente di Sinistra italiana, c’è bisogno di «una rete che si sviluppi nei territori e nella quale convivano culture diverse civiche ambientaliste e di sinistra».
Il professore Domenico De Masi sostiene esistano «tre sinistre»: quella moderata del Pd, quella popolare del M5S e la galassia radicale radicata nella società e spesso divisa in gruppi e formazioni che sperimentano forme nuove della politica e si sforzano di interpretare i tempi nuovi. De Masi auspica che ognuna di queste forme della sinistra trovi una sua distinta forma organizzativa e che solo in seguito possano convergere per battere le destre.
Antonio Floridia parte da lontano. Dice che per leggere cause ed evoluzioni del Movimento 5 Stelle si debba partire da quando il Pd «a vocazione maggioritaria» di Walter Veltroni, erano le politiche del 2008, raccolse il 33% dei voti e cancellò la sinistra radicale. Quel risultato, afferma Floridia, era dopato «dalla logica del voto utile» ma ha creato il grande equivoco del Pd. Da allora comincia lo smottamento di voti. In mezzo c’è stato anche «il crollo del muro di Arcore». Quando Berlusconi era in campo a pieno titolo gli spostamenti di voti tra gli schieramenti erano minimi. Dal 2013, non a caso l’anno del primo boom elettorale dei 5S, il voto è diventato fluido. Ma oggi, con Conte, «è cambiata la constituency del M5S, che detiene la golden share su ogni coalizione alternativa alla destra». Si vede anche l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, che da tempi non sospetti ruota attorno ai 5 stelle (ha sostenuto Virginia Raggi a Roma nel 2021). L’idea è che, una volta che si concretizzerà l’adesione del M5S ai Verdi europei, il cerchio si sarà chiuso: l’approdo di Conte a sinistra sarà definitivamente compiuto.
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